Cadute e rimbalzi delle Borse mostrano la schizofrenia della finanza: ha bisogno della destra per la libertà di speculare, ma senza la fine dell’austerità non può tornare a fare profitti. Con Hollande potrebbe così trovare un compromesso, ma con la Grecia che si permette di dimissionare i partiti dell’austerità la speculazione è senza pietà, e il Fondo monetario minaccia di non versare gli aiuti se i tagli previsti non avranno un governo capace di realizzarli. Ora che la Bce ha messo al sicuro i bilanci delle grandi banche con mille miliardi di euro, la soluzione per il debito pubblico e per l’emergente collasso delle banche private spagnole passa per un braccio di ferro tra Hollande e Merkel, e sarà decisivo lo schieramento degli altri paesi.
L’asse Merkozy potrebbe essere rimpiazzato da un’alleanza tra la Francia e i paesi debitori – a Madrid il conservatore Rajoy è ben contento del cambiamento di Parigi – che usi Bce, fondo salvastati, eurobond per risolvere il debito pubblico. Perfino a Berlino si fanno passi indietro: il ministro dell’economia Wolfgang Schäuble, un falco, ora ammette che i salari tedeschi devono aumentare per far da locomitiva alla ripresa europea: il sindacato chiede aumenti del 6,5%, le imprese offrono la metà. Cose impensabili fino a poco fa tornano possibili. Il vento è cambiato e la novità è semplice. È la finanza che deve adattarsi alla democrazia, gli eletti devono adattarsi agli elettori: la dittatura dei mercati potrebbe (forse) finire. In questa partita Roma starà con Parigi o con Berlino? Con il lavoro o con la finanza?
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