L’operazione Ansaldo Energia va studiata da vicino,
perché se ci si fermasse agli astrusi comunicati di Finmeccanica e del
Fondo Strategico Italiano (Fsi) la cosa resterebbe avvolta nel più
fitto mistero. Fsi, che è una società controllata dalla Cassa Depositi e
Prestiti (Cdp), a sua volta controllata dal ministero dell’Economia, ha comprato il 100 per cento di Ansaldo Energia,
di cui da tempo Finmeccanica (pubblica) voleva sbarazzarsi per fare un
po’ di cassa e ridurre l’indebitamento. In questa strana rinazionalizzazione non un solo euro verrà destinato allo sviluppo di Ansaldo Energia, destinata ad essere al più presto rivenduta.
Ma il punto più doloroso è un altro. Due anni fa la Finmeccanica co-guidata da Pier Francesco Guarguaglini e Giuseppe Orsi
portò a termine una brillante operazione finanziaria: per pagare a
primavera 2011 agli azionisti un dividendo di 237 milioni di euro, a
dispetto delle condizioni già critiche del gruppo, fu svenduta in
quattro e quattr’otto al fondo americano First Reserve una quota del 45
per cento dell’Ansaldo Energia, per la cifra di 225 milioni. Bastava non
pagare il dividendo e tenersi l’Ansaldo Energia, direbbe l’anima
semplice.
Ma se si fosse fatto ciò che il buonsenso comanda non ci
sarebbero state le parcelle per gli studi legali, le consulenze per le
banche d’affari, e non si sarebbero fatte le acrobazie grazie alle
quali, incassando soli 225 milioni, si attribuì all’Ansaldo Energia un
valore d’impresa di 1, 2 miliardi di euro, con gli ovvi vantaggi di
imbellettamento del bilancio. Passati due anni e poco più, il capo di
First Reserve, che nonostante il nome esotico è l’italianissimo Francesco Giuliani,
ex manager di Finmeccanica e di General Electric, torna a Roma e
rivende il suo 45 per cento al Fondo strategico per 387 milioni, con una
plusvalenza del 72 per cento in due anni.
Un grande affare per il
fondo First Reserve, un disastro per gli interessi generali degli
italiani, che, attraverso lo Stato possiedono solo il 30 per cento di
Finmeccanica: quindi due anni fa, quando si vendette la quota di Ansaldo
Energia per pagare il dividendo di 237 milioni, lo Stato prese solo una
settantina di milioni; adesso che c’è da ricomprarsi Ansaldo Energia per salvare l’italianità dell’azienda, sono pubblici tutti i 387 milioni finiti nelle tasche del fondo First Reserve.
Desta una certa curiosità anche il fatto che il Fondo strategico italiano paghi 387 milioni per il 45 per cento del fondo First Reserve e la stessa cifra alla Finmeccanica per il 55 per cento.
Per la precisione la Finmeccanica prende un po’ meno, visto che adesso
cede solo un 39 e rotti per cento delle azioni, mentre il restante 15
per cento passerà di mano nei prossimi anni, quindi con pagamento
differito che in termini finanziari comporta un costo per il venditore.
Poi c’è un altro meccanismo, chiamato in inglese earn out, che
secondo Finmeccanica e Fondo strategico italiano gli italiani (che ci
stanno mettendo i soldi) non hanno diritto di sapere che cos’è.
In
pratica la Finmeccanica si vedrà riconosciuto un premio fino a 130
milioni di euro relativo ai risultati economici di Ansaldo Energia dei
prossimi tre anni. Se andrà tutto molto bene, Finmeccanica incasserà
tutti i 130 milioni, ma se le cose andassero male potrebbe anche non
incassare un solo euro, e si troverebbe ad aver venduto il suo 55 per
cento a meno di quanto il fondo americano ha incassato per il 45 per
cento. Il mistero è presto svelato: due anni fa gli
americani rappresentati da un italiano hanno ottenuto un diritto di
co-vendita: Finmeccanica non poteva vendere il suo 55 per cento senza
cedere anche il 45 per cento del fondo First Reserve.
Alla fine
dell’anno scorso, infatti, ci fu già un’offerta italiana coordinata dal
Fondo strategico per il 55 per cento di Ansaldo Energia, e Finmeccanica
dovette rispondere “no, grazie ” perché sennò il fondo First Reserve si
sarebbe arrabbiato. Insomma, per 225 milioni First Reserve si comprò
anche il diritto di incassare il premio di maggioranza nella futura
vendita. Come si è puntualmente verificato venerdì sera. Un grande affare all’italiana.
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