sabato 9 maggio 2015

Roberto Saviano: "Gomorra è nelle liste di Vincenzo De Luca. La lotta alla mafia non è una priorità di Matteo Renzi"


SAVIANO



Roberto Saviano, cinque anni fa fu De Luca ad accusare Caldoro di avere in casa i casalesi. Ora i termini si sono ribaltati?
Le liste di De Luca non sono affatto liste con nomi nuovi e in nessun caso trasformano il modo di fare politica in Campania. Direi che ricalcano le solite vecchie logiche di clientele. E non c’è niente da fare. E' sempre stato questo e questo sarà: le liste si fanno su chi è in grado di portare pacchetti di voti.
Vedendo le liste elettorali a sostegno di De Luca, direi che il caso più imbarazzante è quello di Enrico Maria Natale. Che cosa rappresenta a Casal di Principe la sua famiglia?
È certamente quello di Natale il nome più eclatante perché la sua famiglia è stata più volte accusata di essere in continuità con la famiglia Schiavone. Negli anni Novanta hanno avuto un ruolo nel mondo dell’imprenditoria grigia. Questa candidatura a dimostrazione che De Luca non sta affatto cambiando il modo di fare politica in Campania.
E poi ci sono gli uomini di Cosentino che puntano sul centro-sinistra.
Gli uomini di Cosentino che puntano al centrosinistra per vendetta contro Caldoro ci sono sempre stati. Cosentino ha sempre considerato Caldoro uno dei responsabili della sua messa in crisi nel partito e quindi c’è sempre stato questo flusso apparentemente contrario a ogni logica. Nicola Turco ad esempio è un fedelissimo di Cosentino, ora sua moglie è candidata e ha dichiarato apertamente in un'intervista a Concita Sannino che "De Luca non è di sinistra, non ha nulla di sinistra…". E quindi ci sta bene. Pure la Criscuolo era legata a Cosentino e Scajola. Insomma c’è di tutto.
Insomma c’è di tutto.
Sì, pure Aveta, uno che si è sempre dichiarato neo-fascista.
Te lo chiedo senza tanti giri di parole: nelle liste del Pd e della coalizione che sostiene De Luca c’è Gomorra?
Ti rispondo senza giri di parole: assolutamente sì. Nel Pd e nelle liste c’è tutto il sistema di Gomorra, indipendentemente se ci sono o meno le volontà dei boss. Il Pd nel Sud Italia non ha avuto alcuna intenzione di interrompere una tradizione consolidata. E cioè alla politica ci si rivolge per ottenere diritti: il lavoro, un posto in ospedale… Il diritto non esiste. Il diritto si ottiene mediando: io ti do il voto, in cambio ricevo un diritto. Il politico non dà visioni, prospettive, percorsi, ma dà opportunità in cambio di consenso. E De Luca, in questo, è uno che ci sa fare. La politica dovrebbe essere tutt’altro. Dovrebbe ottenere consenso in cambio di trasformazioni complesse e complessive della società. Invece dando il proprio voto l'elettore rinuncia a chiedere progetto e trasformazione in cambio di una e una sola cosa.
Tu hai fatto un elenco di nomi e hai detto che il sistema Gomorra è anche nel centrosinistra. Significa, facendo il passaggio successivo, che non serve aspettare i processi per dire che con certe persone non si può neanche prendere il caffè al bar.
Al di là delle condanne e delle manette che sono altra cosa e mi interessa meno, non avendo mai avuto l’ossessione manettara di tanta parte del giornalismo italiano, lì si tratta proprio di opportunità politica. De Luca ha capito che per vincere deve portare clientele, attraverso persone modeste, senza visione e deve togliere le clientele a Caldoro. Ecco: la guerra che si stanno facendo Caldoro e De Luca è tutta qui, sulle clientele, ed è per questo che De Luca ha avuto bisogno di De Mita. Non c’è bisogno di andare in questura per dire che le persone di cui abbiamo parlato, a Casal di Principe e non solo, sono incandidabili se appartieni a un partito che dice, o meglio millanta, di trasformare. Non scherziamo. Ora: De Luca sa benissimo che sono impresentabili e forse, dopo questi articoli, farà la mossa di toglierne qualcuno ma non può fare a meno del voto di scambio.
Potremmo proseguire con altri nomi, come gli ex responsabili del governo Berlusconi a sostegno di De Luca: Iannaccone, Cesario o Pisacane che ha candidato la moglie. O l’ex mastelliano Barbato. Ma vorrei fare con te un ragionamento di fondo. Si può dire che siamo oltre il trasformismo? Qui stiamo di fronte a un blocco di potere e interessi che si lega allo schieramento finora alternativo, determinandone la mutazione genetica.
