Il dietrofront dei grillini sui rimborsi
di Emanuele Lauria, La Repubblica
Si sono rivisti, salutandosi a stento. Antonio Venturino (il “ribelle”) e Giancarlo Cancelleri (il capogruppo che ne ha decretato l’espulsione con un video pubblicato sul blog di Beppe Grillo) hanno incrociato appena lo sguardo venerdì, in una Sala d’Ercole riunita per votare la Finanziaria senza le parti impugnate dal commissario dello Stato. In un clima gelido si è aperta una nuova fase per i cittadini a 5 stelle di stanza a Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento siciliano. Nessuno, dentro M5S, ha seguito il vicepresidente dell’Assemblea sulla via della rottura: e Venturino è stato accolto fra l’indifferenza di molti colleghi pur non rinunciando a un’animata conversazione, in aula, con i deputati Stefano Zito e Sergio Tancredi. Il numero due dell’Ars prosegue la sua legislatura da separato in casa. Anche se, almeno fisicamente, separato lo era già prima, visto che Venturino svolge la propria attività nei suoi uffici di vicepresidente, distanti da quelli del gruppo parlamentare. E lì rimarrà, ha assicurato l’interessato che non vuole in alcun modo rinunciare alla carica, facendo un altro sgarbo a M5S. Ai grillini, infatti, non spetterebbe un altro posto in consiglio di presidenza. Ma Cancelleri contesta quella che ritiene “un’interpretazione non pacifica del regolamento ” e martedì porrà in conferenza dei capigruppo il tema di una presenza di 5 stelle in ufficio di presidenza. “Il nostro gruppo esiste sin dall’inizio della legislatura - dice - e quindi ha diritto a un posto da deputato segretario. Per noi è importante non per una questione economica ma per potere esercitare il controllo sull’attività del consiglio di presidenza “.
Non è una questione economica, afferma Cancelleri, che si dice “nauseato dalle polemiche sui soldi che stanno imperversando nel movimento: ora voglio parlare di politica”. Gli ultimi giorni, l’ex candidato governatore, li ha trascorsi a censurare Venturino. Anche in tempo reale, durante la trasmissione Servizio pubblico di Santoro, attraverso alcuni post su Facebook: “Caro onorevole Venturino è 3 mesi (testuale ndr) che le corriamo dietro per farla rendicontare e restituire i soldi, non dica bugie televisive e non la butti in politica”. Ma intanto Venturino, e il tema dei rimborsi, divide anche i parlamentari siciliani a Roma. Se Grillo ad esempio, ha insultato (l’ormai celebre “pezzo di m… “) il deputato ennese meritando l’applauso del vicecapogruppo alla Camera Riccardo Nuti, il collega palermitano Francesco Campanella si è alzato in piedi sfidando il vate: “Beppe, non è giusto trattare le persone così”. E sia Campanella che il deputato messinese Tommaso Currò quantomeno “comprendono le ragioni” che portano alcuni parlamentari a dire no alla rendicontazione e alla restituzione della diaria. “Io dico solo una cosa: mi fa specie - ancora Cancelleri - sentire colleghi che prima delle elezioni issano il regolamento sui rimborsi come una bandiera e dopo pochi mesi dicono che non è chiaro… “.
“Ora basta: parliamo di politica “, ripete Cancelleri. Ma ormai sembra una maledizione, quella dei soldi, per i pentastellati. Una sorta di trappola da loro stessi posta sul cammino, con la quale dovranno confrontarsi anche nelle prossime settimane. Come affronterà M5S, che già a fatica sopporta l’autotaglio degli stipendi, le ulteriori privazioni previste dal decreto Monti? Cancelleri è costretto ad allentare i cordoni della borsa: “Credo che dovremo trattenere i soldi per i portaborse (finora restituiti, ndr), o una somma equivalente, per pagare il personale del gruppo”.
Insomma, dopo il caso Venturino, e in vista di un’ulteriore stretta ai trasferimenti, gli esponenti di 5 stelle in Sicilia dovranno ammorbidire la propria posizione. È tempo di regole più elastiche: nei primi giorni di giugno i deputati grillini si sottoporranno alle annunciate “verifiche” semestrali della propria attività, in quattro riunioni con i militanti di diverse province. Ma nessun mandato da rimettere nelle mani nella base, non ci sarà un turnover nelle cariche più rappresentative. Il capogruppo resterà Cancelleri: “Sono io, giuridicamente, il datore di lavoro del gruppo, colui che firma tutti i contratti. Cambiare con frequenza - spiega - creerebbe problemi burocratici”.
