di Paolo Ferrero -
Giovedì 21 gennaio, a Livorno, Rifondazione Comunista organizza un incontro pubblico dal titolo «La nostra storia e l’attualità del comunismo». L’occasione è ovviamente l’anniversario della fondazione del Partito Comunista e vorremmo commemorarlo degnamente a partire da una considerazione di fondo:
Il comunismo non è un reperto archeologico ma l’unica soluzione positiva alla crisi del capitalismo. La crisi che viviamo non è frutto si scarsità, come invece ci viene raccontato ogni giorno. La crisi è frutto di una grande sovrapproduzione di merci a cui non è possibile trovare uno sbocco che remuneri il capitale. Da qui il gonfiarsi della speculazione in cui vengono investiti i capitali eccedenti e che producono in continuazione bolle destinate ad esplodere. In questo modo, il capitalismo concentra la ricchezza e parallelamente distrugge capitale, cercando di recuperare — attraverso la produzione artificiale di una situazione di scarsità — i margini di profitto che desidera.
La crisi è una enorme distruzione di capitale e la guerra – sempre più presente — è il modo più rapido per farlo. Così come la guerra tra i poveri e il razzismo sono il modo più semplice per aumentare lo sfruttamento e ridurre il valore del lavoro. La crisi non distrugge solo capitale ma le condizioni di vita dell’umanità oltre che la natura.
Questa crisi mostra come il capitalismo, dopo aver prodotto una enorme ricchezza, nel tentativo di riprodurre un alto saggio del profitto, abbia imboccato la strada della barbarie, abbia completamente esaurito la sua spinta propulsiva. In altri termini, il capitalismo non è in grado di riprodursi nell’abbondanza.
Da questa crisi non se ne esce con le politiche neoliberiste ma nemmeno rilanciando semplicemente le politiche di sviluppo: esistono dei limiti ambientali che non permettono la ripresa di uno sviluppo quantitativo che ripeta quanto è accaduto nel secondo dopoguerra. L’unica uscita dalla crisi sta nella radicale redistribuzione del lavoro, nella socializzazione della ricchezza, nella costruzione di un potere di autogoverno diffuso contrapposto alla dittatura delle multinazionali, nella riconversione ambientale e sociale dell’economia e delle produzioni. L’unica via di uscita dalla crisi è il superamento del capitalismo, della logica del profitto, in senso egalitario, libertario e rispettoso dell’ambiente. Questo è quello che noi chiamiamo comunismo: cooperazione e non concorrenza.
Di questo discuteremo a Livorno con due consapevolezze. Innanzitutto che ci riconosciamo eredi della storia di quegli uomini e quelle donne che 95 anni fa si dotavano di un partito comunista per progettare l’assalto al cielo.
Ogni generazione lo fa in modo diverso e soprattutto cercando di imparare dagli errori propri e delle generazioni precedenti, ma quella è la nostra gente, la nostra storia, a cui non siamo disponibili a rinunciare. In secondo luogo consapevoli che oggi – anche in virtù degli errori da noi compiuti — non basta dire la parola comunista per rendere chiaro qual è il nostro obiettivo e la nostra ispirazione.
Per questo ci chiamiamo rifondazione e per questo, con tutte le donne e gli uomini che vogliono combattere il liberismo – che del capitalismo è il volto odierno –, vogliamo costruire un soggetto unitario e plurale della sinistra, per unire quello che il neoliberismo ha diviso.
Alla discussione, oltre agli storici Favilli e Liguori interverranno Lidia Menapace, Greco, Renda e i portavoce dei giovani comunisti Candeloro e Ferroni. L’incontro si terrà a Livorno, al Palazzo dei Portuali in via San Giovanni 13, alle 17 di giovedì 21 gennaio.
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