Non dite che non ve l'avevamo detto, non dite che non era tutto
scritto, non da mesi, ma da un anno. Ovvero da quando Monti è entrato in
campo. Il resto è il semplice corso degli eventi, come una pietra che
rotola giù per la montagna. Niki aveva un'ultima possibilità per
sottrarsi allo scenario che tutti avevano pronosticato, ed era uscire
dalle primarie e virare a sinistra. Non lo ha fatto, ha perso le
primarie ed ora si trova legato, mani e piedi al carro del PD in cui la
direzione da prendere si decide a maggioranza nel gruppo parlamentare.
Aver firmato una carta d'intenti per partecipare alle primarie in cui si
accettava il rispetto dei patti internazionali, l'apertura ai moderati,
e il commissariamento indiretto del partito è stato l'ultimo errore
della parabola di SEL che da qui a breve dovrà decidere se rompere o
adeguarsi. Bersani non può, sondaggi in mano, e con i mercati alle porte
permettersi sbavature in questa campagna elettorale. Lui sa che ha
bisogno di Monti, come Monti ed i mercati sanno che hanno bisogno del
PD. Bersani spera che con Monti si possano evitare le cannonate della
speculazione, e sa ancora di più che per portare a termine gli impegni
presi e sottoscritti in Europa non basta il 51%. Per attuare le riforme
che i mercanti ci hanno imposto Bersani ha insomma bisogno di forza. Ed
ha bisogno di un sindacato che ceda il conflitto sociale in cambio di un
tavolo dove barattare rappresentanza per produttività. La strategia di
Bersani è semplice, oramai ha capito che l'Italia è un piccolo paese in
un grande continente a guida tedesca, e per provare a contrattare
qualcosa occorre far capire al capitalismo prussiano che noi i compiti
li facciamo tutti. Giorni fa abbiamo commentato un report
dei giovani turchi del PD che spiegava bene la difficoltà strategica
del partito di Bersani, ed oggi ne troviamo conferma. In poche
parole non è semplicemente Niki ad essere finito nella sabbie mobili ma
anche la parte del PD che pensava in termini progressisti. Rigore e
crescita si dirà, sperando che la crescita sia sostenuta
dall'amministrazione Obama-FMI e da Hollande, mentre non è detto che la
SPD tedesca sia della partita. Problema in più questo di non poco conto
per Bersani e Fassina. Comunque vada però sarà austerity con qualche
pillola di Euro Bond per la crescita sempre che sitrovi l'accordo. Ed è
questo il vero nodo, mentre in Europa socialdemocratici & popolari
non hanno battuto ciglio per approvare velocemente il Fiscal Compact e
per dare miliardi alle banche per il resto ( leggi sostegno all'economia
reale) la quadra non si trova. Il tutto in una crisi che è
pesantissima. E' inutile sbattersi cercando qualche paletto all'accordo
Monti Bersani come cerca di fare in queste ore Vendola. Ancora più
ridicole sono le minacce di rottura della coalizione. Inutili, perchè
l'accordo c'è ed è stato sottoscritto da Vendola in un patto che ha
firmato un mese fa, e badate bene in quel patto non c'è semplicemente
inserito un possibile accordo post elettorale, ma c'è una visione
dell'Europa che è inconciliabile con i diritti del lavoro, il welfare ed
i salari come li abbiamo conosciuti nella storia recente. Accettare il
rispetto dei trattati è accettare la fine della nostra democrazia
sociale e l'insabbiamento della nostra costituzione oltraggiata dal
pareggio di bilancio. Accettare i trattati è accettare la competizione
al ribasso, l'abbattmento salariale e dei diritti. Non è quindi
semplicemente Monti il problema per Vendola, quanto semmai la strada
intrapresa da Bersani che porta l'Italia ad essere periferia economica
dell'Europa a guida tedesca.
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