Vent'anni di bipolarismo e di berlusconismo sono passati anche dentro
di noi. Anche dentro quel che resta della stampa di sinistra o del
“nuovo che avanza". Nella settimana successiva al suo lancio, la
campagna per la costruzione di un quarto polo sconta una formidabile
dose di indifferenza da parte del mainstream sempre attento, al
contrario, a scodellare servizi speciali sulla crisi della sinistra, la
morte del comunismo e l'estinzione del conflitto sociale. Sempre immerso
in un eterno presente che si nutre di informazioni superficiale,
sbrigative, autoreferenziali. Lo spazio che il principale quotidiano
italiano, La Repubblica, ha dedicato all'assemblea del primo dicembre di
Cambiare si può non era più grande di quello dedicato all'“anomalia
dell'autunno italiano", di un'austeritity senza proteste di piazza,
puntualmente smentito dai fatti, mai dal giornale dell'ingegner De
Benedetti. Da allora, con la sveglia degli studenti e dei docenti, sono
venuti il No Monti day, il 14N, primo sciopero europeo, almeno un
abbozzo, e un'ondata di scioperi che la Cgil e la Fiom sono stati
costretti a convocare per non essere totalmente screditati agli occhi di
chi soffre gli effetti devastanti di una crisi in atto da quattro anni.
Fino all'idea di un quarto polo che rompa col montismo e non solo con
Monti.
Per i lettori del Fatto quotidiano, all'indomani del Vittoria strapieno, c'era un francobollo al centro della prima che rimandava a pagina 5: “Ingroia agli arancioni: sto con voi". Nel momento di massima crisi della personalizzazione della politica e dei partiti personali, il foglio di Padellaro, probabilmente il più dinamico in edicola, non trova di meglio che osservare l'esperimento con gli occhiali di sempre, quelli di un bipolarismo patologico e allergico al conflitto. L'articolista non mostra di aver avuto alcuna curiosità nell'osservare la composizione della sala. A leggere lei, intorno all'«ex ministro Ferrero» ci sarebbero «pochi delusi della Fds e qualche fuoriuscito da Sel». Così, da brava massaia si concentra sulle bancarelle e ci parla delle t-shirts e dei magneti di Che Guevara (alle manifestazioni di studenti avrebbe notato solo piercing, tatuaggi e pettinature). Non si accorge della vistosa presenza del Prc ma riesce a notare l'assenza dell'Idv «che ancora non si espone». Tra una bancarella e l'altra il pensiero della cronista era rivolto alle primarie dell'indomani cui dedica l'ultimo paragrafo. Due-tre frasi di Ingroia, due-tre di De Magistris e il gioco è fatto. Troppo preso dal «festival della democrazia» (così Telese ama definire le primarie del Pd), Pubblico non ha spazio per l'assemblea nella sua prima pagina e per trovare tracce di arancione bisogna arrivare a pagina 8, una pagina sulla sinistra reputata meno “nobile" di una pagina destra (sull'una o sull'altra la pubblicità varia di prezzo). “Ingroia e De Magistris: in arrivo lista e candidati" recita il titolo tutt'altro che accattivante nel cui attacco si scopre che all'articolista non è sfuggito il colore della cravatta di Ingroia: “Cravatta arancione. Anzi rossa a pallini, che però da lontano, pare proprio arancione. Antonio Ingroia interviene così..." e solo dopo quattro righe ci si rende conto che non è un articolo sulle nuove tendenze della moda maschile. Cercasi cinque w doppie da regalare per Natale al quotidiano dalla parte degli ultimi e dei primi. Due-tre frasi di Ingroia, due-tre di De Magistris e il gioco è lo stesso del Fatto senza lo sforzo di capire chi fosse in sala, quanti e quali fossero stati i personaggi intervenuti. C'è spazio solo per menzioni rapide di una delusa di Sel, di uno dei 70, il collega di Sappino, Gilioli e di un sindaco verde. E Rifondazione? «Bisogna capire cosa farà Rifondazione che a questa lista guarda con attenzione». Magari se avesse visto oltre la cravatta di Ingroia si sarebbe accorto che buona parte della sala era fatta di militanti e dirigenti di quel partito. Perfino Il Manifesto, schieratissimo di solito con Sel e Vendola, riesce a capire che il Prc «era al gran completo» e a fornire una cronaca decente dell'evento del Testaccio. Anche per il quotidiano che fu di Pintor e Rossanda, la prima è tutta per Bersani e l'“effetto gazebo", con un richiamo per l'evento di Ingroia e De Magistris. Forse ha ragione Alessandro Robecchi, l'ultimo in ordine di tempo a dire che «la sensazione è che sul manifesto di oggi potresti annunciare la terza guerra mondiale e nessuno ne terrebbe conto» ma pesa che il giornale di riferimento per diverse generazioni sia così codista con la “sinistra del fiscal compact" e così distante dall'antiliberismo.
