lunedì 10 settembre 2012

Il bel discorso di Bersani. Manca solo la coerenza di Matteo Pucciarelli, Micromega

Terra rossa, cravatta rossa, sfondo rosso, discorso rosso. Andatevi a rileggere l’intervento di chiusura della festa dell’Unità (o democratica) di Reggio Emilia di Pierluigi Bersani. Un bell’intervento, poco da aggiungere. Ecco alcune frasi salienti: «Siamo un partito popolare. Siamo un partito libero, senza padroni». «Tutti assieme vogliamo bene all’Italia. Le vogliamo bene e tuttavia non ci piace ancora abbastanza. Ci piacerà davvero solo quando sarà garantito il diritto di ognuno di studiare, di lavorare, di aver soccorso nel bisogno, senza discriminazioni e senza mai dover mendicare un diritto con il cappello in mano. E neppure il mondo così come è, ci piace abbastanza. Per la violenza che lo agita, per le guerre e il sangue sparso fino alle porte di casa nostra. La pace può venire solo dalla libertà».
«Nessun paese sottoposto a cure massacranti può davvero migliorare i conti. Il rigore è una condizione assolutamente necessaria, ma non è l’obiettivo. L’obiettivo è un’economia reale che cammini. In altre parole l’obiettivo è il lavoro».
«Di quale sovranità parliamo? Non ce la stanno forse prendendo i mercati, la sovranità? Altroché “padroni in casa propria” come continua a dire Tremonti. Padroni di  che?».
«Ma qualcuno pensa davvero che noi si possa stare dentro la moneta comune e fuori dalla comune democrazia europea? Pensiamo di essere figli di un Dio minore e di non poter fare ciò che tutti gli altri fanno e cioè di chiedere agli elettori di indicare partiti e maggioranze univoche e coerenti per governare?» .
«Non c’è ragione che vengano negati nei luoghi di lavoro diritti di partecipazione e diritti sindacali si comincia non accettando più che la Fiat o l’ENI possano prendere miliardi di finanziamenti dalle banche senza andare dal notaio mentre una famiglia che si fa il mutuo per la casa deve lasciare dal notaio qualche migliaio di euro, e si comincia decidendo che ogni euro ricavato dall’evasione fiscale andrà al lavoro, all’impresa che investe, al welfare. Una chiara e più coraggiosa politica fiscale che sposti il carico sull’evasione, sulle rendite e sulle maggiori ricchezze a favore del lavoro, degli investimenti che generano lavoro».  «La nostra idea fondamentale è questa: produrre oggi  più uguaglianza significa produrre una ricetta economica».
Restano alcuni dubbi: come possa un partito libero e senza padroni considerare opportuno un contributo elettorale di 100 mila euro da un padrone vero come Emilio Riva dell’Ilva di Taranto. Come possa un partito che crede nella pace rifinanziare continuamente le missioni militari all’estero dell’esercito italiano, e permettere al governo che si sostiene la spesa di miliardi di euro per l’acquisto di cacciabombardieri. E se davvero il lavoro è l’obiettivo, come e perché si sia deciso di affossare l’articolo 18.
Se i mercati non sono i padroni, perché non si è andati ad elezioni dopo le dimissioni di Berlusconi? E perché appena lo spread tocca quota 500 risiamo tutti qui a parlare di manovre, che poi tassano sempre i soliti?
Se non siamo figli di un Dio minore, perché nel giro di un anno proprio Bersani che considerava il fiscal compact una follia ha poi cambiato idea e l’ha votato, inserendolo addirittura nella Costituzione?
E perché, se parliamo di Fiat, il Pd non ha mai appoggiato alcun referendum né sciopero né iniziativa legale della Fiom? E come mai, se l’idea fondamentale del Pd è l’uguaglianza, il Pd sostiene un governo che le disuguaglianze non ha fatto altro che aumentarle con provvedimenti classisti?
E infine, anche volendo pensare al 2013 dimenticando il presente, come si pensa di tramutare in azione di governo tutte queste belle parole insieme ad un partito – l’Udc – che sostiene coerentemente l’esatto contrario?

Nessun commento: