venerdì 19 febbraio 2016

Istat: "diminuisce l'aspettativa di vita"

Istat: "diminuisce l'aspettativa di vita"
Abbiamo passato il punto di non ritorno? Vogliamo dire: il declino del “sistema paese” è già arrivato a sorpassare quel livello oltre cui non è più possibile riprendere in mano il proprio destino?
Noi speriamo di no, naturalmente. Ma non c'è un solo dato statistico che ci supporti minimamente in questo senso.
Prendiamo i dati Istat, pubblicati oggi, sulla popolazione alla fine del 2015. “Al 1° gennaio 2016 la popolazione in Italia è di 60 milioni 656 mila residenti (-139 mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54 mila e rappresentano l'8,3% della popolazione totale (+39 mila unità). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti”. L'”invasione” dei migranti non esiste e non riesce neanche a compensare la diminuzione netta di popolazione autoctona. Significa che l'Italia non è un traguardo attraente neanche per chi viene dalla guerra o dalla fame. Con buona pace di Salvini e di tutti gli idioti che si nutrono a quella fonte di cazzate.
Buonismo sinistrese? Non è quello che ci anima. Il secondo dato conferma - con numeri appena un po' inferiori a quelli stimati tre mesi fa – una tendenza drammatica:
I morti sono stati 653 mila nel 2015 (+54 mila). Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. L'aumento di mortalità risulta concentrato nelle classi di età molto anziane (75-95 anni). Il picco è in parte dovuto a effetti strutturali connessi all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza”.
All'Istat devono usare, obbligatoriamente, un profilo scientifico e un linguaggio asettico. Ne va della credibilità dell'istituto. Ma questo aumento della mortalità tra gli anziani – già monitorato attentamente qualche mese fa - “è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi”. La traduzione è semplice: è dal 1943, mentre la guerra infuriava su questo territorio, i soldati spediti su fronti lontani morivano come mosche e la popolazione rimasta sopravviveva tra resistenza, bombardamenti e rappresaglie, che non si vedeva una moria simile. Effettivamente, i due anni precedenti erano stati “più favorevoli per la sopravvivenza”.
Da cosa dipenda questa mortalità esplosiva non è dato sapere, in attesa di dati disaggregati. Ma è inevitabile pensare ai tagli alla sanità pubblica, che hanno “persuaso” molti anziani a curarsi di meno, saltare alcuni cicli di cure, evitare una serie di analisi (dal ticket costoso)... col risultato di trovarsi un “clima meno favorevole alla sopravvivenza”.
Bene, si potrebbe pensare con un pelo di cinismo orripilante. Qualche vecchio in meno significa più spazio per i giovani, afflitti da una disoccupazione al 40% e bloccati in attesa di entrare stabilmente nel novero delle “forze di lavoro”.
Purtroppo non è che i giovani ci guadagnino alcunché, da una situazione del genere. Dice infatti l'Istat: “Nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall’Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. L'età media delle madri al parto sale a 31,6 anni”.
Vi serve ancora una traduzione? Eccola: Dal 1860 (anno di partenza dell'Italia unitaria) non ci sono mai stati così pochi neonati. Da allora ad oggi, però, la popolazione è addirittura raddopiiata, se non qualcosa di più. In teoria, la natalità – anche considerando il drastico cambiamento nelle abitudini sociali – dovrebbe essere ben oltre quei livelli. Peccato che i giovani in età giusta per fare figli (tra i 20 e i 45 anni, diciamo)sono un tantinello penalizzati sul piano reddituale. Sono precari, quando va bene, o addirittura disoccupati. Con salari reali oscillanti, quando va bene, tra i 400 e i 1.000 euro al mese. Anche volendo farlo, un figlio, non se lo possono permettere. Al contrario di 150 anni fa, infatti, oggi farne crescere uno è quasi un lusso.
Dunque, come sottolineerebbe subito in contestatissimo presidente dell'Inps, Tito Boeri, c'è un “grande problema demografico”, perché gli over 65 “sono 13,4 milioni, il 22% del totale”. Il che porta la platea delle “forze in età da lavoro”, tra i 15 ai 64 anni, a un altro minimo storico, sia in totale (39 milioni, il 64,3% del totale), sia nella parte che ancora non può essere considerata tale (fino a 14 anni di età: 8,3 milioni, il 13,7%).
Questo è insomma un paese dove si muore molto di più e si nasce sempre di meno. Vi serve un pallottoliere per vedere dove andrà a finire
Ma come sempre la notizia vera, il veleno statistico, sta nella coda: “Diminuisce la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85)”. L'avevano scritto poco tempo fa (vedi il link precedente): le politiche di austerità hanno un codice genocida. L'ordine che spira dalla Troika, realizzato con convinzione da tutti i governi degli ultimi 25 anni, è sempre stato “dovete morire prima”.
Ora l'Istat registra che l'ordine è stato eseguito. Scende la speranza di vita, diminuisce la popolazione, fuggono i giovani. Se non ci sbrighiamo a rovesciare il tavolo e “licenziare” integralmente l'attuale classe dirigente (non solo “i politici”, ma soprattutto il funzionariato “europeista”, l'imprenditoria nazionale, il personale lecchinesco che popola i media di regime) rischiamo seriamente di trovarci al di là di ogni possibile tentativo di “resurrezione”.