Ma intanto il processo non si arresta per le scarse attenzioni del mainstream: 14,15 e 16 dicembre saranno i giorni della materializzazione, della visibilità sui territori, del Quarto polo, nome provvisorio della lista della sinistra alternativa al liberismo e al populismo, percorso scaturito dalla prima assemblea nazionale, lo scorso primo dicembre, convocata dall'appello cosiddetto dei 70 che sta oltrepassando proprio mentre scriviamo l'asticella delle settemila adesioni individuali. “Cambiare si può" è il nome della campagna e del primo momento di presentazione sul territorio. «Le assemblee vanno fatte in tutti i territori in cui ciò è realisticamente possibile. Dunque non mettiamoci vincoli sulla dimensione territoriale: più ne facciamo meglio è, purché ci siano le condizioni per farle riuscire», raccomanda il sito “arancione", colore anche questo del tutto approssimativo per descrivere l'universo della sinistra che ha affollato un teatro testaccino in un piovoso sabato di dicembre oltre ogni previsione.
Le assemblee locali, alle quali partecipa quasi sempre uno dei 70, saranno precedute da riunioni preparatorie - già in corso - estese a tutti i soggetti interessati (singoli, aderenti alla campagna, associazioni, movimenti e partiti) per stabilire le modalità «plurali e aperte» di preparazione e di svolgimento delle assemblee. Gli incontri preparatori saranno convocati informalmente: dai promotori, nelle realtà in cui sono presenti, e in ogni caso da chi è disponibile a prendere l’iniziativa. «L’importante - ricorda il sito - è che la convocazione avvenga in una logica di inclusione di tutti e non di orticelli separati». Entro lunedì 10 sarà disponibile una proposta su una lista di temi utili. Le assemblee non eleggeranno delegati ma presenteranno “Cambiare si può” ai cittadini e avvieranno la discussione sulle modalità più opportune (anche organizzative) per procedere nel percorso avviato a Roma verso le elezioni del 2013. L’assemblea nazionale del 22 dicembre sarà il momento di sintesi dei dibattiti assembleari e deciderà i passaggi futuri sui temi del programma della lista, del nome e del simbolo.
Per i lettori del Fatto quotidiano, all'indomani del Vittoria strapieno, c'era un francobollo al centro della prima che rimandava a pagina 5: “Ingroia agli arancioni: sto con voi". Nel momento di massima crisi della personalizzazione della politica e dei partiti personali, il foglio di Padellaro, probabilmente il più dinamico in edicola, non trova di meglio che osservare l'esperimento con gli occhiali di sempre, quelli di un bipolarismo patologico e allergico al conflitto. L'articolista non mostra di aver avuto alcuna curiosità nell'osservare la composizione della sala. A leggere lei, intorno all'«ex ministro Ferrero» ci sarebbero «pochi delusi della Fds e qualche fuoriuscito da Sel». Così, da brava massaia si concentra sulle bancarelle e ci parla delle t-shirts e dei magneti di Che Guevara (alle manifestazioni di studenti avrebbe notato solo piercing, tatuaggi e pettinature). Non si accorge della vistosa presenza del Prc ma riesce a notare l'assenza dell'Idv «che ancora non si espone». Tra una bancarella e l'altra il pensiero della cronista era rivolto alle primarie dell'indomani cui dedica l'ultimo paragrafo. Due-tre frasi di Ingroia, due-tre di De Magistris e il gioco è fatto. Troppo preso dal «festival della democrazia» (così Telese ama definire le primarie del Pd), Pubblico non ha spazio per l'assemblea nella sua prima pagina e per trovare tracce di arancione bisogna arrivare a pagina 8, una pagina sulla sinistra reputata meno “nobile" di una pagina destra (sull'una o sull'altra la pubblicità varia di prezzo). “Ingroia e De Magistris: in arrivo lista e candidati" recita il titolo tutt'altro che accattivante nel cui attacco si scopre che all'articolista