Movimento 5 spine: soldi e ribelli. Pronte 20 espulsioni
di Emiliano Liuzzi e Paola Zanca -
A un certo punto, Adriano Zaccagnini prende la parola in assemblea: “Vorrei avere a disposizione lo stesso tempo che ha avuto Beppe”. Nella sala cala il gelo. Grillo ha appena finito la sua invettiva sulla diaria da restituire e questo 31enne romano esperto di permacultura, oggi deputato Cinque Stelle, dice che anche lui vuole mezz’ora per spiegare perchè quei soldi, adesso, sono roba sua. Basterebbe questa scena per raccontare che cosa si è consumato, giovedì pomeriggio, nell’aula dei gruppi di Montecitorio. La prima rivolta contro il capo.
Che non finirà così. Sono una ventina quelli che affrontano il leader a muso duro. “Arroganti”, li descrivono. “Pezzi di merda”, aggiungono, parafrasando l’epiteto che Grillo ha riservato ad Antonio Venturino, il siciliano espulso per non aver rendicontato lo stipendio. Uno a uno spiegano perchè non se la sentono di restituire quello che avanza. Alessio Tacconi, residente in Svizzera, argomenta: “Lì le tasse sono più alte”. Un altro sostiene che avrebbe bisogno di un “margine” per vivere dignitosamente. Grillo ribatte: “Si chiama cresta!”. Una senatrice parla della baby sitter che deve pagare ora che sta a Roma. Francesco Campanella difende il collega siciliano. Grillo lo interrompe: “Basta parlare di soldi: tu cosa stai facendo?”. Vorrebbe discutere di contenuti, chiede notizie da portare in piazza, ai comizi che ricominciano lunedì. Ma non si riesce a venirne a capo. Soldi, soldi, soldi.
Riccardo Nuti, vicecapogruppo dei deputati, alla fine interviene e ai colleghi fa un discorso, applauditissimo: “Fate schifo”. Per questo Grillo torna all’hotel Forum, vicino al Colosseo, piuttosto sconsolato. È arrabbiato, deluso dall’atteggiamento degli attivisti che sono finiti in Parlamento. “L’avete votato voi, nei meet up, il tetto dei 2500 euro – si sfoga – Io non ho deciso niente!”. Appena il problema dei soldi aveva cominciato a montare, nelle settimane scorse, lui aveva scelto la linea morbida: “Fate quello che volete”. Poi, ha capito che i militanti non avrebbero capito: “Io ci metto la faccia - ha detto agli eletti – Fuori questa cosa è una bomba, i giornali non vedono l’ora! Voi adesso siete qui, ma dovete sempre rimanere con un piede fuori, dovete capire che le vostre azioni hanno delle conseguenze. Anche le mie, lo so. Per questo giuro che d’ora in poi mi darò una calmata. Mi metto a parlare come il Papa”.
Non va così. Ci dorme su, Grillo. E quando si sveglia e ritrova i cronisti appostati fuori dall’albergo, torna subito quello di sempre. Dice che il governo Letta è frutto di “un golpe” (anche Stefano Rodotà, più tardi, dirà “mi sembra eccessivo”). Avverte la stampa: “State molto attenti a fare dossier su famiglie e mogli, perchè li faremo anche noi” (poi, cerca di stemperare il clima: “Non è un consiglio – dice ridendo – è proprio una minaccia…”). Scivola sulla questione della cittadinanza ai figli degli immigrati: “Serve un referendum: una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari” (Vendola gli dice che “sembra La Russa”; il deputato Cinque Stelle Alessandro Di Battista precisa: “Ciò che scrive Grillo sul suo blog equivale a quello che può scrivere Scalfari su Repubblica”, poi spiegherà di essere comunque d’accordo sulla consultazione). Poi torna sull’annosa questione della diaria: “Chi vuole restituirla, la restituirà, chi no, si prenderà le sue responsabilità. Io sono abituato che se firmo un accordo e mi impegno, lo porto a termine, altrimenti vado da un’altra parte”.
Sono passati i giorni in cui, mascherato sulla spiaggia di Marina di Bibbona, Beppe si divertiva a farsi rincorrere dalle telecamere. Il “gioco” dell’apriscatole è più impegnativo di quanto sembrasse. E a lui, raccontano, ogni tanto sembra di essere un po’ più solo. Per questo da lunedì bisogna rimettere le cose in fila. La ventina di dissidenti, se non cambia idea, finirà dritta nella lista nera. Non ci sarà nessuna votazione o almeno così sperano che succeda nello staff. Se, sulla questione dei soldi, si dovesse arrivare alla conta, significherebbe che il messaggio di Grillo non è stato recepito. Ieri, chi ha cariche istituzionali (il questore Laura Bottici, il vicepresidente Luigi Di Maio e così via) hanno ripubblicato su Facebook le lettere in cui rinunciano alle indennità aggiuntive. Nel fine settimana, i personaggi più influenti del gruppo (da Vito Crimi in giù), proveranno a discutere al telefono con i ribelli. Se insistono, adios.
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