mercoledì 6 febbraio 2013

Niki è finito nelle sabbie mobili. E non solo lui


Non dite che non ve l'avevamo detto, non dite che non era tutto scritto, non da mesi, ma da un anno. Ovvero da quando Monti è entrato in campo. Il resto è il semplice corso degli eventi, come una pietra che rotola giù per la montagna. Niki aveva un'ultima possibilità per sottrarsi allo scenario che tutti avevano pronosticato, ed era uscire dalle primarie e virare a sinistra. Non lo ha fatto, ha perso le primarie ed ora si trova legato, mani e piedi al carro del PD in cui la direzione da prendere si decide a maggioranza nel gruppo parlamentare. Aver firmato una carta d'intenti per partecipare alle primarie in cui si accettava il rispetto dei patti internazionali, l'apertura ai moderati, e il commissariamento indiretto del partito è stato l'ultimo errore della parabola di SEL che da qui a breve dovrà decidere se rompere o adeguarsi. Bersani non può, sondaggi in mano, e con i mercati alle porte permettersi sbavature in questa campagna elettorale. Lui sa che ha bisogno di Monti, come Monti ed i mercati sanno che hanno bisogno del PD. Bersani spera che con Monti si possano evitare le cannonate della speculazione, e sa ancora di più che per portare a termine gli impegni presi e sottoscritti in Europa non basta il 51%. Per attuare le riforme che i mercanti ci hanno imposto Bersani ha insomma bisogno di forza. Ed ha bisogno di un sindacato che ceda il conflitto sociale in cambio di un tavolo dove barattare rappresentanza per produttività. La strategia di Bersani è semplice, oramai ha capito che l'Italia è un piccolo paese in un grande continente a guida tedesca, e per provare a contrattare qualcosa occorre far capire al capitalismo prussiano che noi i compiti li facciamo tutti. Giorni fa abbiamo commentato un report dei giovani turchi del PD che spiegava bene la difficoltà strategica del partito di Bersani, ed oggi ne troviamo conferma. In poche parole non è semplicemente Niki ad essere finito nella sabbie mobili ma anche la parte del PD che pensava in termini progressisti. Rigore e crescita si dirà, sperando che la crescita sia sostenuta dall'amministrazione Obama-FMI e da Hollande, mentre non è detto che la SPD tedesca sia della partita. Problema in più questo di non poco conto per Bersani e Fassina. Comunque vada però sarà austerity con qualche pillola di Euro Bond per la crescita sempre che sitrovi l'accordo. Ed è questo il vero nodo, mentre in Europa socialdemocratici & popolari non hanno battuto ciglio per approvare velocemente il Fiscal Compact e per dare miliardi alle banche per il resto ( leggi sostegno all'economia reale) la quadra non si trova. Il tutto in una crisi che è pesantissima. E' inutile sbattersi cercando qualche paletto all'accordo Monti Bersani come cerca di fare in queste ore Vendola. Ancora più ridicole sono le minacce di rottura della coalizione. Inutili, perchè l'accordo c'è ed è stato sottoscritto da Vendola in un patto che ha firmato un mese fa, e badate bene in quel patto non c'è semplicemente inserito un possibile accordo post elettorale, ma c'è una visione dell'Europa che è inconciliabile con i diritti del lavoro, il welfare ed i salari come li abbiamo conosciuti nella storia recente. Accettare il rispetto dei trattati è accettare la fine della nostra democrazia sociale e l'insabbiamento della nostra costituzione oltraggiata dal pareggio di bilancio. Accettare i trattati è accettare la competizione al ribasso, l'abbattmento salariale e dei diritti. Non è quindi semplicemente Monti il problema per Vendola, quanto semmai la strada intrapresa da Bersani che porta l'Italia ad essere periferia economica dell'Europa a guida tedesca.

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