“Le nostre idee non sono né di destra né di sinistra, le idee sono buone o sono cattive”.
Con questa furba trovata pubblicitaria che parla alla vulgata post-ideologica e a cittadini schifati e disillusi dalla politica, Grillo prova ad incassare consensi trasversali, appunto, da destra e da sinistra. E c’è da credergli. L’Istituto Demos, che ha analizzato l’estrazione politica dei fan di Grillo, ne attribuisce il 32% all’area di centrosinistra e il 28% a quella di destra, dall’estrema mancina fino a Casa Pound, con tutto quello che si trova nel mezzo.
Lui, il comico che rifiuta domande e contraddittorio, parla, anzi, strepita come un ossesso spargendo vetriolo su partiti e sindacati. Tutti, indistintamente. Può pescare a piacimento nello sterminato giacimento di guasti, malversazioni, corruzioni che la cronaca quotidiana gli mette a disposizione e che danno la misura del profondo decadimento culturale, politico e morale dell’Italia.
Con questa furba trovata pubblicitaria che parla alla vulgata post-ideologica e a cittadini schifati e disillusi dalla politica, Grillo prova ad incassare consensi trasversali, appunto, da destra e da sinistra. E c’è da credergli. L’Istituto Demos, che ha analizzato l’estrazione politica dei fan di Grillo, ne attribuisce il 32% all’area di centrosinistra e il 28% a quella di destra, dall’estrema mancina fino a Casa Pound, con tutto quello che si trova nel mezzo.
Lui, il comico che rifiuta domande e contraddittorio, parla, anzi, strepita come un ossesso spargendo vetriolo su partiti e sindacati. Tutti, indistintamente. Può pescare a piacimento nello sterminato giacimento di guasti, malversazioni, corruzioni che la cronaca quotidiana gli mette a disposizione e che danno la misura del profondo decadimento culturale, politico e morale dell’Italia.
Lui, Grillo, si presenta come l’uomo dell’Avvento, fonda un movimento
che definisce “non contaminato dal sistema” e ne registra il marchio,
come si fa per sancire la proprietà personale di un brevetto. Poi
promette un bagno purificatore che spazzerà via il marcio che
imputridisce le istituzioni. “Tutti a casa”, è il refrain più urlato,
che conclude ogni sua esibizione. Tutti, tranne lui, ovviamente. Quello
che Grillo chiama “movimento” funziona in realtà come una setta. E come
in ogni setta c’è un capo indiscusso. E dei seguaci. Non dei discepoli
destinati a divulgare la Buona novella, perché anch’essi deprivati della
parola.
La sola voce omologata è quella del guru e del suo ventriloquo e
mentore, quel Gianroberto Casaleggio, esperto in strategie di rete e di
comunicazione, colui che dietro le quinte scrive il copione delle
performance del boss. La sua è Verità rivelata, in quanto tale
impermeabile a critiche e a interpretazioni. E’ lui, Grillo, che punisce
e blandisce, benedice e scomunica. Senza appello. Le sue apparizioni
nelle piazze italiane sono pure esibizioni di avanspettacolo traslato in
politica: una forma esasperata di populismo, così grottesca da
ricordare la corrosiva caricatura che ne faceva il grande Ettore
Petrolini quando in una celebre gag mimava un Giulio Cesare
continuamente interrotto nel suo compiaciuto eloquio retorico da una
folla delirante. Intorno a Grillo, sul palco delle esibizioni, una
claque di sostenitori applaude frenetica ad ogni pernacchia del capo
che, più fragorosa è, più manda in deliquio gli estasiati fan. E più
l’insulto si fa greve e iconoclasta, più la loro voglia di lavacro si
tramuta in un istinto primordiale.
Non va in Tv, Grillo. Ma alla Tv tiene, e come! Negandosi, se le
prende tutte. E tutte ne amplificano l’impatto nei confronti di
cittadini assuefatti da anni di passività e di condizionamento
televisivo.
Grillo, con il suo “non partito” personale è, in definitiva, il
frutto coerente, (l’archetipo tuttora vivente è Berlusconi) dello
smottamento autoritario della democrazia, che ha travolto come una
slavina tutta la politica italiana, consegnata al leaderismo e al
populismo.
Grillo chiede il voto, ma a nessuno, tranne che a lui e a Casaleggio,
è dato di sapere cosa ne farà dopo: il più che eterogeneo plotone che
entrerà in parlamento apprenderà il Verbo dal web.
Vengono in mente le parole straordinariamente profetiche con cui
Antonio Gramsci, nei Quaderni del carcere, descrive i frutti perversi di
questa demagogia deteriore, agìta allo scopo di “servirsi delle masse
popolari, delle loro passioni sapientemente eccitate e nutrite, per i
propri fini particolari, per le proprie piccole ambizioni. Il demagogo
deteriore – scrive Gramsci – pone se stesso come insostituibile, crea il
deserto intorno a sé, sistematicamente schiaccia ed elimina i possibili
concorrenti, vuole entrare in rapporto con le masse direttamente
(grande oratoria, colpi di scena, apparato coreografico fantasmagorico).
E “il parlamentarismo e l’elezionismo offrono un terreno propizio per
questa forma particolare di demagogia, che culmina nel cesarismo e nel
bonapartismo coi suoi regimi plebiscitari”.
Ebbene, noi dobbiamo avere un’altra “ambizione”. Diversa da quella
del capo “carismatico”. Sappiamo che l’ostacolo è oggi talmente alto da
apparire insormontabile. Ma la difficoltà è solo pari all’importanza del
compito. Non avremo un’altra Italia, non avremo nessuna “riforma
intellettuale e morale” se non passando attraverso un processo di
ridemocratizzazione della vita politica e civile.
La via maestra la indica, ancora una volta, Antonio Gramsci: “Il capo
politico della grande ambizione tende a suscitare uno strato intermedio
tra sé e le masse, a suscitare possibili ‘concorrenti’ ed uguali, a
elevare il livello di capacità delle masse, a creare elementi che
possano sostituirlo nella funzione di capo. Egli pensa secondo gli
interessi delle masse, e queste vogliono che un apparecchio di conquista
e di dominio non si sfasci per il venir meno del singolo capo,
ripiombando nel caos e nell’impotenza primitiva”.
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