domenica 7 ottobre 2012

Acqua, da gennaio a Padova e Trieste non sarà più un bene pubblico di Gabriele Paglino, Il Fatto Quotidiano

Acqua, da gennaio a Padova e Trieste non sarà più un bene pubblico


La scorsa settimana i due Comuni – entrambi guidati da giunte di centrosinistra – hanno approvato la fusione per incorporazione di Acegas-Aps, la multiutility che si occupa di acqua, rifiuti ed energia, al colosso emiliano Hera. Con la benedizione di Sel e Idv. Il Comitato: "Privatizzazione strisciante"

 
Dal prossimo gennaio a Padova e Trieste l’acqua non sarà più un bene pubblico. Dopo l’accordo preliminare di quest’estate, la scorsa settimana i due Comuni – entrambi guidati da giunte di centrosinistra – hanno infatti definitivamente approvato la cosiddetta fusione per incorporazione (in altre parole la vendita) di Acegas-Aps, la multiutility che si occupa di acqua, rifiuti ed energia, al colosso emiliano Hera. “È una splendida operazione con cui difendiamo gli interessi dei cittadini – ha detto il sindaco di Padova, Flavio Zanonato durante la seduta del consiglio comunale dello scorso 24 settembre – Quella di aggregarsi è un’esigenza per diventare più forti e competitivi in modo da proteggere la dimensione pubblica dell’azienda – ha spiegato Zanonato – difendendosi dalle incursioni dei privati nel mercato dei servizi pubblici locali”. E alla fine a votare, insieme al Pd, all’approvazione della delibera – fortemente voluta dal primo cittadino – sono stati anche quei partiti (Idv e Sel) che a livello nazionale si sono spesi non poco affinché i beni pubblici rimanessero tali. Pronti pure a bocciare la mozione, presentata dalla consigliera della FdS, che puntava a sospendere la votazione per aprire un percorso di consultazione della città, così come chiesto anche dal comitato locale per l’acqua pubblica. “Niente da fare – hanno fatto sapere da palazzo Moroni – i tempi sono strettissimi”: l’iter per avviare il cda della nuova società deve essere concluso entro la fine di dicembre. Per essere attivo già dal primo gennaio 2013.
“Altro che dimensione pubblica” dunque. “La trattativa è stata condotta con un metodo tutto verticista – denuncia a ilfattoquotidiano.it la portavoce del Comitato acqua bene comune Padova, Giuliana Beltrame – E i cittadini sono stati definitivamente allontanati dalla possibilità di controllo e decisione sui beni comuni”. Già, perché con la cessione delle quote dell’azienda giuliano-veneta – nata nel 2003 dal matrimonio della triestina Acegas e della padovana Aps – si è praticamente “proceduto ad una privatizzazione strisciante dell’acqua e degli altri servizi pubblici locali”. In sostanza: tradito il risultato referendario del 12 e 13 giugno 2011 e ignorata la sentenza della Corte Costituzionale.
Ma in un periodo in cui le risorse economiche scarseggiano, a causa soprattutto dei tagli ai trasferimenti statali, per i due Comuni le entrate derivanti dalla vendita della holding – che detiene il 62,69% delle quote di Acegas-Aps – costituiscono una vera e propria manna dal cielo. “Praticamente si bruciano i mobili per scaldare la casa”, chiosa Beltrame. La somma sborsata dalla società emiliana sarà infatti di circa 3,5 milioni di euro: metà al comune di Padova, metà a quello di Trieste. Ciascuna delle due amministrazioni avrà inoltre il 5% delle azioni del nuovo colosso che, insieme alla lombarda “A2A”, si appresta a diventare una delle principali multiutility del Paese. La “nuova” Hera, di cui entrerà a far parte anche la Cassa depositi e prestiti – attraverso la finanziaria Sviluppo Italia –, avrà un fatturato superiore ai 4 miliardi l’anno.
Ad indignare il comitato padovano acqua bene comune però c’è anche il tradimento di quei partiti “che l’anno scorso avevano partecipato alla battaglia referendaria e che adesso avallano questa mercenaria operazione”. A convincerli, oltre all’intervento – per quanto riguarda i consiglieri dell’Idv – del capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, sarebbero state una serie di promesse contenute in una raccomandazione, tra cui: la chiusura della prima linea dell’inceneritore, “ma tra 14 anni”; la riduzione del numero dei consiglieri di amministrazione di Acegas-Aps – azienda che continuerà ad esistere – e la diminuzione dei consiglieri di amministrazione e dei loro stipendi. “Come è noto però le decisioni relative alle Spa quotate in borsa non sono certo materia di approvazione dei consigli comunali”, fa notare la portavoce del comitato acqua bene comune Padova. E poi coi compensi che hanno i manager di Hera, vuoi vedere che anche quelli dei membri del cda Acegas-Aps – visto che adesso sarà praticamente l’azienda di Bologna a decidere tutto – non subiscano un ritocchino al rialzo? A destare scandalo infine c’è l’ipotesi dell’imbottigliamento – e dunque della commercializzazione – di quella stessa acqua che bevono i padovani e i giuliani. “E’ inaudito: una cosa del genere non si è mai verificata – tuonano comitati locali – E la cosa ridicola è che una delle garanzie chieste e ottenute da Sel è che le bottiglie che, verranno riempite con la nostra acqua, siano di vetro anziché di plastica”.
Adesso la palla passa ai 180 comuni, fra cui Bologna, che controllano il gruppo Hera. Saranno loro a decidere nei prossimi giorni – in tempo per lo svolgimento delle assemblee di Acegas-Aps e Hera, convocate il 15 di ottobre in contemporanea – se la fusione potrà avvenire. 

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