Abbiamo passato il punto di non ritorno? Vogliamo dire: il
declino del “sistema paese” è già arrivato a sorpassare quel livello
oltre cui non è più possibile riprendere in mano il proprio destino?
Noi speriamo di no, naturalmente. Ma non c'è un solo dato statistico che ci supporti minimamente in questo senso.
Prendiamo
i dati Istat, pubblicati oggi, sulla popolazione alla fine del 2015.
“Al 1° gennaio 2016 la popolazione in Italia è di 60 milioni 656 mila
residenti (-139 mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni 54 mila e
rappresentano l'8,3% della popolazione totale (+39 mila unità). La
popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo
una perdita di 179 mila residenti”. L'”invasione” dei migranti non
esiste e non riesce neanche a compensare la diminuzione netta di
popolazione autoctona. Significa che l'Italia non è un traguardo
attraente neanche per chi viene dalla guerra o dalla fame. Con buona pace di Salvini e di tutti gli idioti che si nutrono a quella fonte di cazzate.
Buonismo sinistrese? Non è quello che
ci anima. Il secondo dato conferma - con numeri appena un po' inferiori
a quelli stimati tre mesi fa – una tendenza drammatica:
“I
morti sono stati 653 mila nel 2015 (+54 mila). Il tasso di mortalità,
pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo
dopoguerra in poi. L'aumento di mortalità risulta concentrato nelle
classi di età molto anziane (75-95 anni). Il picco è in parte dovuto a
effetti strutturali connessi
all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel
biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza”.
All'Istat devono usare,
obbligatoriamente, un profilo scientifico e un linguaggio asettico. Ne
va della credibilità dell'istituto. Ma questo aumento della mortalità
tra gli anziani – già monitorato attentamente qualche mese fa
- “è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi”. La
traduzione è semplice: è dal 1943, mentre la guerra infuriava su questo
territorio, i soldati spediti su fronti lontani morivano come mosche e
la popolazione
rimasta sopravviveva tra resistenza, bombardamenti e rappresaglie, che
non si vedeva una moria simile. Effettivamente, i due anni precedenti
erano stati “più favorevoli per la sopravvivenza”.
Da
cosa dipenda questa mortalità esplosiva non è dato sapere, in attesa di
dati disaggregati. Ma è inevitabile pensare ai tagli alla sanità
pubblica, che hanno “persuaso”
molti anziani a curarsi di meno, saltare alcuni cicli di cure, evitare
una serie di analisi (dal ticket costoso)... col risultato di trovarsi
un “clima meno favorevole alla sopravvivenza”.
Bene, si potrebbe pensare
con un pelo di cinismo orripilante. Qualche vecchio in meno significa
più spazio per i giovani, afflitti da una disoccupazione al 40% e
bloccati in attesa di entrare stabilmente nel novero delle “forze di
lavoro”.
Purtroppo
non è che i giovani ci guadagnino alcunché, da una situazione del
genere. Dice infatti l'Istat: “Nel 2015 le nascite sono state 488 mila
(-15
mila), nuovo minimo storico dall’Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto
anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per
donna. L'età media delle madri al parto sale a 31,6 anni”.
Vi
serve ancora una traduzione? Eccola: Dal 1860 (anno di partenza
dell'Italia unitaria) non ci sono mai stati così pochi neonati. Da
allora ad oggi, però, la popolazione è addirittura raddopiiata, se non
qualcosa di più. In teoria, la natalità – anche considerando il drastico
cambiamento nelle abitudini sociali – dovrebbe essere ben oltre quei
livelli. Peccato che i giovani in età giusta per fare figli (tra i 20 e i
45 anni, diciamo)sono un tantinello penalizzati sul piano reddituale.
Sono precari, quando va bene, o addirittura disoccupati. Con salari
reali oscillanti, quando va bene, tra i 400 e i 1.000 euro al mese.
Anche volendo farlo, un figlio, non se lo possono permettere. Al
contrario di 150 anni fa, infatti, oggi farne crescere uno è quasi un lusso.
Dunque,
come sottolineerebbe subito in contestatissimo presidente dell'Inps,
Tito Boeri, c'è un “grande problema demografico”, perché gli over 65
“sono 13,4 milioni, il 22% del totale”. Il che porta la platea delle
“forze in età da lavoro”, tra i 15 ai 64 anni, a un altro minimo
storico, sia in totale (39 milioni, il 64,3% del totale), sia nella
parte che ancora non può essere considerata tale (fino a 14 anni di età: 8,3 milioni, il 13,7%).