Secondo me la triste verità è che non si sposta nulla, resta tutto identico dove è sempre stato. Cambiano gli orientamenti ma tutto resta sempre lì, fermo, immobile. Il trasformismo nasce come una opportunità per chi fa politica, per fare cassa, ma non è solo un fatto economico. La tradizione meridionale, in questo senso, è tipica: il primo figlio fa il medico, quindi ha un ruolo importante; il secondo, che deve difendere gli affari di famiglia, fa l’avvocato; il più incapace il politico. È sempre stato così, nella tradizione meridionale. Ma il riciclo del ceto politico nasce non semplicemente dalla volontà delle persone, ma anche dalla volontà degli elettori. Può sembrare paradossale ma è così. L’elettore meridionale medio non ne vuole sapere di un politico nuovo che magari ha progetti e idee. Vuole il vecchio che gli garantisca il posto di lavoro, il posto alla nonna all’ospedale, la mensa, l’asilo, quello che ti dà di volta in volta il favore, in cambio del voto. Quindi l’elettorato non si fida del nuovo e preferisce il vecchio che vede come garanzia. Da qui nascono i nomi che abbiamo detto. Un vecchio arnese della politica garantisce favori più di un nuovo politico con idee e progetti che spesso nessuno gli farà realizzare.
E da qui l’allarme che lanciasti alle primarie.
Lanciai l’allarme perché sapevo che sarebbe successo questo. Dissi: non legittimate politici che hanno già in mente come vincere e come posizionarsi. E quindi l’invito a non votare era l’invito a non legittimare questo sistema. Le primarie non si sono svolte con una competizione su argomenti: tutti ci raccontavano la stessa storia, non era una questione di contenuti, erano solo una battaglia tra le fazioni e tra le clientele di uno e dell’altro.
Una volta il Pci era il partito della lotta alla mafia, il Pci di La Torre, il Pci che selezionava la propria classe dirigente prima che arrivasse la magistratura. Ora questo Pd cosa è?
Il Pd non sta facendo la battaglia promessa. Ha creduto che utilizzare le figure di Grasso o di Cantone fosse la garanzia di un’immagine diversa. Ed è questo che Renzi vuole: un’immagine diversa. Sicuramente c’è una parte di mondo del Pd in prima linea contro le mafie, ma questo governo ha fatto poco contro le mafie. In un certo senso si è trovato in una congiuntura anche positiva: non ci sono stragi o faide mafiose e quindi l’opinione pubblica non chiede a questo governo di rispondere con urgenza. Ma davvero non c’è stata una mossa vera per contrastare il riciclaggio, per contrastare la presenza endemica della mafia nelle banche o negli appalti. Questo Pd non ha un’anima che sente come una priorità l’antimafia. Ovviamente non mi sentirei di dire che stiamo parlando di collusioni come succedeva in Forza Italia, però da qui a considerarsi, appunto, un partito antimafia… ce ne passa. Anche la vicenda De Luca, lo dimostra.
Andiamo dritti alla narrazione renziana cui accennavi. Uno dei simboli è Cantone, magistrato di punta nelle inchieste sui casalesi, ora molto esposto col governo sulla terreno della lotta alla corruzione. Cantone da un lato e queste liste dall’altro. Come leggi questa fotografia?
Cantone aveva avuto un rapporto già con Enrico Letta poi con Renzi, quindi ha chiara la visione della situazione. La fotografia la spiego così: sembra esserci molta prudenza da parte del governo e da parte di Cantone, che è un amico, a prendere posizione. È come se tutti fossero in attesa di essere nel prossimo governo eletto dal popolo. Uso una metafora: oggi ci dobbiamo fare incudine e ci dobbiamo stare, domani quando saremo martello batteremo. Ho molto questa sensazione, si preferisce intervenire su De Gennaro, difendendolo, piuttosto che sulla vicenda Campania, che è un dramma incredibile. È come se ci fosse una specie di compromesso. In questo momento noi non possiamo agire perché il rischio di perdere e di farci male sarebbe troppo, quindi glissiamo e aspettiamo quando ci si darà il potere vero, con un governo eletto. Credo che Renzi speri in cuor suo che vinca Caldoro così da risolvergli il problema De Luca. Il grande rimosso del governo è il Sud Italia.
In conclusione: chi votare in Campania? Alle primarie dicesti: non partecipate. Lo dici anche oggi sperando che l’indignazione civica si esprima con l’astensionismo?
Non votare alle primarie aveva senso per mostrare che le primarie erano una competizione farlocca. Alle elezioni bisogna andare e prendere parte. Mi sento di dire che ognuno scelga nel migliore dei modi tra Cinque Stelle, Sel, Pd, Caldoro. Ormai la Campania è in una situazione drammatica. Si sta anche spostando l’attenzione mediatica e la narrazione che sta vincendo è quella cui ha contribuito anche De Magistris: chi racconta le cose sta in qualche modo diffamando e si deve parlare solo di cose belle, come il Maschio Angioino, la musica, l’arte. Ma queste bellezze non sono merito del sindaco, non sono merito di coloro che mi spingono a celebrarle. Ecco, anche questa narrazione ha contribuito a costruire la classe dirigente che strozza Napoli e la città è affogata tra l’estremismo di una minoranza ricca che almanacca su impossibili rivoluzioni e palingenesi e una piccola borghesia spesso compromessa e corrotta. In mezzo la parte maggiore onesta e assediata che un po' spera un po' subisce, un po' sta a guardare per capire se vince il toro o il torero. Penso che l’unico che potrebbe oggi descrivere la situazione se ne è andato qualche tempo fa e mi manca molto: Franco Rosi.

