Ma qualcuno si ricorda, adesso, come e perché fu approvata la legge
Severino, quella di cui oggi viene sostenuta l’incostituzionalità e
l’inapplicabilità al caso Berlusconi?
Era la fine del 2012 e la campagna elettorale era già di fatto
iniziata. I tre partiti della maggioranza (uguali a quelli di adesso:
Pdl, Pd e centro) volevano «riannodare il rapporto con i cittadini»,
dopo un’annata per loro paurosa. In primavera era esploso lo scandalo
Lusi, il tesoriere della Margherita; a maggio c’erano state le
amministrative con Pizzarotti eletto a Parma e Orlando a Palermo; a
luglio nel Pdl era esploso il bubbone Fiorito, quello del Lazio e delle
ostriche.
La parola più usata su tutti i giornali era «casta».
Insomma, i partiti avevano una paura fottuta.
Di qui i tentativi di recupero dell’opinione pubblica, in extremis.
La promessa solenne di abolire le province, ad esempio (ottobre 2012),
ma soprattutto le norme contro la corruzione e sull’incandidabilità dei
condannati.
Il segnale di quest’ultima legge era molto chiaro: in Parlamento non
staranno mai più delinquenti. Delinquenti acclarati, s’intende:
condannati per determinati reati, in via definitiva e a più di due anni.
Questi, comunque, alla Camera e al Senato non ci staranno più. Avete visto come siamo bravi, cari cittadini?
Ecco: se ne vantavano.
Se ne vantava Schifani («Abbiamo dato una risposta pronta e celere a
tutti i cittadini che vogliono dal Parlamento un’azione di contrasto
ferreo del potere legislativo a questo male terribile»). Se ne vantava
Alfano («Nasce da una nostra proposta che aveva come prima firma quella
del sottoscritto»). Se ne vantava Mantovano («Va messo da parte chi ha
subito condanne per fatti gravi o avuto una condotta non esemplare»).
Se ne vantavano perché era merce preziosa da spendere sul mercato elettorale, per recuperare consensi.
Poi si è arrivati al caso Berlusconi, però.
E adesso, ohibò, si scopre che quella non è più una legge per
lasciare fuori dal Palazzo i delinquenti acclarati. È diventata, secondo
il Pdl ma non solo, una legge che lascia fuori solo quelli che hanno cominciato o continuato a delinquere nel 2013. Se invece nel 2013 uno ha smesso, non vale più.
Una specie di condono, insomma.
Peccato che si erano dimenticati di dircelo.
Nessuno aveva ipotizzato, durante l’approvazione della legge, che
funzionasse così. Anzi, «durante i lavori parlamentari la questione non
fu neppure sollevata», come ammette oggi al ‘Sole 24 Ore’ il professor
Salvatore Mazzamuto, che è stato sottosegretario alla giustizia ed è
consigliere giuridico di Alfano.
«Neanche sollevata».
Ovvio: non conveniva, in quel tentativo di riconquista dell’opinione
pubblica incazzata, nemmeno ipotizzare che fosse interpretabile così,
cioè che la legge non valesse per chi era stato delinquente fino al
giorno prima.
In altre parole, qui i casi sono due. O la legge Severino non è mai
stata pensata come irretroattiva nei suoi effetti amministrativi, e
allora quelli che oggi sostengono il contrario devono tacere. Oppure sì,
è stata pensata come irretroattiva ma non ce lo hanno detto per
truffarci, e allora devono tacere il doppio.
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