L’economia italiana sanguina copiosamente.
L’emorragia di redditi e risparmi passa dagli
spread, dalla caduta della domanda interna e del Pil, dal deficit corrente
della Bilancia dei Pagamenti. E provoca fughe di capitalirapido impoverimento sono l’aumento della
pressione fiscale (stimo un 47% a fine anno), della disoccupazione (il 22%
della forza lavoro, scoraggiati e cassintegrati inclusi), dei debiti privati e
pubblici, la caduta dei valori di borsa,
immobiliari, delle pensioni integrative,l’allungamento dei tempi di pagamento, la
disperazione di molti imprenditori, le file alle mense Caritas.
(depositi bancari) e di capitale umano (giovani laureati). Alcune conseguenze
del
L’emorragia può essere così quantificata.
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La spesa pubblica per interessi aumenta
al ritmo di circa 10 miliardi all’anno. A regime, gli spread attuali causeranno
un aggravio di spesa pubblica di circa 70-80 miliardi l’anno (sottraendo 40 bp
dovuti al “flight to quality”). Intanto il rapporto debito/Pil
cresce del 3% l’anno.
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La spesa per interessi delle banche e
delle grandi imprese che si finanziano direttamente sui mercati sta aumentando
per importi comparabili.
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Il costo del flight to quality per
le famiglie italiane è difficile da calcolare: acquistano titoli pubblici
tedeschi che rendono niente (ben sotto l’inflazione) per ridurre l’esposizione
al rischio Italia. I tedeschi vendono questi titoli a prezzi altissimi e
mettono i soldi in banca al 3%: loro non rischiano.
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La borsa italiana da quando il governo
tecnico si è insediato a metà novembre 2011, ha “bruciato” 41 mld.
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Se i prezzi degli immobili nel
2012 caleranno, come credo, del 4% la
perdita di ricchezza sarà di circa 250 mld.
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La disoccupazione dei
fattori produttivi – causata dalla debolezza della domanda – fa perdere circa 150 mld. ogni
anno. La recessione di quest’anno causerà un’ulteriore perdita di
circa 30 mld.
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Il deficit commerciale –
anche se compresso dalla depressione – continua a incrementare i debiti
esteri di circa 15 mld l’anno.
L’emorragia sta inoltre causando danni permanenti, strutturali,
all’organismo, alla capacità produttiva del paese: danneggiando le
possibilità di ripresa futura.
Intanto, si riducono viepiù le opzioni disponibili. Ad
esempio, l’Italia sta perdendo gradualmente potere contrattuale in Europa,
perché:
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concede alla Germania e alla Bce quello
che vogliono senza chiedere né ottenere alcunché in cambio;
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la manovra di inizio d’anno sulla liquidità
della Bce (LTRO) favorisce l’isolamento finanziario dei paesi dell’Eurozona,
perciò la Germania è sempre meno preoccupata delle sorti degli altri. Leggetevi Tabellini.
Gli stessi fenomeni si registrano con diverse intensità in molti paesi
europei: crescono i rancori e le recriminazioni per
una crisi artificiale. I popoli europei si trovano di fronte allo stesso
dilemma degli elettori greci. Vogliono restare nell’Eurozona, ma non che l’Euro
resti il meccanismo perverso che è: crea gli shock asimmetrici (capitali
tedeschi -> bolla immobiliare in Spagna), poi blocca ogni possibile
soluzione alle crisi che genera: prestatore di ultima istanza, espansione
monetaria, deficit spending, svalutazione, ecc.
Il panico, nelle ultime settimane, ha contagiato gli Eurocrati. Ne è nata (a
parole) una mini svolta keynesiana tardiva e
insufficiente. Monti ha proposto di spostare fuori bilancio alcune spese
(deficit spending); Draghi, grandi opere infrastrutturali (ma si parla di
qualche miliardo: importi ridicoli); la Bundesbank, di alzare i salari dei
tedeschi. Tutte cose che chiedo da anni. Ma oramai non basta più. La crisi
investe in pieno il sistema finanziario Europeo. A quando le prese d’atto?