Paolo Ferrero segretario rifondazione comunista
La tre giorni Cosmopolitica non è ancora un congresso, ma quasi. Serve a lanciare Sinistra Italiana,
nome provvisorio del nuovo partito “a sinistra del Pd”. Oltre 2mila
presenze registrate, un grande palco, 24 tavoli tematici, 4 assemblee
che mettono a fuoco le quattro campagne del nuovo soggetto:
democrazia, scuola, ambiente, lavoro. Il congresso vero e proprio
arriverà a dicembre, ma la strada è ormai tracciata. Una strada che
porta dritta vera la creazione di un partito, non l’ennesimo
“accrocchio” a sinistra, come lo ha chiamato il coordinatore di Sel Nicola Fratoianni.
Una strada che non incrocia quella di Rifondazione Comunista. Il segretario Paolo Ferrero interverrà, come ospite, domani. E dirà che no, lui non ci sta. E in questa intervista spiega perché.
“Noi abbiamo lavorato per mesi con Sel, con Fassina e con l’Altra Europa per costruire un soggetto unitario a sinistra, che permettesse di aprire effettivamente una costituente della sinistra.
Purtroppo sia Sel che Fassina hanno deciso di rompere quella
prospettiva e di costruirsi un nuovo partito. Io penso che sia un
errore. A me pare che il problema non è di fare un nuovo partito. Il
problema vero è come si costruisce un’unità a sinistra capace di
riaprirsi al popolo, di fare un processo partecipato”.
Quindi Ferrero la prospettiva che Rifondazione comunista entri nel nuovo partito che si sta formando è esclusa?
“Assolutamente escluso, non esiste. Tanto più che come si vede in
questi giorni dentro a quel partito in formazione ci sono posizioni
politiche diverse: chi vuole fare un soggetto autonomo, chi pensa che
bisogna riaprire col centrosinistra, chi pensa che col centrosinistra
bisogna allearsi alle comunale e poi si vedrà. Io penso che tutte queste
storie le abbiamo già sperimentate. Io penso che bisogna costruire una Sinistra autonoma e alternativa al Pd, perché penso che Renzi fa una politica di destrae se non si vuol lasciare al Movimento 5 Stelle
il monopolio della rappresentanza di chi ne ha piene le scatole, ci
vuole una sinistra autonoma e alterativa a Renzi, al Pd e alle
socialdemocrazie europee”.
Cosa dirà domani nel suo intervento?
“Io riproporrò il tema dell’unità su un progetto chiaro. Eravamo
arrivati a scrivere insieme un documento che si intitolava “Noi ci
siamo” e lì si diceva con chiarezza: bisogna costruire un polo politico
alternativo a tutti gli altri. Io riproporrò questo tema: fare un vero
processo costituente aperto, largo. E non rifare un partito che ha po’
la stessa linea politica che aveva Sel, che mi pare contraddittoria se
un poi si trova a sostenere Sala a Milano”.
Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel ha detto: ci vuole un partito, basta “accrocchi” a sinistra…
“La penso esattamente al contrario! Fratoianni vuole fare un partito
chiuso con una linea politica a mio parere un po’ ballerina. Per me ci
vuole il contrario: una linea politica netta, chiara, alternativa al Pd e
nello stesso tempo molta apertura dal punto di vista della forma.
Perché io vorrei mettere assieme tutti coloro che criticano da sinistra
le politiche neoliberiste. Dai fans di Papa Francesco
ai comunisti. Il punto non è fare un altro partito che rimette insieme
un po’ di ceto politico, ma un nuovo soggetto a maglie larghe che
coinvolga tutte le centinaia di migliaia di persone che ci sono in
Italia che fanno politica in mille modi diversi, dai comitati , alle
associazioni, ai sindacati. Da costruire insieme”.
Secondo lei quindi l’iniziativa di Sinistra Italiana è destinata al fallimento?
“Io non ho detto questo, ma penso che non risponde ai problemi che ci sono. Magari prendono il 4, il 5%.
Vivono tranquilli, col loro gruppo parlamentare. Ma non è questo che
risponde al problema per cui metà degli italiani oggi non vano a votare.
E la mia impressione è che ci sia una maggioranza del popolo italiano
che di fronte a una proposta politica di sinistra, ugualitaria, di
maggior giustizia sociale, sarebbe tendenzialmente maggioritaria. Ma per
riuscire a farla non si fa attraverso un nuovo partito. Bisogna fare
una cosa più ampia. In cui in tanti si possano riconoscere per allargare
la partecipazione. Al Pci erano
iscritti due milioni di persone. Oggi tra tutti i partiti di sinistra
non arriviamo a centomila. Ci sarà un problema? Che forse bisogna
trovare le forme attraverso cui tu permetti alla gente di partecipare
sentendosi protagonisti e non semplicemente di aderire a un partito che qualcuno ha già messo in piedi”.
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