La crisi del Pd comincia a prendere una brutta piega. I sondaggi riservati lo collocano tra il 20 e il 22% (uno della concorrenza addirittura al 18%). La fuga dell'elettorato di sinistra continua, ma adesso si coniuga con quello dell'elettorato “interessato”, quello che cioè ha una ragione personale per sostenere un partito o un candidato. Elettorato che oggi, all'epoca dell'astensionismo e della fine del voto di opinione, è quello che determina più di tutti il risultato finale.
Voti che vengono principalmente catturati in sede locale. I successi del Pd e le sue alte percentuali si devono al fatto che per un lungo periodo ha detenuto il monopolio del potere periferico, che incrociato con quello nazionale, ha formato una robustissima e formidabile macchina del consenso. La mancanza di valori, ideologie, progetti alternativi e quanto fa contropotere, ha lasciato sul terreno soggetti politici che sono solo sigle usate da correnti, componenti e gruppi di potere. In questo quadro i “capi bastone” locali hanno giocato e giocano un ruolo predominante nelle scelte dei cosiddetti partiti moderni (più che liquidi li definirei squacquarellati) .
Quindi più si riduce il potere locale e più si riduce il consenso generale (guardate la parabola di Forza Italia). Il Pd è in questa fase. Elezione dopo elezione perde Regioni, comuni e tutto quello che gli gira intorno (Province, enti intermedi, Usl, Aziende pubbliche ecc.). Non attraendo più il voto di opinione che si divide tra astensione e 5 stelle, il calo diventa fisiologico. L'elettorato interessato non vota un'idea ma una convenienza e quindi, si rivolge a chi può esaudirla. I cambi continui di casacca fotografano ampiamente questa situazione. E, per il Pd, la fotografano soprattutto gli sfondamenti grillini e della destra nelle ex zone rosse, dove essendo svanito lo spirito di appartenenza tutto diventa improvvisamente contendibile. Tanto contendibile che, per esempio, nella Provincia della rossissima Perugia il 50,1 % della popolazione è già governato da Giunte di vario tipo con il Pd all opposizione (opposizione, si fa per dire).
Da qui la sindrome da Pasok, il Partito socialista greco fondato solosul potere e scomparso nel nulla, nel giro di pochi anni. Se il processo di perdita delle amministrazioni locali continuerà a questa velocità, non è difficile prevedere una simile fine anche per il Pd. Oltre alla perdita continua di voti, ci si mette pure il sistema elettorale delle regioni e , soprattutto dei comuni, che crea una specie di desistenza tra gli avversari dei democratici. Una desistenza che è diventata prassi e che determina, quasi sempre, la sconfitta dei renziani nei ballottaggi (quando ci arrivano, perchè, mò cominciano a classificarsi costantemente terzi).
E questo è un grande monito non solo per il PD renziano, ma per tutta la sinistra. Se ti allontani la tua vocazione storica, dai ceti sociali di riferimento, se perdi il contatto con il sogno che “un altro mondo è possibile”, se ti omologhi al sistema facendo come e peggio della destra, il risultato non può essere che questo. Perciò prima di pensare alle alleanze, se si vuole riattivare quel grande popolo dormiente della “Gauche”, sarà meglio pensare a rimettere in campo una vera alternativa nei contenuti, smettendola di perdere tempo con formulette come Centrosinistra e Sinistra di Governo, che non fanno altro che rincanalare il tutto nel processo di distruzione di una storica identità . E in Italia questo è ancora più urgente perchè non c'è ancora una Syriza che può prenderne il posto del Pd - Pasok.
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