Più che un soggetto sembra uno spazio politico, per ora. Uno «spazio pubblico» per «ripartire dalla Costituzione», per pensare negli stessi termini all’Europa che ha imposto il fiscal compact, per «promuovere un’altra idea di società, per discutere nei territori e tornare a Roma il 12 ottobre per una grande manifestazione dopo «un mese di discussione seria». Pce, lavoro, reddito, beni comuni. «Questo è l’inizio del nostro lavoro», ha detto Stefano Rodotà aprendo l’assemblea in corso a Roma nel centro congressi di Via dei Frentani.
Platea e galleria gremite già prima dell’ora dell’appuntamento. Molti cittadini, militanti storici e anche nomi noti della sinistra: Ferrero, Vendola ma pure Luca Casarini, oppure il direttore di Micromega Flores D’Arcais, solo per citare, da Corrado Oddi del comitato promotore dei referendum dell’acqua, fino a Guido Viale di Alba e Sandro Medici della rete delle città solidali. Età media, tuttavia, abbastanza alta.
«Molto difficile – ha detto Guido Viale – mettere insieme soggetti tanto diversi» perché sono quel 99% di esclusi dall’1% che spesso neanche sa di essere parte di quel 99%.
Flores chiederà chiarezza alla sala: dovrà essere la più grande manifestazione mai vista, dovrà chiudere un’epoca e aprirne un’altra altrimenti – anche se vincesse Renzi – sarà il prolungamento del ventennio berlusconiano. Il berlusconismo oltre B., la continuità delle politiche fino alla morte della politica è un tema trasversale a molti degli interventi forse meno chiaro a quelli delle sigle della galassia del centrosinistra che sono venute qui a lamentare i danni di mosse – come il patto di stabilità – perseguite e imposte proprio dagli eredi di Pci e Dc. «Anni di gelo costituzionale», li descrive Nanni Alleva, giuslavorista, che denuncia come il sindacato sia divenuto una «funzione dell’impresa». Si avvicendano sul palco un operaio di Pomigliano, il giurista “arancione” Alberto Lucarelli, un rappresentante della Rete della conoscenza, Ingroia.
Il dilemma è se tutto ciò serva a «consolare anime un po’ sperdute» oppure sia un’occasione da non perdere. «Chi non c’è – dirà Sandro Medici – rischia di fare da servente al pezzo dell’artiglieria sbagliata». Medici è tra coloro che auspicano che questo sia uno spazio per «i globuli rossi» sparsi in giro per l’Italia pensando a esperienze di mutualismo, autorganizzazione, autogestione che continuano a fiorire nonostante l’afasia della politica. «L’assemblea di oggi e la manifestazione convocata sono passaggi necessari», dice anche Paolo Ferrero, segretario del Prc, che coglie il rischio di un’uscita da destra dalla crisi se passasse l’idea che la democrazia è un lusso in condizioni del genere. «Se la politica è muta è perché il neoliberismo è diventato una religione», avverte Ferrero auspicando che nasca finalmente uno spazio pubblico della sinistra di cui i promotori di oggi (Rodotà, Landini, Zagrebelsky, Ciotti e Carlassare) siano garanti. «Non serve un nuovo partito e nemmeno un altro patto di vertice come Rivoluzione civile».
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