Il rapporto del Censis mette in luce il drammatico stato della sanità: 9
milioni di cittadini non possono accedere alle cure, mentre
l'investimento pubblico è dimezzato.
Quasi un sesto degli italiani -
nove milioni dei nostri concittadini - non possono curarsi perché non
hanno abbastanza soldi: il dato, sconvolgente, viene dall'ultimo
rapporto Rbm Salute del Censis, promosso in collaborazione con
Munich Re e presentato ieri al Welfare Day. Il quadro è insieme frutto
del cronico stato di disperazione del nostro sistema sanitario nazionale
e dei tagli sempre più violenti ai trasferimenti statali, causati in larga parte dalla crisi.
Lunghe liste di attesa, ticket
alle stelle e visite o esami diagnostici di fatto irraggiungibili nel
pubblico, portano chi non ha risorse sufficienti a rinunciare del tutto a curarsi,
visto che non può accedere alle prestazioni professionali private.
Particolarmente colpite alcune parti della popolazione, quelle
tradizionalmente deboli: 4 milioni sono abitanti del Sud, 2,4 milioni
sono anziani, e altri 2,5 milioni dichiarano di vivere in coppia e di
avere dei figli.
Allo stesso tempo, e proprio negli anni della recessione economica, è incrementato il ricorso al privato: +25,5% la crescita della sanità privata negli ultimi dieci anni, con un parallelo disinvestimento nel pubblico. Significativa la crescita della spesa sanitaria privata negli anni 2008-2010, esattamente quelli in cui è esplosa la crisi: aumenta del 2,3%.
Allo stesso tempo, e proprio negli anni della recessione economica, è incrementato il ricorso al privato: +25,5% la crescita della sanità privata negli ultimi dieci anni, con un parallelo disinvestimento nel pubblico. Significativa la crescita della spesa sanitaria privata negli anni 2008-2010, esattamente quelli in cui è esplosa la crisi: aumenta del 2,3%.
Sempre riferendoci agli ultimi
dieci anni rilevati dal rapporto Censis, si è avuto un crollo verticale
del ritmo di crescita della spesa pubblica per la sanità: si è passati
da un tasso di incremento medio annuo del 6% nel periodo 2000-2007, a solo il +2,3% nel 2008-2010.
La flessione si registra soprattutto nelle regioni con piani di rientro
- le cosiddette «non virtuose» - dove dal +6,2% all'anno nel periodo
2000-2007, si è scesi a meno dell'1% di crescita media annua nel periodo
2008-2010.
Ma molti italiani hanno scelto di servirsi presso i privati perché li preferiscono ai medici di ospedali e ambulatori pubblici? Non sembra così, almeno a leggere un altro numeretto importante, quello che riguarda chi dichiara di aver scelto il privato a causa delle liste di attesa troppo lunghe del pubblico: sono ben il 77%, cioè 8 italiani su 10. Costretti, dunque, a spendere di più, dalla necessità, con poca o nulla autonomia di scelta.
Ma molti italiani hanno scelto di servirsi presso i privati perché li preferiscono ai medici di ospedali e ambulatori pubblici? Non sembra così, almeno a leggere un altro numeretto importante, quello che riguarda chi dichiara di aver scelto il privato a causa delle liste di attesa troppo lunghe del pubblico: sono ben il 77%, cioè 8 italiani su 10. Costretti, dunque, a spendere di più, dalla necessità, con poca o nulla autonomia di scelta.
Pessima è l'opinione che i cittadini danno del servizio nella propria regione: per il 31,7%, la sanità è in peggioramento,
con un balzo di 10 punti percentuali in più nel 2012 rispetto al 2009:
solo tre anni fa, infatti, a sostenere questa tesi era il 21,7% degli
italiani. Quelli che avvertono invece un miglioramento sono diminuiti di
oltre il 7%
«I tagli alla sanità pubblica -
si legge nel rapporto - abbassano la qualità delle prestazioni e
generano iniquità. Per questo è prioritario trovare nuove risorse
aggiuntive per impedire che meno spesa pubblica significhi più spesa
privata e meno sanità per chi non può pagare». Invertire quindi un trend
che prevede, nel 2015, un gap di circa 17 miliardi di euro tra le esigenze di finanziamento della sanità e le risorse disponibili nelle regioni.
Allarmato
lo Spi Cgil, il sindacato che difende i pensionati: «Il numero di
anziani che saranno costretti a rinunciare alle cure sanitarie è
destinato ad aumentare drasticamente in breve tempo a causa dell'acuirsi
della crisi, della mancanza di risposte da parte del governo e per la
drammatica condizione in cui versa il sistema sanitario nazionale - dice
la segretaria generale Carla Cantone commentando il rapporto Salute del
Censis - Ormai siamo arrivati a una situazione davvero insostenibile,
in cui il diritto alla salute è garantito solo a chi può permetterselo e
a chi si rivolge a strutture private. Chiediamo al governo - ha
concluso Cantone - di adoperarsi con urgenza, rafforzando la sanità
pubblica e garantendo la possibilità di accedere alle cure a chi ne ha
più bisogno».
Lo studio sulla sanità italiana getta uno sguardo anche sul comparto integrativo:
«La sanità complementare in Italia è un universo composto da centinaia
di Fondi integrativi, a beneficio di oltre 11 milioni di assistiti»,
spiega il rapporto. La ricerca di Rbm Salute-Censis ha riguardato 14
Fondi sanitari per oltre 2 milioni di assistiti e importi richiesti per prestazioni pari a oltre 1,5 miliardi
di euro nel triennio 2008-2010. Il 55% degli importi dei Fondi
integrativi ha riguardato prestazioni sostitutive (come ricoveri
ospedalieri e day hospital) fornite in alternativa a quelle del servizio
sanitario nazionale, mentre il restante 45% ha riguardato prestazioni
integrative come le cure dentarie e la fisioterapia.
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