Perciò, se la Grecia cadrà (ma ormai il problema è più del «quando» piuttosto che del «se»), il primo bersaglio della speculazione sarà il Portogallo, poi l’Irlanda. Lo spread dei titoli di stato portoghesi rispetto a quelli tedeschi (che ha toccato un massimo di 1.400 a gennaio), si aggira tuttora intorno a 750 punti e tende a salire. Sia Irlanda che Portogallo hanno un debito alto (118% del Pil l’una, 113% l’altro). E tutti e due sono attaccabili dalla speculazione. Basterebbe un’offensiva di pochi miliardi di euro per far uscire Lisbona dall’euro. E a quel punto non ci sarebbe più diga che tenga. La Spagna si troverebbe in prima fila, seguita a ruota dall’Italia. Ma in questo caso ha ragione Krugman a evocare l’apocalisse, perché la tempesta non si fermerebbe all’Europa. Investirebbe anche gli Stati uniti: i fondi d’investimento Usa detengono ancora 205 miliardi di dollari di debiti sovrani in euro. La prima vittima collaterale di questa nuova crisi sarebbe Barack Obama che potrebbe dire addio alla propria rielezione. Di fronte a questo scenario, cosa può fare il G8? Qui non è più questione di chiedere alla cancelliera tedesca Angela Merkel di ammorbidire la sua linea dura sull’austerità o di sganciare qualche spicciolo per favorire un po’ la crescita. Forse sarebbe bastato un anno fa. Ora simili misure sono pateticamente insufficienti. Serve una decisa inversione di rotta. Anzi, come dice l’ Economist , elencare quel che serve «somiglia a una barzelletta sui vari paesi»; dovrebbero la Francia cedere un po’ della propria sovranità, la Germania smettere di essere rigida e l’Italia adottare una trasparenza di bilancio. Servirebbe un New Deal per tutta l’Europa, o un nuovo Piano Marshall per l’Europa del sud. Ma non si vede chi e come potrebbe illuminare la Merkel sulla via di Camp David come lo fu Paolo su quella di Damasco: per valutare l’atmosfera tedesca, basti pensare che ieri né la Frankfurter Allgemeine , né la Süddeutsche Zeitung avevano un titolo sul vertice G8 nella prima pagina dei loro siti. Possiamo perciò ragionevolmente scommettere che da Camp David uscirà una promessa di «crescita e rigore», abbastanza vaga da gettarci tutti nel panico.
domenica 20 maggio 2012
Al di là della fine di Marco D'Eramo, Il Manifesto
Perciò, se la Grecia cadrà (ma ormai il problema è più del «quando» piuttosto che del «se»), il primo bersaglio della speculazione sarà il Portogallo, poi l’Irlanda. Lo spread dei titoli di stato portoghesi rispetto a quelli tedeschi (che ha toccato un massimo di 1.400 a gennaio), si aggira tuttora intorno a 750 punti e tende a salire. Sia Irlanda che Portogallo hanno un debito alto (118% del Pil l’una, 113% l’altro). E tutti e due sono attaccabili dalla speculazione. Basterebbe un’offensiva di pochi miliardi di euro per far uscire Lisbona dall’euro. E a quel punto non ci sarebbe più diga che tenga. La Spagna si troverebbe in prima fila, seguita a ruota dall’Italia. Ma in questo caso ha ragione Krugman a evocare l’apocalisse, perché la tempesta non si fermerebbe all’Europa. Investirebbe anche gli Stati uniti: i fondi d’investimento Usa detengono ancora 205 miliardi di dollari di debiti sovrani in euro. La prima vittima collaterale di questa nuova crisi sarebbe Barack Obama che potrebbe dire addio alla propria rielezione. Di fronte a questo scenario, cosa può fare il G8? Qui non è più questione di chiedere alla cancelliera tedesca Angela Merkel di ammorbidire la sua linea dura sull’austerità o di sganciare qualche spicciolo per favorire un po’ la crescita. Forse sarebbe bastato un anno fa. Ora simili misure sono pateticamente insufficienti. Serve una decisa inversione di rotta. Anzi, come dice l’ Economist , elencare quel che serve «somiglia a una barzelletta sui vari paesi»; dovrebbero la Francia cedere un po’ della propria sovranità, la Germania smettere di essere rigida e l’Italia adottare una trasparenza di bilancio. Servirebbe un New Deal per tutta l’Europa, o un nuovo Piano Marshall per l’Europa del sud. Ma non si vede chi e come potrebbe illuminare la Merkel sulla via di Camp David come lo fu Paolo su quella di Damasco: per valutare l’atmosfera tedesca, basti pensare che ieri né la Frankfurter Allgemeine , né la Süddeutsche Zeitung avevano un titolo sul vertice G8 nella prima pagina dei loro siti. Possiamo perciò ragionevolmente scommettere che da Camp David uscirà una promessa di «crescita e rigore», abbastanza vaga da gettarci tutti nel panico.
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