non è sfuggito il colore della cravatta di Ingroia: “Cravatta arancione. Anzi rossa a pallini, che però da lontano, pare proprio arancione. Antonio Ingroia interviene così..." e solo dopo quattro righe ci si rende conto che non è un articolo sulle nuove tendenze della moda maschile. Cercasi cinque w doppie da regalare per Natale al quotidiano dalla parte degli ultimi e dei primi. Due-tre frasi di Ingroia, due-tre di De Magistris e il gioco è lo stesso del Fatto senza lo sforzo di capire chi fosse in sala, quanti e quali fossero stati i personaggi intervenuti. C'è spazio solo per menzioni rapide di una delusa di Sel, di uno dei 70, il collega di Sappino, Gilioli e di un sindaco verde. E Rifondazione? «Bisogna capire cosa farà Rifondazione che a questa lista guarda con attenzione». Magari se avesse visto oltre la cravatta di Ingroia si sarebbe accorto che buona parte della sala era fatta di militanti e dirigenti di quel partito. Perfino Il Manifesto, schieratissimo di solito con Sel e Vendola, riesce a capire che il Prc «era al gran completo» e a fornire una cronaca decente dell'evento del Testaccio. Anche per il quotidiano che fu di Pintor e Rossanda, la prima è tutta per Bersani e l'“effetto gazebo", con un richiamo per l'evento di Ingroia e De Magistris. Forse ha ragione Alessandro Robecchi, l'ultimo in ordine di tempo a dire che «la sensazione è che sul manifesto di oggi potresti annunciare la terza guerra mondiale e nessuno ne terrebbe conto» ma pesa che il giornale di riferimento per diverse generazioni sia così codista con la “sinistra del fiscal compact" e così distante dall'antiliberismo.
Ma intanto il processo non si arresta per le scarse attenzioni del mainstream: 14,15 e 16 dicembre saranno i giorni della materializzazione, della visibilità sui territori, del Quarto polo, nome provvisorio della lista della sinistra alternativa al liberismo e al populismo, percorso scaturito dalla prima assemblea nazionale, lo scorso primo dicembre, convocata dall'appello cosiddetto dei 70 che sta oltrepassando proprio mentre scriviamo l'asticella delle settemila adesioni individuali. “Cambiare si può" è il nome della campagna e del primo momento di presentazione sul territorio. «Le assemblee vanno fatte in tutti i territori in cui ciò è realisticamente possibile. Dunque non mettiamoci vincoli sulla dimensione territoriale: più ne facciamo meglio è, purché ci siano le condizioni per farle riuscire», raccomanda il sito “arancione", colore anche questo del tutto approssimativo per descrivere l'universo della sinistra che ha affollato un teatro testaccino in un piovoso sabato di dicembre oltre ogni previsione.
Le assemblee locali, alle quali partecipa quasi sempre uno dei 70, saranno precedute da riunioni preparatorie - già in corso - estese a tutti i soggetti interessati (singoli, aderenti alla campagna, associazioni, movimenti e partiti) per stabilire le modalità «plurali e aperte» di preparazione e di svolgimento delle assemblee. Gli incontri preparatori saranno convocati informalmente: dai promotori, nelle realtà in cui sono presenti, e in ogni caso da chi è disponibile a prendere l’iniziativa. «L’importante - ricorda il sito - è che la convocazione avvenga in una logica di inclusione di tutti e non di orticelli separati». Entro lunedì 10 sarà disponibile una proposta su una lista di temi utili. Le assemblee non eleggeranno delegati ma presenteranno “Cambiare si può” ai cittadini e avvieranno la discussione sulle modalità più opportune (anche organizzative) per procedere nel percorso avviato a Roma verso le elezioni del 2013. L’assemblea nazionale del 22 dicembre sarà il momento di sintesi dei dibattiti assembleari e deciderà i passaggi futuri sui temi del programma della lista, del nome e del simbolo.
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