La vecchia soluzione a ogni crisi: una bella
"alleanza dei produttori", con i lavoratori obbligati a obbedire in
silenzio e le imprese a cercare di fare di nuovo profitto. Ma non
funziona più.
“ E’ finito il tempo dei confronti, degli scontri e delle incomprensioni. Siamo tutti sulla stessa barca. E’ una responsabilità storica”
Con queste parole Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria, si è rivolto ai tre segretari di CGIL CISL UIL nel corso del convegno della Piccola Industria tenutosi venerdì e sabato scorsi al Lingotto.
Invito subito accolto dai tre segretari generali, presenti al convegno, in primis Raffaele Bonanni che ha prospettato una vera e propria santa alleanza tra sindacati e imprenditori per dare una sveglia al paese arrivando a prospettare “una simbolica iniziativa comune”.
Si è spinto più in là Angeletti, il prode segretario della UIL, fino a proporre una specie di “serrata e sciopero simbolico contestuali, un’iniziativa innovativa in accordo con le imprese. Pensiamo simbolicamente di fermare il paese, bloccare tutto, convincendo tutti ad aderire”
Niente male per dei sindacati che non hanno battuto ciglia quando Monti e la Fornero hanno massacrato con un accanimento mai visto prima lavoratori, giovani, pensionati, abolendo pezzo dopo pezzo diritti e garanzie, in nome di una fantomatica crescita che non è mai arrivata ma che al contrario ha provocato l’aumento vertiginoso della disoccupazione, della precarietà, della disperazione e del degrado sociale.
Il patto tra produttori è stato ben accolto anche dalla Camusso la quale si è premurata di reclamare anche l’accordo sulla rappresentanza sindacale, tema subito ripreso dal presidente della Piccola Industria, Boccia, che si è detto pronto a firmarlo anche domani.
Possiamo immaginare con quale contenuti di reale democrazia e partecipazione dei lavoratori alle scelte che li riguardano!
La Camusso si è detta addirittura “affascinata dall’espressione patto tra produttori purchè si parta da questioni concrete riscrivendo la lunga stagione di strappi e divisioni” .
Ci risiamo, viene da dire, come se la lunga e infausta stagione iniziata nel 1993 con la concertazione e la politica dei redditi non avesse permesso alle aziende di accumulare enormi profitti, di ristrutturare, di delocalizzare, di appropriarsi della ricchezza sociale investendo le enormi risorse finanziarie realizzate sui mercati speculativi, mentre al contempo le privatizzazioni si mangiavano enormi fette di stato sociale e ai lavoratori toccavano diminuzione dei salari, precarietà, licenziamenti e impoverimento.
Ma quando finiranno di prenderci per i fondelli, compresa la FIOM che mentre critica queste uscite della Camusso continua a coprirla a sinistra senza offrire alcuna vera alternativa?
Imprese e sindacati chiedono a gran voce la drastica diminuzione delle tasse sul lavoro, a partire dall’IRAP, facendo finta di non sapere che lo scorso dicembre è stato introdotto nella nostra Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio secondo il dettato del Fiscal Compact, con cui l’Europa impone un taglio di 50 miliardi di euro l’anno alle spese statali!
Come pensano di ridurre le tasse sul lavoro senza attaccare il Fiscal Compact e tutta la politica monetaria europea?
A parte la barzelletta sul recupero dell’evasione fiscale, con altri tagli sulla sanità sulla scuola sulla ricerca?
Certo ci sono sempre le pensioni e già Mastrapasqua ha lanciato l’allarme sulla tenuta dei conti INPS.
La realtà è che mentre i consumi sono tornati ai livelli del 1977, 1milione e mezzo di posti di lavoro sono andati perduti, i cassantintegrati rischiano di rimanere senza uno straccio di reddito, gli esodati già non ce l’hanno e la disoccupazione giovanile è salita al 40%, il giornale di Confindustria si compiace che in Italia non ci siano state sanguinoso proteste di piazza come è successo in altri paesi.
Fino a quando glielo permetteremo?
p.s. Durante i lavori del Congresso c’è stato un minuto di silenzio per le imprese morte, un minimo di buon gusto avrebbe richiesto che due minuti fossero dedicati alla memoria di tutti i morti sul lavoro, che pure nella piccola industria non sono pochi, e per quanti muoiono per la mancanza di lavoro.
