di Patrizia Colosio
- Hai sentito cosa sta succedendo all'Ikea?
- So che fanno sciopero dopo tanti anni... c'è in ballo qualcosa di grosso...
- Ma sai che distribuiscono i volantini ai clienti?
- E loro ?
- Non entrano e se ne vanno.
In questo dialogo sussurrato tra due cassiere Auchan c'è la sintesi perfetta di una vicenda inedita ed emblematica.
Ikea ha aperto i primi
negozi negozio in Italia 25 anni fa e la formula di mobili ed
oggettistica dal design moderno a low cost, nel rispetto dell'ambiente,
ha avuto un grande successo, tanto da portare ad un costante incremento
dei punti vendita.
L'Ikea style si basa su
"squadre" affiatate e accoglienti di professionisti pronte a risolvere i
bisogni di ogni cliente con cortesia ed efficacia. Frutto di una
politica aziendale rispettosa e sensibile anche nei confronti delle
esigenze personali delle/ dei propri dipendenti. In un ambiente in cui
tutti, dall'ultimo dei facchini allo Store Manager si danno del tu.
Ciò ha
contribuito a fare dei negozi Ikea un'oasi felice rispetto alla giungla
della grande distribuzione dove le condizioni di lavoro, sempre più dure e faticose, si ripercuotono inevitabilmente anche sulla relazione lavoratore-cliente.
Finché Il
6 giugno le organizzazioni sindacali indicono il primo sciopero dopo 25
anni; la multinazionale svedese ha infatti deciso di disdire il
contratto integrativo.
Sui social network in un primo tempo le reazioni sono state indispettite:
-Come, avete un lavoro e vi lamentate?
- Siete dei privilegiati e non vi accontentate!
Ma è veramente così?
Roberta ha 42 anni
lavora all'Ikea da quasi 20 anni, ha due figlie a carico e per questo ha
scelto un part-time a 30 ore. Ha deciso di lavorare 3 domeniche al mese
perché grazie alla maggiorazione domenicale del 130% (relativo ad uno dei contratti più vecchi) riesce ad arrivare a 1300 euro al mese.
Può trascorrere con le figlie solo un weekend ogni 4, ma in questo modo riesce a far quadrare i conti.
Sandra che ha un contratto più recente, avendo una maggiorazione domenicale inferiore, deve lavorarne 40 ore di ore per arrivare più o meno allo stesso stipendio.
Ma peggio di loro sono
messe Marta, Paola, Francesco, tutti sotto i 30 anni, che sono riusciti
ad avere un contratto part time a 24 ore e lavorando tutte le
domeniche, grazie alla maggiorazione, riescono ad arrivare a 700 euro
mensili.
Senza il contratto
integrativo la perdita netta per ciascuno sarebbe intorno ai 200 euro. E
dal 1 settembre scatteranno le decurtazioni.
L'azienda ha fatto una
proposta per "sanare le disuguaglianze", naturalmente al ribasso,
legando le percentuali della maggiorazione al numero delle domeniche
lavorate in una spirale infernale che costringerebbe le persone più deboli a lavorare sempre nei giorni festivi.
Ma di fronte
all'intransigenza della multinazionale le lavoratrici e i lavoratori
hanno deciso di proseguire la protesta con scioperi a sorpresa, a
singhiozzo, coniando slogan divertenti e dissacranti, coinvolgendo i
clienti e spiegando le loro ragioni con la consueta pazienza e
disponibilità.
Lo sciopero è iniziato sabato 1 agosto a Milano, Bologna, Genova, Napoli, Padova, Firenze, Brescia. È continuato
per tre giorni quasi ovunque, in alcuni casi, come a Genova andando
oltre le 24 ore di sciopero proclamate dai sindacati confederali
arrivando a 10 giorni.
Il 3 agosto si è fermato anche lo store di Torino. A Roma scioperi a sorpresa con blocco dello scarico o delle casse e cortei interni .
I lavoratori e le
lavoratrici e si sono concentrati fuori dai negozi in rumorosi presidi,
l'azienda ha provato a sostituirli con i lavoratori interinali chiamati
in queste settimane di agitazione sindacale.
Nello negozio napoletano di Afragola si sono svolti cortei interni e lunedì 3 agosto l'azienda è stata costretta alla chiusura anticipata alle 19.30 per la difficoltà a coprire le mansioni.
Assemblee si sono svolte anche in altri dei 21 negozi della penisola, e sono attese nuove mobilitazioni nei prossimi giorni.
Ma intanto un miracolo è già avvenuto:
in un paese come l 'Italia in cui chi sciopera di solito suscita le
ire di chi si trova a dover cambiare il proprio programma, i clienti
Ikea solidarizzano con chi sciopera e in molti casi, anziché entrare
nei negozi tenuti aperti dagli interinali e dai responsabili di
reparto, ri prendono la macchina e se ne tornano a casa.
Non solo: sulla pagina Facebook di Ikea Italia
le proteste si moltiplicano in modo esponenziale e se in un primo
tempo sono stati i dipendenti a lanciare lo slogan : - Se tagli il
personale perdi un cliente abituale - ora sono in tantissim* a
riprenderlo come un mantra.
Una rete di consapevolezza solidale che dimostra come le ricette ispirate al Jobs Act abbiano come unico scopo quello di immolare al profitto la vita delle persone.
L'esatto contrario del buen vivir.
I 6200 dipendenti dell'Ikea, le loro famiglie, le persone che hanno deciso di sostenere la loro lotta dimostrano altresì che nulla è ineluttabile e che lottare insieme crea dei legami, sprigiona una forza collettiva, trasmette un senso di comunità allargata che aiuta tutt* a stare meglio.
Un concetto fondamentale che ben riassume uno dei commenti su Facebook:
"Anche oggi arrivo all'Ikea per prendere due cazzate ma anche oggi vedo dei dipendenti che volantinano all'ingresso. Non c'è ressa né coda
e loro, sotto il sole, sono pochi. Prendo il volantino e ascolto le
parole del ragazzo: << Quarto giorno di sciopero...>>.
Penso un paio di secondi che sono venuta apposta per la seconda volta e che non potrò fare il lavoro che mi ero prefissata oggi se non entro...
Ma arrivo alla seconda rotonda prima dell'ingresso e me
ne vado via. E qui sento gli applausi ma soprattutto i GRAZIE di chi in
quel piccolo gesto ha visto una solidarietà è una
comprensione verso la propria lotta... Che sentirsi soli e non capiti
credo sia una delle cose peggiori! Nessun mobiletto vale questo.
#solidarietà "
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