giovedì 10 settembre 2015

È Porta a Porta, bellezza di Micaela Bongi, Il Manifesto

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Non capi­sco, so’ alfa­beta». Vera Casa­mo­nica è vera e finta, c’è e ci fa, «scusi, mia zia non è andata a scuola molto…», la spal­leg­gia il nipote Vit­to­rino accanto a lei. «Lasci per­dere, è come se avesse preso cin­que lau­ree», lo liquida sor­nione Vespa. I gior­na­li­sti in stu­dio sono veri e auto­re­voli, il diret­tore del Mes­sag­gero Vir­man Cusenza e Fio­renza Sar­za­nini del Cor­riere della sera. Pro­vano a incal­zare, a con­trad­dire, Cusenza vor­rebbe anche ripor­tare la serata alla pro­messa del titolo, «Per­ché quel
fune­rale da padrino?», insomma «Bruno, stiamo par­lando di un cla­mo­roso nau­fra­gio di isti­tu­zioni…» di quella che «la Dia descrive come la fami­glia mala­vi­tosa più radi­cata nel Lazio, o i tele­spet­ta­tori non ci seguono più».
Invece seguono eccome: lo show dei Casa­mo­nica batte lo show di Renzi, dice l’Auditel. Per­ché la serata «fa noti­zia» fin dal lan­cio della pun­tata, con la figlia e il nipote del «boss» acco­mo­dati sulle pol­tron­cine bian­che della «terza camera», pro­prio i parenti pros­simi di Vit­to­rio, cele­brato in morte sulle note del Padrino. E Vespa è troppo abile e sma­gato per non sapere dove andrà a parare, furi­bonde pole­mi­che del giorno dopo comprese.
La con­fe­zione è impec­ca­bile, due gior­na­li­sti esperti a affian­care il con­dut­tore dell’ammiraglia, un caso che ha fatto cla­more anche sulla stampa inter­na­zio­nale. E due «pro­ta­go­ni­sti nega­tivi» con l’avvocato, a ren­dere conto del per­ché di quella parata che ha «oltrag­giato Roma», come ieri hanno ripe­tuto in tanti, ora sgo­menti per­ché Porta a Porta avrebbe som­mato oltraggio.
Oppure: Vespa ha fatto solo il suo mestiere di gior­na­li­sta? Per­ché c’è chi parla di «assenza di con­trad­dit­to­rio», quando lo stesso con­dut­tore fino all’ultimo con­fu­tava la favo­letta del «papa buono» e di quei fune­rali che «noi li fac­ciamo sem­pre così»? Per­ché ine­vi­ta­bil­mente la scena se l’è presa Vera Casa­mo­nica, con i suoi grandi orec­chini pen­denti e i lun­ghi capelli da «zin­gara». Sul suo per­so­nag­gio Vespa ha costruito la forza della tra­smis­sione, intorno a lei e alle sue due spalle, il nipote can­tau­tore e l’avvocato, ha mon­tato uno spet­ta­colo dai tempi per­fetti, risate comprese.
Il «con­trad­dit­to­rio» — quello sem­pre recla­mato nei talk foto­co­pia — ha ceduto il passo, per­ché un dibat­tito è plau­si­bile se gli inter­lo­cu­tori usano lo stesso linguaggio.
E’ stata una serata con­sa­crata all’informazione, all’inchiesta «vec­chio stile»? No. È Porta a Porta, bel­lezza. La cro­naca e la poli­tica, da Cogne al dramma dei pro­fu­ghi, da Mere­dith all’Imu, calati nell’intrattenimento tv a costo di esal­tare gli aspetti più rac­ca­pric­cianti in un caso, pro­pa­gan­di­stici nell’altro. Vere e finte, come Vera. E certo non con sguardo innocente.
Non è ser­vi­zio pub­blico? Lo è da anni, e non è inno­cente nem­meno chi adesso grida allo scan­dalo. Dopo i fune­rali «spe­gnere i riflet­tori sarebbe stato meglio», dice l’assessore alla lega­lità Sabella. Accen­derli prima sarebbe stato meglio ancora.

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