di Carlo Clericetti, La Repubblica
Dall’inizio della crisi al 2014, chi ha fatto più riforme
nell’Eurozona? Ma quei pigracci dei greci, guarda un po’. E chi è al
secondo, terzo e quarto posto? Portogallo, Irlanda e Spagna.
Precisamente il drappello dei Pigs (porci), come li chiamano gentilmente
in Europa, mentre gli americani si sono inventati un acronimo meno
spregiativo, Gipsi (gipsy sono gli zingari). Lo dice l’Ocse, in una
tabella pubblicata nel rapporto annuale Going for growth. Ecco la tabella:
O meglio lo diceva. Perché la tabella è stata pubblicata nella prima
versione del rapporto, rilasciata il 9 febbraio, a pagina 111, come precisava su Forbes Steve Keen. Anche un’altra nota commentatrice, Frances Coppola, aveva pubblicato la stessa tabella.
Ma se andavate a cercarla ieri nel rapporto Ocse non la trovavate
più, era stata tolta. Abbiamo scritto all’Ocse chiedendo spiegazioni:
ancora non c’è stata risposta, ma oggi la tabella è riapparsa, a pagina
109. Non proprio uguale: con un titolo anodino, più piccola e molto meno
evidente. E allora, siccome a pensar male si fa peccato ma spesso ci si
azzecca, come diceva Giulio Andreotti, ci viene da pensar male. Ci
viene il sospetto, cioè, che quella tabella, utilizzata dai due
commentatori citati per esprimere l’opinione che le mitiche “riforme
strutturali” siano inutili per superare la crisi, se non addirittura
dannose, sia stata considerata inopportuna, specie in questo momento
cruciale della trattativa con la Grecia. E che quindi qualcuno abbia
spiegato all’Ocse che era meglio toglierla di mezzo, suggerimento che è
stato prontamente seguito. Poi però, rendendosi conto che c’era chi
l’aveva già vista, riprodotta e commentata, all’Ocse devono aver pensato
che la figuraccia sarebbe stata eccessiva e l’hanno rimessa, ma in tono
minore.
Anche il titolo dev’essere stato considerato imbarazzante: “Il frutto
delle riforme”. Se si considera l’attuale situazione della Grecia, non
si può non concludere che quel frutto è immangiabile. Che è quello che
sostengono Tsipras e Varoufakis, finora inutilmente, nel braccio di
ferro con i partner europei; o, per dirla più chiaramente, con i
tedeschi che continuano a bocciare ogni minima variazione del programma
imposto dalla Troika.
Forse i greci, che sono con le spalle al muro e rischiano di non
poter pagare stipendi e pensioni, finiranno per cedere sulla sostanza,
ottenendo magari solo qualche piccola concessione formale che permetta
al nuovo governo di non perdere completamente la faccia. Ma se andrà
così non sarà una buona notizia né per la Grecia né per l’Europa, perché
significherà che la politica reazionaria ed economicamente immotivata
seguita finora non cambierà affatto. E di questo dovranno assumersi la
responsabilità gli altri paesi europei, che hanno lasciato la piccola
Grecia da sola rinunciando all’occasione di imporre la discussione di
una svolta che sarebbe stata indispensabile per tutti.
PS: Mi scrive l'economista Sergio Cesaratto:
""Non è la prima volta che accade. Negli anni ´90 pubblicarono e
rapidamente ritirarono un rapporto che dimostrava che la flessibilità
non serviva. Due anni fa Ecofin ritirò per ripubblicarlo epurato un
rapporto in cui si dimostrava che l'austerità danenggiava il Pil".
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