Liste De Luca, nel Pd è l'ora della rivolta dei sotto scorta: "Ha ragione Saviano. Matteo, perché su Gomorra non parli?"

RENZI


“È già troppo tardi ma Renzi non può non parlare. Deve dire qualcosa. La forza del Male è ancora presente, come dice Saviano nelle liste a sostegno di De Luca c'è il sistema di Gomorra”. Benedetto Zoccola è vicesindaco a Mondragone, del Pd. E vive sotto scorta. Legge e rilegge le parole che Roberto Saviano ha consegnato all’HuffPost, con la sua intervista: “Ha ragione – ripete – certo che ha ragione Saviano. Ha centrato il punto dell’inquinamento delle liste. E qui non vale il discorso: gli impresentabili sono nelle liste alleate, quindi la responsabilità non è nel Pd”.
A Benedetto Zoccola, due anni fa fu messa una bomba carta davanti alla sua abitazione, dopo essere stato più volte minacciato e pestato a sangue. Da allora ha perso l’udito a un orecchio e vive sotto scorta. Tutto è cominciato quando ha deciso di denunciare gli estorsori della sua famiglia. Due anni fa era un grande sostenitore di Matteo Renzi. Ora all’HuffPost dice: “Vorrei approfittare del vostro giornale per rivolgere un appello al presidente del Consiglio: è già troppo tardi, perché le liste sono state fatte. Ma, presidente, parli, intervenga, non permetta che la Campania venga lasciata a se stessa. Noi, il Pd, non possiamo predicare bene e razzolare male. E dobbiamo impedire che il consiglio regionale sia invaso da Gomorra. Ora dobbiamo fare in modo che vengano elette le persone perbene”. In queste ore, lo spin renziano consiste nel minimizzare: “Noi abbiamo pulito le nostre liste – dicono i fedelissimi del premier – mica potevamo intrometterci in quelle degli alleati”. Il vicesindaco sotto scorta ha quasi un moto di indignazione su questa giustificazione: “Eh, no. Non dire nulla sulle liste inquinate è una precisa scelta politica. E la scelta è: per vincere si imbarca di tutto, a partire da chi porta pacchetti di voti, di qualunque natura essi siano. E addio cambiamento”.
Nella pancia del Pd impegnato nella lotta alla mafia è l’ora del disagio. E dell’indignazione. Perché il caso è senza precedenti. Il “sistema di Gomorra”, per dirla con Saviano, è entrato nelle liste che sostengono il candidato del centrosinistra e Renzi non parla. Il leader decisionista, che cambia verso, che dice prendere o lasciare su tutto, ad alleati, sindacati, compagni di partito, che dice “l’Italia s’è desta”, “il futuro è iniziato”, di fronte al fatto che Gomorra è entrata in casa, tace. E militanti del Pd in trincea ribollono perché il Sud non s'è desto e il passato non muore mai. Rosaria Capacchione è giornalista del Mattino e senatrice del Pd. Vive sotto scorta da quando iniziò a raccontare l’ascesa dei Casalesi e la loro penetrazione nel potere e nell’economia italiana. All’HuffPost dice: “Renzi deve parlare. Se è vero che il Pd è rimasto vittima, e che gli alleati hanno inserito gli impresentabili, l’appello forte che Renzi e il Pd dovrebbero fare è questo: noi prendiamo le distanze da queste liste, voi camorristi volete venire con me, ma io non vi voglio, voi mafie vi volete attaccare al carro del vincitore, io non vi faccio attaccare. Come? Dicendo, ora, subito: io non vi do niente, non un posto al sole, non un assessorato, non vi sponsorizzo nessun disegno di legge. Insomma, chi va a votare deve sapere che la camorra non sta votando il Pd”.
