domenica 10 febbraio 2013

Mps, ma le banche italiane non erano immuni dai titoli tossici? Dopo il voto nodi al pettine. Il punto. di Fabio Sebastiani


''Bombe ad orologeria''. Così vengono definite negli ambienti che più da vicino seguono le questioni della finanza speculativa, le indagini sui derivati, le agenzie di rating e le banche italiane. Ormai la vicenda Mps si sta rivelando sempre di più un pozzo senza fondo. Silvio Berlusconi, giusto per preparare la linea di difesa ha detto: "Ne vedremo delle belle". C'è da credergli: stavolta non fa teatrino. Dentro ci sono praticamente tutti: dal Pd a pezzi del Pdl, passando per il Vaticano e alcuni esponenti della massoneria. Intanto, il Tar del Lazio, dopo l’esposto di Codacons e Federconsumatori ha chiesto al governo tutta la documentazione sui Monti-bond; e la Corte dei conti ha invitato tutte le amministrazioni locali a chiudere i contratti sui titoli tossici per manifesta eccessiva onerosità.
Subito dopo l’esplosione della crisi dei subprime, qualcuno si era affrettato a dire che le banche italiane erano al riparo dal virus. Evidentemente non è così. Fumo negli occhi per coprire le trame che intanto si andavano sviluppando? Il nodo di tutta la vicenda si conferma ancora di più politico-finanziario-istituzionale, visto che più di un filo passa per l’attività di vigilanza di Bankitalia.
Molte, tra le piu' importanti azioni legali contro agenzie di rating e banche partono da una piccola provincia del Sud d'Italia. Dietro c’è il pm Michele Ruggiero, che Elio Lannutti (Adusbef, senatore dell’Idv) definisce' “l'unico che si oppone al tentativo di insabbiamento". Insabbiamento sembra a questo punto un pericolo reale. Anche perché la mole degli interessi che insistono sulla vicenda Mps-derivati-Bankitalia è davvero troppo. dello scandalo MPS, il cui crack "lo si deve a ragion di stato e ambizioni di Draghi". “Una banca e' stata pagata tre miliardi in piu' – dice Lannutti -. Si dice che sono stati fatti rientrare capitali scudati, che ci sia di mezzo lo Ior e che ci siano state tangenti", ma ciononostante non ci sono intercettazioni a disposizione”. Già perché, visto che i segnali c’erano eccome?"Abbiamo le intercettazioni telefoniche anche sui piccoli procedimenti e come mai su uno scandalo cosi' devastante come questo del Monte Paschi non ci sono intercettazioni? Se non ci fosse stata la puntata di Report non ne avremmo forse mai saputo nulla", sottolinea Lannutti, sentito su questo dal sito on line ‘Wall street Italia’. Il senatore dell’Idv si spinge oltre, indicando la presenza di "tutti gli estremi" per incriminare Giuseppe Vegas, presidente della Consob che ad agosto 2011 se ne lavo' le mani nonostante avesse ricevuto un esposto segreto ed estremamente dettagliato di una gola profonda intestina a MPS. "Tutte le indagini sulla posizione di Antonveneta portano a una omessa vigilanza di Draghi (che si è recentemente autoassolto, ndr) e Tarantola” – continua Lannutti - e Bankitalia in generale. "I subprime erano gia' scoppiati. Quando Mussari (ad di MPS) voleva acquistare Antonveneta, Bankitalia aveva il dovere di non autorizzare l'operazione onerosa. Un nulla osta che portera' quella banca al crack" prevedibile, appunto per via del contesto economico sfavorevole”. Perche' allora Draghi non ha voluto mettere i bastoni tra le ruote ai vertici di MPS? Secondo il leader dell'associazione a tutela dei consumatori non ha fatto nulla per non ledere altri e per la sua ambizione a diventare presidente della Bce. "Un crack di 15,4 miliardi di valore distrutto lo si deve alle ambizioni personali di Draghi e alla ragion di stato". Legata a doppio filo con questo filone c’è la vicenda dei derivati e delle agenzie di rating. C’è un pool di magistrati di una procura piccola, quella di Trani, che da mesi sta cercando di aprire le cassforti giuste. Forse potrebbe essere quello l’avanposto da cui si può riuscire a scongiurare l’insabbiamento. I magistrati di Trani sono partiti qualche anno fa da ‘titoli tossici’ venduti dalle filiali di cinque banche (Mps, Bnl, Unicredit, Intesa San Paolo e Credem) a numerose aziende del nord barese.
