venerdì 11 ottobre 2013

Su grillismo e sinistra: una risposta a Matteo Pucciarelli di Giuliano Santoro, Micromega


Qualche giorno fa ho provato a ragionare sul l'atteggiamento "Né di destra né di sinistra" dei deputati del Movimento 5 Stelle. Nello specifico, ho utilizzato uno dei post quotidiani di Alessandro Di Battista per tentare di decostruirlo. Mia intenzione era spiegare in che modo, oltre la cortina fumogena di dichiarazioni retoriche ed emotive, il fervente parlamentare pentastellato commentando la tragedia migrante di Lampedusa non stesse sostenendo nulla di innovativo, non stesse proponendo di allargare la sfera dei diritti e delle libertà, ma si fosse limitato a dire quello da trent'anni a questa parte dicono i politici non-di-sinistra (per definirli con una litote): "Aiutiamoli a casa loro, qui non c'è lavoro". 
Il nodo politico che Di Battista non coglie(va) è questo: le centinaia di vittime nel mare di Lampedusa non sono morte perché migravano ma perché altri volevano impedire loro di farlo. Non è un cavillo: si tratta di individuare la giusta relazione causa-effetto. Uomini donne e bambini sono morti a causa delle leggi, italiane ed europee, che recintano la Fortezza Europa. Per questo si trattava di chiedere l'abrogazione della Bossi-Fini e reclamare l'apertura di un canale umanitario lungo il Mediterraneo, come fa un appello che circola da giorni. Quando Di Battista ha precisato la sua posizione, pur senza nominare la legge sull'immigrazione o le iniziative di movimento di cui sopra, ne ho preso atto e ho rivendicato il successo della massa critica che si era raccolta attorno a quell'articolo.

Pensare in grande (e complesso). La cosa ha creato un qualche dibattito. Matteo Pucciarelli ne approfitta per polemizzare amichevolmente. È un'ottima occasione per continuare una discussione che, a spizzichi e bocconi, portiamo avanti da qualche mese.

Matteo sostiene che i grillini, che non vogliono essere definiti "di sinistra" e che vanno dicendo da mesi che "le idee buone non hanno colore politico", siano sostanzialmente "di sinistra" a loro insaputa. "Qualsiasi deputato del M5S al momento è meno dannoso di un collega del Pd - scrive Matteo - Su praticamente ogni questione – economia, diritti civili, guerra, Costituzione, grandi opere – le posizioni degli eletti 5S sono almeno in parte condivisibili se viste da sinistra".

Potrei dilungarmi a proposito dei modi con cui il M5s agita le questioni di cui sopra in maniera spesso ambigua o citare i casi in cui i grillini hanno assunto posizioni di destra. Non lo faccio perché dobbiamo cominciare a immaginare scenari più complessi e meno ragionieristici. Non si tratta di compilare liste della spesa, di agire misurando col bilancino se il M5s è più meno peggio del Pd su questa o quella questione. Sarebbe un atteggiamento di piccolo cabotaggio, minimalista (poco di sinistra!), improduttivo dal punto di vista analitico e politico e soprattutto noiosissimo. Una discussione non è una partita di ping pong. I programmi non sono album di figurine ("Tav Celo/ Migranti Manca"). Se fosse così, caro Matteo, sarebbe sufficiente leggere la brochure di una forza politica per analizzarne vizi e virtù. Troppo semplicistico, non trovi? La realtà, la politica e le analisi necessarie sono molto più articolate.

Basta il programma? Le soggettività non si costruiscono a colpi di temi e liste della spesa. Quando parliamo di "politica" abbiamo a che fare anche con il linguaggio che si utilizza, con le forme organizzative che si mettono in piedi, con i blocchi sociali che si intendono costruire. Il cosa e il come sono intrecciati, si influenzano a vicenda. Il metodo ha a che fare col merito. Il contenitore plasma il contenuto. E se uno utilizza linguaggi televisivi e semplicistici trasformando la Rete in una specie di Rete4 2.0, costruisce una macchina organizzativa privatistica e totalitaria, agita la società come se fosse un tutt'uno che deve espellere pochi parassiti (gli italiani vessati contro le fantomatiche Kaste), se anche dicesse cose giuste lo farebbe per traslocarle da un'altra parte che di sicuro hanno a poco a che fare con "la sinistra".

Se riconosciamo l'essere di sinistra come la capacità di riconoscere che la società è attraversata da conflitti che continuamente ridefiniscono i rapporti di forza, la distribuzione delle ricchezze e la relazione di potere, capiremo che nella visione dei grillini di sinistra c'è poco o niente. Le linee di conflitto, nella loro visione del mondo, passano sempre per questioni moralistiche o ideali, che tengono insieme padroni e lavoratori, ricchi e poveri, comici milionari e fan, manager capelluti e dipendenti inconsapevoli della loro azienda. Per questo dicono di aspirare alla maggioranza assoluta e non fanno alleanze con nessuno. Al contrario, perseguono davvero solo le battaglie di cui percepiscono l'esclusiva. Tanto che Grillo dice che il reddito di cittadinanza l'hanno scoperto loro!