Questo
è insomma un paese dove si muore molto di più e si nasce sempre di
meno. Vi serve un pallottoliere per vedere dove andrà a finire
Ma
come sempre la notizia vera, il veleno statistico, sta nella coda:
“Diminuisce la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a
80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7
anni (da 85)”. L'avevano scritto poco tempo fa (vedi il link
precedente): le politiche di austerità hanno un codice genocida.
L'ordine che spira dalla Troika, realizzato con convinzione da tutti i
governi degli ultimi 25 anni, è sempre stato “dovete morire prima”.
Ora
l'Istat registra che l'ordine è stato eseguito. Scende la speranza di
vita, diminuisce la popolazione, fuggono i giovani. Se non ci sbrighiamo
a rovesciare il tavolo e “licenziare” integralmente l'attuale classe
dirigente (non solo “i politici”, ma soprattutto il funzionariato
“europeista”, l'imprenditoria nazionale, il personale lecchinesco che
popola i media di regime) rischiamo seriamente di trovarci al di là di
ogni possibile tentativo di “resurrezione”.
La notizia censurata: compromessa la salute degli italiani
di Giorgio Cremaschi
Come
al solito le veline liberiste che guidano il sistema dell'informazione
(?) in Italia hanno censurato il dato più importante dell'annuale
relazione della Corte dei Conti. Tutti i mass media hanno presentato la
relazione come moderatamente critica verso l'ottimismo renziano. Così in
fondo non si è dato fastidio a nessuno, neanche al presidente del
consiglio. Luci e ombre è la formulazione che si usa nel linguaggio
sindacale per convincere i lavoratori ad accettare un accordo che fa
schifo. Soprattutto all'informazione di regime è piaciuto enfatizzare le
critiche della Corte alla gestione governativa della spending review.
In questo modo si è potuto accreditare l'idea che il governo in fondo
sia uno spendaccione e che ci sarebbero ancora un bel po' di tagli da
operare, nella spesa pubblica e nello stato sociale. Così si è lavorato a
due obiettivi: non approfondire troppo la critica a Renzi che vive un
chiaro momento di difficolta, e indicargli la via di uscita. Cioè quella
di proseguire sulla strada indicata da Draghi, da Monti, dalla Troika,
quella delle controriforme liberiste che hanno distrutto la Grecia.
Non sappiamo se i giudici della Corte dei Conti abbiano anch'essi
accettato questa interpretazione della loro relazione per amore di
quieto vivere. Ma sta il fatto che quella relazione non dice le banalità
dei titoli dei giornali, ma in realtà presenta un dato terribile. I
tagli lineari fatti alla spesa pubblica da questo governo, che si
sommano a quelli precedenti, hanno compromesso, la Corte usa proprio
questa parola, la funzionalità e la stessa fruizione di prestazioni e
servizi fondamentali. In particolare la Corte sottolinea che questa
compromissione è avvenuta nella sanità, con un danno irreversibile,
aggiungiamo noi, alla salute e alle aspettative di vita della parte piu
povera e più debole della popolazione.
Anni fa il PD criticava ferocemente la politica dei tagli lineari del
ministro del tesoro Tremonti. perché non si poteva tagliare allo stesso
modo le spese militari e quella per la sanità e la scuola. Ora il PD al
governo pratica assiduamente quella scelta che criticava, anzi fa
peggio perché mentre taglia la sanità aumenta le spese militari. Così la
salute viene compromessa per chi non può permettersi di ricorrere alla
sanità privata e a pagamento. Che ovviamente prospera e distribuisce
regali ai politici compiacenti, come Lombardia insegna.
Intanto le statistiche ci segnalano un inspiegabile (?) improvviso
aumento della mortalità, da 50 a 60.000 persone all'anno a seconda di
come si leggono i dati. E anche l'allungamento dell'aspettativa di vita,
usato per giustificare tutti tagli alle pensioni, pare essersi fermato.
Certo in questo modo, con l'aumento della mortalita tra gli anziani, il
sistema pensionistico pubblico potrà godere di bilanci migliori..Ma non
mi sembra un bel risultato.
Se il sistema informativo non fosse in mano a banchieri e
industriali, forse la notizia che i tagli di bilancio hanno compromesso
la salute degli italiani sarebbe nei titoli di testa. Siccome così non
è, lo affermiamo noi nel nostro piccolo e con il nostro linguaggio :
I TAGLI ALLA SANITÀ SONO ATTI CRIMINALI IMPUNITI CHE FANNO DECINE DI MIGLIAIA DI VITTIME!
I TAGLI ALLA SANITÀ SONO ATTI CRIMINALI IMPUNITI CHE FANNO DECINE DI MIGLIAIA DI VITTIME!
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