“Marchionne ci ha deluso, ha tradito le aspettative” dixit Renzi.
“Renzi è un piccolo Obama, governa una città piccola e povera”,
Marchionne dixit.
I motivi di questa tempesta in un bicchier di acqua dell’Arno ci
appassionano poco. Dobbiamo, tuttavia notare, la quantità, sulla qualità
sorvoliamo, di interventi a difesa di Renzi contro il signor Fiat che
avrebbe violato l’onore italico e oltraggiato una città ricca di storia e
di prestigio culturale.
Non vi è dubbio che Marchionne abbia sparato solenni cazzate, ma
tanta indignazione sarebbe stato bello registrarla quando Marchionne non
solo ha sparato altrettante cavolate, ma le ha anche fatte, registrando
vasti e calorosi consensi “senza se e senza ma”.
Dove stavano gli “indignati speciali” quando Marchionne annunciava un
Progetto inesistente? Soprattutto dove stavano quando la Fiom veniva
cacciata dalle fabbriche ed i suoi delegati indicati quasi al pubblico
ludibrio?
Dormivano, forse, quando Marchionne annunciava di non voler dar corso
alle sentenze che imponevano ed impongono il reintegro dei lavoratori
espulsi?
Coloro che oggi, anche legittimamente, sono impegnati a difendere
l’onore di Firenze, farebbero bene a spendere qualche parola, sia pure
fuori tempo massimo, anche per l’onore di quelle donne e quegli uomini
che sono già stati colpiti non dalle parole “irriguardose” di
Marchionne, ma, assai più dolorosamente, dalle azioni e dalle
rappresaglie del medesimo.
Si attendono sdegni postumi anche su questo, possibilmente “senza se e senza ma”.
Un ricatto politico, e cosa volete che sia
di Matteo Pucciarelli, Micromega
Le parole sono importanti, anche se nel moderno tempo del “liberi tutti” ogni castroneria fila liscia come l’olio e il senso delle nostre espressioni e dei nostri pensieri diventa una cosa da ridere. Pure quando ci sarebbe da piangere.Per questo motivo occorre riascoltarsi l’epica risposta di Matteo Renzi a Massimo Giannini su RepubblicaTv. Incalzato sul caso-Marchionne, il sindaco di Firenze ha ribadito che lui allora ai referendum avrebbe votato sì e che comunque alla fin fine l’ad Fiat ha preso in giro tutti. La cosa interessante e deprimente è nelle parole utilizzate: il referendum, ha detto, ha ammesso, aveva «alcuni profili oggettivamente di ricatto politico». Alcuni profili oggettivamente di ricatto politico. Andrebbe riascoltato in loop: alcuni profili oggettivamente di ricatto politico, all’infinito.
Ricatto politico, cosa volete che sia. Cose che capitano, no? Di
mezzo naturalmente c’è la vita, la pelle, di quei poveracci in catena di
montaggio. Tutta gente ormai sconosciuta al mondo della “sinistra”
ovviamente, e che un sindacalista come Giorgio Airaudo ha provato a raccontare.
Ma la questione è assai più profonda, e sottintende sul chi vogliamo
essere e su quali interessi vogliamo rappresentare. Se la maggioranza
degli italiani oggi sostiene la tesi del «destra e sinistra sono tutti
uguali, non esistono più» è perché quelli che oggi come ieri dicono di
rappresentare la “sinistra” – il nuovo Renzi, i vecchi Fassino, o
D’Alema, o sempre i soliti – ci hanno fatto credere e hanno continuato a
sostenere che anche noi potevamo e dovevamo chinare la testa davanti a
un ricatto di un industriale.
La cosa grave non è il fatto che Marchionne non abbia mantenuto la
promessa (non se lo aspettava nessuno in effetti…): è, piuttosto, che
oggi si ammetta – finalmente – che allora ricatto politico fu, e che
sempre allora un pezzo bello grosso di “sinistra” a quei ricatti si
piegò.
Allora chissà, forse un elettore di sinistra, un giorno, potrà
realizzare un piccolo e grande sogno: venire rappresentato da una classe
dirigente che davanti ai ricatti, invece che chinarsi ossequiosamente,
tiri fuori quella parola i nostri nonni ci hanno insegnato, per averla
praticata sul campo: “lotta”. A volte funziona. Anzi, funziona sempre.
PS. Qualcuno, anzi diversi, hanno criticato il mio post precedente
in cui un po’ “machiavellicamente” scrivevo che la vittoria di Renzi
potrebbe aprire prospettive nuove a sinistra. Ecco, è che semplicemente
pensare di “cambiare l’Italia” assieme a Fioroni e Letta a me pare un
po’ difficile, per così dire. Nessuna intenzione di tagliarsi gli
attributi per fare dispetto alla moglie, naturalmente. E neanche di fare
il “professorino come D’Alema” (chi critica, oltretutto, con D’Alema
sta costruendo l’ennesima alleanza di governo). Rimando perciò a questo dialogo, assai istruttivo.
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