Quindici attivisti dei comitati referendari hanno occupato ieri mattina la sede della Rai, chiedendo ed ottenendo un incontro con la nuova direttrice Lorenza Lei, per denunciare lo scandaloso boicottaggio dell’informazione finora avvenuto sui referendum del prossimo 12e13 giugno.
Non più tardi di quindici giorni fa, per ottenere l’approvazione del regolamento sull’informazione televisiva dalla Commissione di Vigilanza Rai, sono stati necessari due giorni di presidio sotto la sede. Tutto questo mentre da ormai 72 ore un presidio permanente davanti a Montecitorio protesta contro il tentativo di scippo del quesito sul nucleare, che il Governo ha approvato ieri con il voto di fiducia.
La democrazia fa paura, non c’è dubbio. Soprattutto quando è esercitata da donne e uomini, che da tempo e in tutti i territori, hanno deciso di muoversi in prima persona per la ripubblicizzazione dell’acqua e per fermare il nucleare, costruendo la più grande coalizione sociale degli ultimi anni e riaffermando, dopo aver raccolto oltre 1,4 milioni di firme, un elementare principio: su ciò che a tutti appartiene, tutte e tutti dobbiamo decidere.
E, mentre i poteri forti del grande capitale finanziario e delle multinazionali vivono con terrore il pronunciamento popolare, anche il fronte dei partiti politici registra le prime inversioni di rotta: dal Pd, finora combattuto tra una base attiva nei referendum e la lobby interna che sulle multiutilities ha costruito blocchi di potere territoriale, alla Lega Nord, che con Bossi apre ai referednum sull’acqua, consapevole che, dopo la batosta elettorale delle amministrative, è meglio non esacerbare una base di elettori e di amministratori locali da sempre sospettosa sulle politiche di privatizzazione del servizio idrico.
La partita che si gioca con i referendum è decisiva.
Non più tardi di quindici giorni fa, per ottenere l’approvazione del regolamento sull’informazione televisiva dalla Commissione di Vigilanza Rai, sono stati necessari due giorni di presidio sotto la sede. Tutto questo mentre da ormai 72 ore un presidio permanente davanti a Montecitorio protesta contro il tentativo di scippo del quesito sul nucleare, che il Governo ha approvato ieri con il voto di fiducia.
La democrazia fa paura, non c’è dubbio. Soprattutto quando è esercitata da donne e uomini, che da tempo e in tutti i territori, hanno deciso di muoversi in prima persona per la ripubblicizzazione dell’acqua e per fermare il nucleare, costruendo la più grande coalizione sociale degli ultimi anni e riaffermando, dopo aver raccolto oltre 1,4 milioni di firme, un elementare principio: su ciò che a tutti appartiene, tutte e tutti dobbiamo decidere.
E, mentre i poteri forti del grande capitale finanziario e delle multinazionali vivono con terrore il pronunciamento popolare, anche il fronte dei partiti politici registra le prime inversioni di rotta: dal Pd, finora combattuto tra una base attiva nei referendum e la lobby interna che sulle multiutilities ha costruito blocchi di potere territoriale, alla Lega Nord, che con Bossi apre ai referednum sull’acqua, consapevole che, dopo la batosta elettorale delle amministrative, è meglio non esacerbare una base di elettori e di amministratori locali da sempre sospettosa sulle politiche di privatizzazione del servizio idrico.
La partita che si gioca con i referendum è decisiva.
Perchè va al cuore delle politiche liberiste, che per la prima volta possono essere sanzionate con un voto democratico e popolare;
perchè rimette nelle mani delle donne e degli uomini di questo paese la decisionalità democratica e suggerisce un’altra via di uscita dalla crisi, basata sulla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei diritti e su un nuovo intervento pubblico che rimetta al centro, e finalmente, il «cosa, come e per chi» produrre.
E perchè costituirebbe un forte segnale anche a livello europeo, dove la lobby continentale cerca di risolvere la crisi greca ancora una volta a colpi di privatizzazione dell’acqua, delle telecomunicazioni e delle attività portuali.
Sondaggi alla mano, cercano in tutti i modi di depotenziare il voto popolare.
Non ci riusciranno: il 12 e 13 giugno sommergiamoli di “Sì”.
Sondaggi alla mano, cercano in tutti i modi di depotenziare il voto popolare.
Non ci riusciranno: il 12 e 13 giugno sommergiamoli di “Sì”.
Marco Bersani,
Comitato Referendario “2 SI per l’acqua bene comune”
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