sabato 22 settembre 2012

Marchionne va a battere cassa da Monti. Gallino: “Finalmente si scopre la sua fuffa”


Marchionne va a battere cassa da Monti<br /> Gallino: “Finalmente si scopre la sua fuffa”
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“Marchionne pensa di imboccare una strada troppo facile”. Luciano Gallino, sociologo tra i più autorevoli in Italia, commenta così la nemesi di Sergio Marchionne. Da imprenditore sciolto da ogni laccio e lacciuolo, al solito manager che va a chiedere assistenza allo stato italiano.
Professore, oggi Marchionne incontra Monti. Probabilmente chiederà aiuto al governo.
Dare soldi, detassare l’auto, non è la soluzione. Questo potrebbe aiutare la produzione automobilistica per qualche tempo. Non risolve problema di fondo. La Fiat non fa più investimenti in ricerca e sviluppo. Gli investimenti che hanno portato la Volkswagen a essere il primo produttore mondiale di automobili.
Marchionne dice che non investe perché la domanda di auto in Europa è calata a picco.
Questa idea contraddice qualsiasi elementare buonsenso. Basta vedere a cosa stanno facendo i suoi concorrenti. I nuovi modelli si fanno per stimolare il consumatore. Non per assecondarlo.
Si è scoperto che il progetto di investimenti Fabbrica Italia non c’è più. Sulla base di quel piano Marchionne ha chiesto e ottenuto una riduzione delle garanzie dei lavoratori. Siamo stati truffati?
Truffa è un termine un po’ pesante. Sicuramente è stato chiesto un allineamento verso il basso delle relazioni industriali, sul modello americano (che, a mio parere, incide sulla produttività solo in minima parte). A me sembra che il gioco di Marchionne sia stato quello di alzare troppo il tiro per poi poter dire: “Voi non mi date quello che chiedo, allora lascio l’Italia”. È molto difficile trovare un nesso tra le sue richieste sul lavoro e la produttività.
Il problema è che quelle richieste sono state soddisfatte.
Infatti non abbiamo né investimenti né le stesse garanzie del lavoro.
Per alcuni commentatori italiani, Marchionne è stato una sorta di uomo nuovo. Il manager italiano che finalmente fa capitalismo mettendoci il capitale. Ora, invece, siamo alle solite. La Fiat chiede aiuto allo stato.
Mi permetto di dire che le cose sono drasticamente mutate in peggio. Nei vent’anni della ricostruzione in Italia ci furono aziende fortemente innovatrici che non chiesero proprio nessun aiuto allo stato. Pensi alla Piaggio che inventa la Vespa. Una delle più grandi innovazioni economiche, industriali e sociali del secondo novecento. Il tutto senza, o solo con un minimo aiuto dello stato.
È peggiorata anche la classe dirigente industriale?
Sì. In Italia ci sono stati degli imprenditori capaci, innovativi, che sapevano rischiare e inventare cose nuove. Anche nel settore pubblico. Ci sono stati dei grandissimi dirigenti. Penso a Oscar Sinigaglia che ha creato l’industria dell’acciaio. Poi c’è stata una cesura. I capitalisti italiani sono diventati dei nipoti che non sanno più fare il mestiere dei nonni.
Marchionne si presenta come l’uomo che il suo mestiere lo sa fare fin troppo bene…
Secondo me, il piano Fabbrica Italia non è mai esistito. Così come è stato presentato manca di un pezzo fondamentale. Non dice come viene prodotta l’auto? Gli stabilimenti italiani si occupano della lavorazione finale. E il restante 80% dove si fa? Non c’era scritto. Da qui si poteva capire che era tutta fuffa.
Perché nessuno se ne è accorto?
Molti di quelli che scrivono di automobili non sono mai entrati in uno stabilimento. Non sanno niente.
I sindacalisti però sì. A eccezione della Fiom, nessuno ha avuto da ridire. Secondo lei, Cgil Cisl e Uil dovrebbero chiedere scusa alla Fiom?
È un po’ forte, come espressione. Credo che anche i sindacati pro azienda abbiano agito pensando di fare gli interessi dei lavoratori. Si sono sbagliati. Ma credo che fossero in buona fede.

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