La notizia censurata: compromessa la salute degli italiani 

di Giorgio Cremaschi

La notizia censurata: compromessa la salute degli italiani

Come al solito le veline liberiste che guidano il sistema dell'informazione (?) in Italia hanno censurato il dato più importante dell'annuale relazione della Corte dei Conti. Tutti i mass media hanno presentato la relazione come moderatamente critica verso l'ottimismo renziano. Così in fondo non si è dato fastidio a nessuno, neanche al presidente del consiglio. Luci e ombre è la formulazione che si usa nel linguaggio sindacale per convincere i lavoratori ad accettare un accordo che fa schifo. Soprattutto all'informazione di regime è piaciuto enfatizzare le critiche della Corte alla gestione governativa della spending review. In questo modo si è potuto accreditare l'idea che il governo in fondo sia uno spendaccione e che ci sarebbero ancora un bel po' di tagli da operare, nella spesa pubblica e nello stato sociale. Così si è lavorato a due obiettivi: non approfondire troppo la critica a Renzi che vive un chiaro momento di difficolta, e indicargli la via di uscita. Cioè quella di proseguire sulla strada indicata da Draghi, da Monti, dalla Troika, quella delle controriforme liberiste che hanno distrutto la Grecia. 
Non sappiamo se i giudici della Corte dei Conti abbiano anch'essi accettato questa interpretazione della loro relazione per amore di quieto vivere. Ma sta il fatto che quella relazione non dice le banalità dei titoli dei giornali, ma in realtà presenta un dato terribile. I tagli lineari fatti alla spesa pubblica da questo governo, che si sommano a quelli precedenti, hanno compromesso, la Corte usa proprio questa parola, la funzionalità e la stessa fruizione di prestazioni e servizi fondamentali. In particolare la Corte sottolinea che questa compromissione è avvenuta nella sanità, con un danno irreversibile, aggiungiamo noi, alla salute e alle aspettative di vita della parte piu povera e più debole della popolazione.
Anni fa il PD criticava ferocemente la politica dei tagli lineari del ministro del tesoro Tremonti. perché non si poteva tagliare allo stesso modo le spese militari e quella per la sanità e la scuola. Ora il PD al governo pratica assiduamente quella scelta che criticava, anzi fa peggio perché mentre taglia la sanità aumenta le spese militari. Così la salute viene compromessa per chi non può permettersi di ricorrere alla sanità privata e a pagamento. Che ovviamente prospera e distribuisce regali ai politici compiacenti, come Lombardia insegna.
Intanto le statistiche ci segnalano un inspiegabile (?) improvviso aumento della mortalità, da 50 a 60.000 persone all'anno a seconda di come si leggono i dati. E anche l'allungamento dell'aspettativa di vita, usato per giustificare tutti tagli alle pensioni, pare essersi fermato. Certo in questo modo, con l'aumento della mortalita tra gli anziani, il sistema pensionistico pubblico potrà godere di bilanci migliori..Ma non mi sembra un bel risultato.
Se il sistema informativo non fosse in mano a banchieri e industriali, forse la notizia che i tagli di bilancio hanno compromesso la salute degli italiani sarebbe nei titoli di testa. Siccome così non è, lo affermiamo noi nel nostro piccolo e con il nostro linguaggio :
I TAGLI ALLA SANITÀ SONO ATTI CRIMINALI IMPUNITI CHE FANNO DECINE DI MIGLIAIA DI VITTIME!

 


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