Liberazione senza Resistenza. Vedi, Matteo, la nostra generazione è stata segnata dalla sciagura del berlusconismo. Mi sono affacciato alle cose della politica quando Berlusconi e i suoi scaldavano i muscoli e si preparavano a scendere in campo. La fine travagliata di quel ventennio e l’inizio affannato di un’altra coincidono con la crisi economica e con quella delle istituzioni della rappresentanza politica. La cosa drammatica è che alla liberazione da Berlusconi, al suo lungo addio dalla politica italiana, non è conseguenza di nessuna resistenza. O meglio, ci sono stati tantissimi movimenti dal basso, tantissime resistenze. Ma sono state brutalmente respinte dai palazzi del potere. Hanno trovato un muro di gomma fatto anche di torture e arresti. È successo nelle giornate di Genova, nel luglio del 2001. Ed è successo, potenza dei simboli, nel dicembre del 2010 mentre si consumava l'ultimo atto dell'ultimo governo di Citizen BerlusKane: lui poneva la questione di fiducia sulla nefasta riforma Gelmini e il governo tirava a campare qualche altro mese grazie alla compravendita di qualche deputato e alla fretta di Napolitano perché il provvedimento venisse accolto, mentre fuori si consumava una battaglia disperata e sacrosanta.

Purtroppo, non sono quei movimenti ad aver mandato a casa il berlusconismo. Il passaggio storico che tanti attendevano corrisponde solo alla consumazione fisica del corpo del Capo: la fine naturale del ciclo vitale dell’imbonitore sta incrinando la sua capacità di essere protagonista dell’immaginario italiano, mescolando abilmente vita privata e apparizioni pubbliche e mettere sullo stesso piano politica e spettacolo.

Bipolarismo mediatico. La maggioranza degli italiani aderisce a due narrazioni consolatorie e complementari. Da una parte i fan dello showman Berlusconi, quelli che credono al “nuovo miracolo italiano” che il loro leader promette ancora di realizzare. Dall’altra gli allievi di Montanelli (la voce della destra borghese italiana) quelli che lo considerano in maniera ridutttiva, che pensano che Berlusconi non sia la voce di qualcosa di più ampio, che sia solo un corrotto di cui liberarsi con l’intervento provvidenziale dei giustizieri della magistratura. E che considerano l'"onestà" e le questioni morali come unica discriminante, ignorando bellamente quanto l'egemonia berlusconiana abbia scavato a fondo l'antropologia degli italiani. Anzi, è il caso dei grillini, utilizzano quell'egemonia né di destra né di sinistra per costruire una nuova forma di opposizione, basata sulla delega, sul movimento-azienda che sostituisce il partito-azienda, sulla semplificazione-spot. Può darsi che, nell'assecondare l'emotività popolare in tempi di crisi, così facendo conquistino i consensi di persone in ottima fede o che dicano anche cose che possono sembrare di sinistra, ma questa è una aggravante. Perché dove porti l'assopimento della politica-spettacolo e del plebiscitarismo (si vota, magari anche online, e poi basta) non ci può essere nulla di sinistra. Stanno usando questioni faticosamente costruite negli anni per condurle da tutt'altra parte. Hanno preso milioni di voti ma stanno facendo il deserto: la loro democrazia diretta è invisibile e deresponsabilizzante, assente dalle piazze che si riempiono solo per i comizi-show del Capo. C'è solo su Facebook, nelle immagini-meme che si condividono senza sforzo alcuno e spesso con risultati demenziali, come dimostrano i compagni di "Siamo La Gente".

È chiaro che la battaglia è aperta. Il fenomeno del grillismo ha molti elementi di fragilità e tante contraddizioni. Ma è rassicurante quanto inutile pensare che basta che qualcuno cominci a dire cose di sinistra-sinistra per riconquistare il consenso finito in mano a Grillo e Casaleggio. Purtroppo non è così, perché non si tratta solo di agitare temi ma di mettere in discussione forme di vita e modelli culturali. Di reinventare la politica facendo i conti con la cultura profonda di questo paese, non limitandosi ad agire in superficie. Matteo chiude il suo articolo scrivendomi con un certo rimpianto: "I Di Battista potevamo essere 'io' e 'te', caro Giuliano". Ma a noi, caro Matteo, non dovrebbe interessare essere un Di Battista qualunque: insieme alle tantissime persone che non accettano scorciatoie e che non guardano alla politica come un reality show, dobbiamo metterci alla ricerca di un'altra forma della politica e della vita in comune, unica alternativa al falso bipolarismo tra berlusconismo e grillismo. È una sfida enorme, ma non abbiamo scelta e non possiamo permetterci di cercare soluzioni semplicistiche e raffazzonate.

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