Siamo onesti: con Renzi il centrosinistra sbancherebbe. E benché il nostro abbia già un grande futuro alle sue spalle, rimane nondimeno in grado di accalappiare ragguardevole consenso. Il successo alla Festa Nazionale del Pd ne è la riprova ‒
e, in generale, basta anche soltanto un rapido sondaggio qua e là, tra
persone che si conoscono o s’incrociano, per vedere che sì, ‘purtroppo’
molti l’apprezzano e non pochi lo vorrebbero a Palazzo Chigi.
Dico ‘purtroppo’, perché ‒ non me ne vogliate ‒ ma il successo di Renzi è più che altro sintomo dell’inestirpabile infantilismo politico che rende gli elettori di questo paese (non tutti, per carità, ma comunque troppi) degli allocchi un poco fessi e facilmente adescabili, pronti ad abbracciare, non appena se ne dia l’opportunità, l’ennesima suggestione conformistica purché sia verniciata a nuovo.
Siamo seri: Renzi la Giovane Marmotta è in realtà un Gattopardo precoce: il vecchio che avanza
(o, se preferite, il suo eterno, immobile ritorno). Altro che ricambio
generazionale: sotto il pelo (che non perde ma infoltisce) c’è la solita
sbobba di sempre: un democristiano fintamente laico, quantomai proclive alle lusinghe dei poteri forti, assai volonteroso (secondo il peggior liberismo) quando si tratta di rivedere ‒ ovviamente: al ribasso ‒ i diritti dei lavoratori, mentre invece nicchia, farfugliando imbarazzanti slogan populistici, quando gli si chieda di tutelarli.
Vale anche per lui il programma del suo finanziatore, l’altrettanto rampante Davide Serra:
“Rendi licenziabili tutti quelli sopra i 40 anni. Così magari i giovani
avranno una possibilità: costano meno e, lavorando, un domani
potrebbero avere una pensione. Il mercato del lavoro è troppo rigido”.
Cioè: meno garanzie e meno diritti per ottimizzare i
profitti e rendere più ‘agile’ il mercato. Soluzione peraltro ovvia per
uno che, come l’Aspirante Renzi, ambisca a replicare Blair
il quale, tra i primi e più deprecabili alfieri della non-sinistra
travestita da sinistra, abolì alacremente anche la più minuta
sopravvivenza del fu glorioso welfare inglese e ‒ Kosovo tacendo ‒
operò affinché la Gran Bretagna s’impelagasse mani e piedi in due
conflitti dalle conseguenze nefande, prendendo parte alle rispettive
invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq volute da Bush, o meglio: dai
suoi criminosi manovratori.
Oltre a ciò, mettere in fila i ruzzoloni onanistico-propagandistici di Renzi La Qualunque è come sparare sulla Croce Rossa: dall’appoggio a Marchionne “senza se e senza ma” alla ‘merenda’ arcoriana con Berlusconi, per poi passare al tête-à-tête fiorentino con Briatore e chiudere (naturalmente al “top del top”) col Ponte Vecchio sprangato ai comuni mortali dacché ‘imprestato’ alle Ferrari in passerella. (Ah, dimenticavo l’elogio del merito pronunciato da Maria de Filippi, con conseguenti sfarzi fotografici su Chi dove l’ex-giovane, a dire il vero già un poco raggrinzito ‒ lo sguardo da sbruffone, tra l’arcigno e il navigato ‒ posa da Fonzie
fuori tempo massimo, insaccato nel suo bel giubbino in pelle lustra
mentre, novello Elvis-the-pelvis, arpiona coi pollici uncinati i
passanti inguinali delle brache. Tra il siparietto per dementi messo in scena da Amici e la susseguente investitura su rotocalco, veramente, c’è di che scompisciarsi o disperare. ‒ Non voterei Pd manco sotto tortura, ma vien da dire (all’apice dello scoramento): “aridatece D’Alema”! Preferisco pur sempre un rottame patetico rispetto a un rottamatore che pare già un ferro vecchio ancor prima di mettersi alla pressa) ‒.
In sintesi: altro che statista in fasce, Renzi è una specie di pigmeo della politica, il riciclato ‒ pericolosamente latente e perciò doppiamente retorico ‒ dei suoi presunti avversari di partito, quelli che a suo dire vorrebbero fargli le scarpe mentre ‒ guarda un po’ ‒ già l’hanno promosso a comandante in pectore col precipuo scopo di salvare se stessi (fateci caso: è la nuova strategia di Baffino, nonché la dimostrazione ‒ ce ne fosse mai stato bisogno ‒ che Renzi è perfettamente organico al partito che dice di voler riformare).
Proprio in questi giorni (con la dovuta disattenzione, com’è d’obbligo in questi casi) leggevo il suo ultimo libercolo, Oltre la rottamazione (edito da Mondadori, ci mancherebbe). Un sfilza di luoghi comuni raccapriccianti. Non un’idea, non un progetto politico. Direi che si tratta del monologo esteriore di un mediocre,
il quale può permettersi il lusso di non tenerselo per sé solo perché
la totale assenza di figure politiche di rilievo fa sì che egli stesso
possa fittiziamente emergere. È proprio vero che, “quando il sole della
cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti”.
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