Il maggior numero di sottoscrizioni risale al 2008-2010 quando le imprese, schiacciate dai primi segnali di crisi, si erano rivolte agli istituti di credito per avere un mutuo. Il prestito fu concesso, ma solo dopo la sottoscrizione del derivato che fu presentato come un'operazione che avrebbe protetto le aziende dal rialzo dei tassi. Dalle indagini dei pm Antonio Savasta e Michele Ruggiero e' emersa invece la nocivita' dei derivati e per questo ad almeno una sessantina di indagati, quasi tutti dipendenti di filiali del nord barese, vengono contestati i reati di truffa pluriaggravata ed usura. Tra i sottoscrittori ci sono anche enti locali, come il Comune di Molfetta, che era tra i piu' esposti e che, con una transazione, e' riuscito a liberarsi dei titoli-spazzatura. Ma non è finita, perché se le indagini sui derivati, dopo oltre un anno di accertamenti, sono in dirittura d'arrivo, procedono speditamente quelle sulla manipolazione del tasso Euribor. In questa seconda inchiesta sono indagati sette traders che hanno operato nella city londinese e sono in corso accertamenti sui loro diretti superiori: i general manager di Barclays, Deutsche Bank, Hsbc, Rbs e Soci‚t‚ General, banche presso le quali lavoravano all'epoca dei fatti i traders.
Proprio per raccogliere elementi di prova sulla presunta manipolazione dell'Euribor, e qui i filoni si congiungono, il pm Ruggiero ha convocato a Trani, per essere ascoltato come testimone, il capo della tesoreria accentrata di Mps, Paolo Bosio. Audizione questa che segue quella del responsabile della tesoreria di Intesa San Paolo, Giuseppe Attana', ascoltato come persona informata dei fatti pochi giorni fa, e l'acquisizione di atti presso la Consob delle scorse settimane. Poi sara' proposta una rogatoria per ascoltare a Londra gli indagati.
Ma il via vai di militari della Gdf nella procura di Trani fa capire che l'attenzione delle ultime ore e' tutta per i derivati. Secondo l'accusa, in tutti i casi si tratta di operazioni di speculazione basate su ipotesi irrealizzabili. Di fatto ai risparmiatori e alle imprese che chiedevano un mutuo veniva imposta la sottoscrizione del derivato. Al momento della firma il derivato veniva prospettato come un investimento che avrebbe garantito ai sottoscrittori un riparo in caso di impennata del tasso variabile del mutuo. In realta' si scommetteva su una clamorosa quando irrealizzabile fluttuazione del tasso di interesse nell'area Euro. La perdita - hanno svelato le indagini - era sicura perche' cio' prevedeva la struttura del 'titolo': dopo un rendimento positivo nei primi due anni (quando il derivato era quasi sempre ancora in mano alla banca) il titolo cominciava a perdere e veniva ceduto alla clientela. Questa si trovava a pagare oltre alla rata del mutuo, la perdita del derivato e le spese bancarie delle operazioni, quindi un tasso di interesse ritenuto usurario. Finché questo accade alla clientela ordinaria c’è solo da supporre ingenuità e scarsa dimestichezza con le complesse formule dei rendimenti dei derivati; ma quando, come nel caso Mps, il cliente è a sua volta una banca cosa bisogna pensare? E’ evidente che in tutta questa vicenda c’è un tasso di complicità del sistema che va oltre ogni ragionevole dubbio.
Ma non ci sono solo derivati ed Euribor nelle indagini della procura tranese. I pm Savasta e Ruggiero indagano per truffa anche sui bond. Secondo l'accusa, le banche, attraverso i propri dipendenti ora indagati, hanno venduto i bond ai risparmiatori che volevano fare investimenti affermando che le obbligazioni avevano rendimenti appetibili e nascondendo, invece, che gli
stessi erano gia' in perdita e per questo non erano vendibili.
Perché è importante l’azione della procura di Trani? Semplice, perché potrebbero essere loro, in base al nuovo codice di procedura, ad avere il diritto di seguire una eventuale megainchiesta sull’intreccio tra banche e derivati. La competenza territoriale e' infatti attribuita all'ufficio di prima iscrizione della notifica di reato. Se c'e' un conflitto di attribuzione tra procure, prevale chi ha iscritto per prima il reato. Nel caso delle agenzie di rating, tutte le procure erano pronte ad intervenire. Ma in tutti gli altri evidentemente c'era qualcosa - o qualcuno - che teneva loro legate le mani.

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