Già, chi va a votare. Perché la mutazione genetica della sinistra in Campania sta già producendo i suoi effetti nefasti: “È chiaro – prosegue Benedetto Zoccola - che un pezzo di sinistra non andrà a votare”. Semplicemente perché ha letto le liste. E, come se non bastasse, ha ascoltato le parole di De Luca, che non solo non ha preso le distanze dalle liste, ma ha coperto politicamente la scelta degli “impresentabili” e ha attaccato Roberto Saviano. E perché Renzi non parla. Né di fronte a Gomorra. Né di fronte agli altri impresentabili.
Fabrizio D’Esposito, sul Fatto ne ha cacciato un altro, che completa il quadro zeppo di cosentiniani, ex “responsabili” di Berlusconi, e fascisti come Aveta: tal Attilio Malafronte da Pompei, arrestato a gennaio per induzione indebita a dare o promettere utilità (la vecchia concussione per induzione) e tutt’ora indagato per quel reato con l’accusa di aver lucrato sulle sepolture dei defunti al cimitero. Perquisendo casa sua la polizia sequestrò un fucile calibro 12, una canna per fucile e 30 cartucce. Ora è candidato a Napoli con la lista “Campania in Rete” a sostegno di De Luca.
Roberto Saviano ha invitato a votare le persone perbene, di qualunque partito esse siano: “Ognuno scelga nel migliore dei modi tra Cinque Stelle, Sel, Pd, Caldoro”. E già questo appello che supera la logica dello schieramento destra-sinistra è indicativo della gravità della situazione. Perché Saviano coglie il punto. Nelle liste entra Gomorra. E un pezzo di sinistra si rifiuta di votare per logiche di schieramento. Tra questi Renato Natale, sindaco di sinistra di Casal di Principe. All'HuffPost dice: “Resto fuori da questa competizione elettorale. Se nelle liste di appoggio a De Luca, De Luca sceglie i nostri avversari e allarga, allarga al centrodestra, significa che De Luca sceglie di essere avversario. O no? Ma forse sono io che non capisco più queste logiche. Una volta la politica era ideale, c’erano dei punti di riferimento. Ora… In cabina voterò solo secondo coscienza e incompetenza, perché io queste logiche non le capisco”. Due anni fa il sindaco di sinistra di Casal di Principe sconfisse Enricomaria Natale, il candidato del centrodestra. Ora il suo avversario di allora è candidato a sostegno di De Luca. E non è uno qualunque. Queste le parole di Saviano: “La sua famiglia è stata più volte accusata di essere in continuità con la famiglia Schiavone. Negli anni Novanta hanno avuto un ruolo nel mondo dell’imprenditoria grigia. Questa candidatura a dimostrazione che De Luca non sta affatto cambiando il modo di fare politica in Campania”. E Renzi tace.

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