martedì 18 dicembre 2012

Cambiare si può di Simone Cumbo, www.umbrialeft.it


Fa abbastanza sorridere il balletto a distanza fra Bersani e Monti: «sei una risorsa per il paese» e Monti che prende appunti!  Il Governo prossimo, che sia di centrosinistra o di centrodestra, attuerà, con poche differenze, le politiche monetarie europee di rigore per i soliti noti, e governerà, paventando ogni giorno il «rischio Grecia», ovvero il possibile trovarci senza nemmeno il pane da mangiare!  E tutto questo in piena continuità con il «montismo» che oramai è un tratto distintivo dei due schieramenti...

Con questa litania del rigore e dell'«austerità», che è ben altra cosa da quella decantata da Enrico Berlinguer nel 1977 in un celebre discorso.
Che cosa diceva Berlinguer? Che l’attuale modello di sviluppo, entrato in una fase di recessione e avviato verso il collasso (oggi questo è pienamente percepibile, allora era appena intuibile), i costi della decadenza, della decomposizione, del non-lavoro sarebbero  stati pagati inevitabilmente da chi stava peggio. L’unica soluzione era allora costituita dal puntare su una conversione radicale dell’intero sistema, sulla via dell’austerità: “Per noi l’austerità”, diceva Berlinguer, “è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato. Così concepita l’austerità diventa arma di lotta moderna e aggiornata”, in una società altrimenti destinata a rimanere arretrata, sottosviluppata e sempre più squilibrata.  Un austerità necessaria ma che non c'entra nulla con la «macelleria sociale» in atto dove si smantellano solo diritti...
In tutta Europa è così,  le politiche monetarie attuali, che hanno portato al privilegiare la speculazione delle banche, dove la politica dei  tecnici è diventata solo un mero lavoro di ragioneria, di somme e di dati. Una politica sostenuta da quel moderatismo progressista che purtroppo ha contagiato anche una parte di Sinistra, che si troverà nel prossimo possibile futuro governo di centrosinistra, ad un ruolo di subalternità, un ruolo simile a quello avuto dalla Sinistra Indipendente anni fa; testimonianza!

Ma invece da qui, da una critica netta, radicale a questa deriva monetarista, bisogna ripartire. Pronunciando parole come riconversione ambientale dell'economia (quell' austerità vera immaginata da Berlinguer!), diritti nel lavoro e diritti dei lavoratori, beni comuni, cominciando a discutere seriamente del ruolo delle banche.
In un clima di forte «antipolitica» si deve riprendere in mano l'idea stessa di Politica e di Sinistra. Pensare ad una partecipazione vera dal basso condivisa fra soggetti diversi, di  personale politico che sappia portare nei luoghi dove la politica si confronta, passione, moralità ed idealità! Ecco perchè il cosiddetto quarto polo può essere un autentica novità politica rispetto all' autartico Grillo e al moderatismo progressista.  Mettere assieme le anime radicali, dagli ecologisti alla sinistra radicale,di movimenti agli intellettuali progressisti!

Una sintesi nuova che per non ripetere errori passati, non può che passare attraverso una partecipazione vera anche nella scelta delle candidature.
Scelta questa che deve essere inclusiva e non esclusiva, aperta a tutti, a forze politiche che si sono opposte coraggiosamente, nel corso di questi difficili anni, al «berlusconismo» di destra e di sinistra, al «montismo» e alle sue politiche. Senza veti ma aperta a strumenti di partecipazione veri e che coinvolgano i cittadini.
Tutti uniti nell'indicare un alternativa sia nei programmi che nei candidati e nelle candidate. Candidature serie, riconoscibili nel territorio ed espressione di questa «radicalità» dal basso.

Da qui ripartiamo contribuendo  a questa piccola grande scommessa, ricordando le parole di Antonio Gramsci che in anni difficili ha scritto:
«Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente».

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