“ E’ finito il tempo dei confronti, degli scontri e delle incomprensioni. Siamo tutti sulla stessa barca. E’ una responsabilità storica”
Con queste parole Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria, si è rivolto ai tre segretari di CGIL CISL UIL nel corso del convegno della Piccola Industria tenutosi venerdì e sabato scorsi al Lingotto.
Invito subito accolto dai tre segretari generali, presenti al convegno, in primis Raffaele Bonanni che ha prospettato una vera e propria santa alleanza tra sindacati e imprenditori per dare una sveglia al paese arrivando a prospettare “una simbolica iniziativa comune”.
Si è spinto più in là Angeletti, il prode segretario della UIL, fino a proporre una specie di “serrata e sciopero simbolico contestuali, un’iniziativa innovativa in accordo con le imprese. Pensiamo simbolicamente di fermare il paese, bloccare tutto, convincendo tutti ad aderire”
Niente male per dei sindacati che non hanno battuto ciglia quando Monti e la Fornero hanno massacrato con un accanimento mai visto prima lavoratori, giovani, pensionati, abolendo pezzo dopo pezzo diritti e garanzie, in nome di una fantomatica crescita che non è mai arrivata ma che al contrario ha provocato l’aumento vertiginoso della disoccupazione, della precarietà, della disperazione e del degrado sociale.
Il patto tra produttori è stato ben accolto anche dalla Camusso la quale si è premurata di reclamare anche l’accordo sulla rappresentanza sindacale, tema subito ripreso dal presidente della Piccola Industria, Boccia, che si è detto pronto a firmarlo anche domani.
Possiamo immaginare con quale contenuti di reale democrazia e partecipazione dei lavoratori alle scelte che li riguardano!
La Camusso si è detta addirittura “affascinata dall’espressione patto tra produttori purchè si parta da questioni concrete riscrivendo la lunga stagione di strappi e divisioni” .
Ci risiamo, viene da dire, come se la lunga e infausta stagione iniziata nel 1993 con la concertazione e la politica dei redditi non avesse permesso alle aziende di accumulare enormi profitti, di ristrutturare, di delocalizzare, di appropriarsi della ricchezza sociale investendo le enormi risorse finanziarie realizzate sui mercati speculativi, mentre al contempo le privatizzazioni si mangiavano enormi fette di stato sociale e ai lavoratori toccavano diminuzione dei salari, precarietà, licenziamenti e impoverimento.
Ma quando finiranno di prenderci per i fondelli, compresa la FIOM che mentre critica queste uscite della Camusso continua a coprirla a sinistra senza offrire alcuna vera alternativa?
Imprese e sindacati chiedono a gran voce la drastica diminuzione delle tasse sul lavoro, a partire dall’IRAP, facendo finta di non sapere che lo scorso dicembre è stato introdotto nella nostra Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio secondo il dettato del Fiscal Compact, con cui l’Europa impone un taglio di 50 miliardi di euro l’anno alle spese statali!
Come pensano di ridurre le tasse sul lavoro senza attaccare il Fiscal Compact e tutta la politica monetaria europea?
A parte la barzelletta sul recupero dell’evasione fiscale, con altri tagli sulla sanità sulla scuola sulla ricerca?
Certo ci sono sempre le pensioni e già Mastrapasqua ha lanciato l’allarme sulla tenuta dei conti INPS.
La realtà è che mentre i consumi sono tornati ai livelli del 1977, 1milione e mezzo di posti di lavoro sono andati perduti, i cassantintegrati rischiano di rimanere senza uno straccio di reddito, gli esodati già non ce l’hanno e la disoccupazione giovanile è salita al 40%, il giornale di Confindustria si compiace che in Italia non ci siano state sanguinoso proteste di piazza come è successo in altri paesi.
Fino a quando glielo permetteremo?
p.s. Durante i lavori del Congresso c’è stato un minuto di silenzio per le imprese morte, un minimo di buon gusto avrebbe richiesto che due minuti fossero dedicati alla memoria di tutti i morti sul lavoro, che pure nella piccola industria non sono pochi, e per quanti muoiono per la mancanza di lavoro.
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