Come
si sa assieme alla nuova card pre elettorale destinata a un’elemosina
temporanea per le famiglie in povertà assoluta che ricorda molto da
vicino le malefatte di Tremonti, il governo ha annunciato di stare
pensando a una rete di sicurezza che garantisca a tutti quelli che
andranno in pensione con il metodo contributivo un assegno di 650 euro
mensili nel caso i contributi versati non siano sufficienti a
raggiungere tale minimo vitale. E saranno molti. una vera valanga, visto
che già ora il 63% per cento dei trattamenti di quiescenza sono pari o
inferiori ai 750 euro. Ma questa più che un’idea, ancorché vaga e
utilizzata come carburante per le urne, è una confessione perché essa
rivela in maniera chiara una verità più che intuibile, ma che in questo
ultimo decennio si è voluta pervicacemente nascondere, persino negando
agli occupati più giovani l’entità delle loro future ed eventuali
pensioni.
Con i 650 euro si riconosce implicitamente che il combinato disposto
dei tre capisaldi della narrazione liberista contemporanea, ovvero la
cosiddetta flessibilità che è poi precarietà, il calcolo contributivo
delle pensioni e la repressione salariale spacciata come necessaria alla
competitività, non sono in grado di fornire un minimo vitale al termine
della vita lavorativa. Se poi a tutto questo si aggiunge la
disoccupazione a livelli impossibili e che non sembra davvero staccarsi
dal cabotaggio di piccoli e ingannevoli numeri, abbiamo fatto tombola.
Assistiamo a un paradosso: per anni ci siamo sentiti dire che le
pensioni erano un fattore di squilibrio del Paese, quando invece i conti
dell’Inps sono sempre stati in attivo nella partita contributi –
pensioni ed era semmai tutto il settore assistenziale ( di fatto le
pensioni sociali e quelle di invalidità) a trascinare i conti verso il
rosso. Ma adesso, dopo aver corposamente tagliato i contributi
pensionistici delle aziende ( e in parte assai più ridotta quelli dei
lavoratori), con un’operazione esattamente contraria a quella che la
ragione avrebbe consigliato qualora gli allarmi dei soliti noti avessero
qualcosa a che vedere con la realtà e con i conti, ci si viene a dire
che la grande parte delle pensioni future, sia pure nella loro miseria,
saranno di fatto assistenziali. Dunque avranno la meravigliosa proprietà
di aver favorito i profitti di chi direttamente o indirettamente
gestisce i fondi pensione, in definitiva l’ambiente finanziario,
costituendo per altro un aggravio per il bilancio pubblico che si
troverà a dover supportare un enormità di pensioni al di sotto del
minimo vitale e con rapporto contributi – prestazioni più sfavorevole
rispetto al regime precedente.
Una cosa che in parole povere e nella sostanza esprime chiaramente la
volontà di demolire totalmente l’istituto pensionistico, come del resto
chiedono con melliflua ipocrisia i centri finanziari e l’Fmi
sostituendolo con una sorta di obolo. Dubito molto che alla fine di
queste “rivoluzioni” si erogherà meno di quello che si sarebbe speso
tenendo in vita il sistema retributivo, il quale tuttavia consentiva a
molti di avere una capacità economica in grado di alimentare l’economia,
ma probabilmente il risparmio non è l’obiettivo primario in queste
mutazioni che introducono invece una diversa e significativa differenza
rispetto a quella contabile che viene presa soltanto a pretesto: mentre
prima i soldi venivano distribuiti fra una vastissima platea di soggetti
adesso finiranno nelle mani dell’ 1 per cento, lasciando a quasi tutti
gli altri solo le briciole. Dei miserabili ci rendono miseri.
Proprio
questo intreccio di contraddizioni illustra alla perfezione le antinomie
in cui si dibatte il sistema liberista e anche la sua chiarissima
tendenza a spogliare il lavoro della sua dignità, dei suoi diritti e del
suo peso politico nella società, dando in cambio elemosine
generalizzate che sono i 650 euro ipotizzati o le card per non morire di
fame, ma anche certe forme ingannevoli di reddito di cittadinanza che
in pratica sono concepite per consentire di abbassare i salari molto
oltre i limiti della povertà per cui l’individuo, ben lontano dal
diventare libero, diventa schiavo due volte. E’ una situazione da basso
impero, da panem e circenses nella quale il cittadino ridotto da
soggetto di diritti a mendicante coatto non avrà altra scelta che
sottomettersi.
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