giovedì 9 luglio 2015

E il Titanic va di Alfredo Morganti




Bersani, in entrambi le interviste di oggi, lo ha detto e ripetuto: le élite sono sempre più distanti dalla gente normale. Credo sia assolutamente vero ed evidente a tutti. Si parla tanto di crisi della politica e se ne descrivono i caratteri da tempo: istituzioni democratiche che faticano a rappresentare i cittadini, fiducia a zero, partiti allo sbando, rigurgito di populismo, tecnocrazie e oligarchie al comando. Eppure pochi si soffermano con la dovuta enfasi su un dato sociale pesantissimo, per il quale esiste una quota molto consistente della società che non si ‘sente’ lontana dalla politica ma lo è obiettivamente, fattivamente. 
Io penso che la profonda crisi sociale oggi sia più forte della più visibile e mediatizzata crisi politica, che un pezzo consistente del pack artico, sempre più massiccio, si sia staccato dal resto e oggi se ne vada alla deriva come un iceberg di cui si conosce solo la punta emergente, con il possibile esito di creare effetti devastanti, stavolta sì, anche politici. La storia è ricolma di questi esempi.
Per di più quell’iceberg appare indecifrabile, non è univocamente classificabile, non è omogeneo (sarebbe strano che lo fosse) e non è facilmente governabile. Sappiamo solo che si compone di molte domande cadute nel vuoto, per prima quella di rappresentanza, alla quale si è risposto con una legge, l’Italicum, che la rappresentanza invece la ammazza. Una legge di cui gli stessi creatori oggi hanno un crescente timore, perché consentirebbe a quell’iceberg, comunque, di impattare sulla politica attraverso un ballottaggio con il M5S. Sarebbe un impatto devastante, un Titanic all’ennesima potenza. E non perché i grillini rappresentino chissà quale minaccia (oggi ci governa una classe dirigente contro cui bisognerebbe attivare una polizza vita), ma perché sarebbe la dimostrazione scientifica che la politica non conosce, né controlla, né governa quasi più nulla, né il popolo né le oligarchie finanziarie, e di iceberg galleggianti è ormai piena la società. E siccome essa nasce in origine per garantire una rappresentanza pubblica e un governo, immaginerete il disastro di un esito come quello adombrato.
Non è solo una frattura tra élite e gente normale, aggiungo io. Non è solo una coesione sociale che somiglia sempre più all’atomismo di monadi chiuse (individui o al massimo famiglie, l’unica forma associativa che riconoscono tutti). Ma è come se una specie di velo fosse caduto sulla formazione sociale, rendendola sempre più oscura e impenetrabile persino ai più sofisticati mezzi di analisi. La frattura è anche epistemologica, forse addirittura antropologica. La distanza crescente produce ignoranza reciproca tra due umanità che la crisi della politica e della democrazia rendono reciprocamente incomunicanti: le élite, le classi più agiate, le oligarchie, i circoli ristretti, la spuma del ceto medio-alto da una parte – una massa sempre più oscura e informe dall’altra, che si tenta di governare solo con il mercato e il consumo, le merci e i saldi di fine stagione, definendo profili che sono per lo più di consumatori e mai di cittadini. Identità commerciali nulla più.
Siamo, tutti noi, perfettamente definiti come acquirenti, entriamo negli open data e veniamo classificati a partire dalle card dei supermercati, ma nessuno sa nulla di noi riguardo alle nostre effettive speranze politiche, ai sogni, ai desiderata pubblici, così come alle angosce, ai timori, alle paure quotidiane. O meglio pensano di saperlo in base a qualche ricerca di mercato o campionaria. 
Così come pensavano di sapere tutto in merito alla navigazione del Titanic e alla sua rotta, solo perché si leggevano mappe marine e si usavano i sestanti. Poi, però, quella massa di ghiaccio indecifrabile, imprevedibile, oscura e abbagliante nello stesso tempo, si è staccata dal pack e, ancor prima di essere classificata, si è abbattuta sulla ‘nave va’che fu di Craxi, Berlusconi e oggi di Renzi, con pioggia finale di monetine o peggio (e forse anche stavolta). L’ottimismo della comunicazione affonda le navi. La ricerca del consenso per il consenso, invece, ne impedisce i soccorsi.

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