Abbiamo
intervistato Andrea Fumagalli, economista attivo nell’ambito della
ricerca militante, redattore di Effimera.org ed autore di numerose opere
sulle trasformazioni che hanno investito l’economia e la società
contemporanea. In contemporanea con questa intervista è uscito un pezzo
da lui scritto, pubblicato sul sito di Effimera, intitolato “Borse e bolle: accumulazione finanziaria e speculazione sulla vita”.
Dall’inizio del 2016 abbiamo visto un nuovo crollo delle
borse. Sembra di essere tornati alla situazione di alcuni anni fa,
quando la crisi era nel suo momento apicale. Un crollo che vede
soprattutto la piazza di Milano al centro di grandi tensioni
finanziarie, con le perdite che si aggirano attorno al 25% dall’inizio
dell’anno. A cosa stiamo assistendo?
A livello internazionale stiamo assistendo allo scoppio di quella
bolla speculativa che si era generata all’inizio del 2014 ed è durata
fino a circa la metà dello scorso anno, quando gli indici delle varie
borse avevano fatto registrare aumenti che andavano dal 20 al 30%.
Questa è la terza bolla speculativa negli ultimi 8 anni. La prima è stata quella del 2008, legata ai mutui subprime,
la seconda, nel 2011, ha interessato soprattutto l’Europa, con la crisi
dei cosiddetti debiti sovrani. In seguito la ripresa economica
americana e la tenuta dei BRICS, nonostante le tensioni valutarie dovute
a processi di svalutazione determinati soprattutto da alcune scelte
della Banca centrale giapponese, avevano creato l’illusione che la crisi
fosse definitivamente alle spalle.
Oggi questa illusione sta completamente saltando, e lo sta facendo
con cifre che mostrano chiaramente una situazione molto preoccupante. La
borsa italiana, per rimanere a “casa nostra”, aveva raggiunto un valore
intorno ai 535 miliardi di euro (circa il 35% del PIL) ed ora si trova
con una capitalizzazione di poco superiore ai 400 miliardi. Sono stati
dunque bruciati ben 135 miliardi di euro in poco più di un mese, una
quota pari all’8/9% del PIL. Queste cifre servono per spiegare qual è
l’impatto quantitativo di questa nuova bolla speculativa.
Come possiamo legare questa bolla speculativa con alcuni
processi economici che si sono dati nell’ultimo periodo, in particolare
il rallentamento dell’economia cinese e la diminuzione del prezzo del
petrolio?
Gli ultimi dati sull’economia cinese indicano un tasso di crescita
attorno al 7%. Un tasso decrescente, che comunque è in linea con le
previsioni del governo cinese. La cosa più preoccupante non è tanto il
dato complessivo del PIL cinese, quanto il fatto che l’indice di
produzione manifatturiera è in calo da 3 semestri. Questo ha un
effetto-domino particolarmente significativo, perché da anni la Cina ha
assunto il ruolo di polmone globale della produzione di merci tangibili.
L’effetto negativo a livello globale di questo rallentamento è stato
particolarmente importante.
D’altra parte lo sviluppo di tutta l’economia immateriale, ossia
tutto ciò che attiene alle cosiddette “produzioni dell’uomo per l’uomo”,
pur avendo avuto una crescita oggettiva (ricordiamo che tra le prime 10
multinazionali globali la maggior parte fa capo a questi settori) non è
riuscito a determinare fino in fondo un effetto compensativo, perché ci
sono difficoltà soprattutto dal lato della domanda. La green economy,
che poteva essere la nuova valvola di sfogo del capitalismo mondiale, è
ancora in una fase di non decollo. Anche tutti i settori legati al
capitalismo bio-cognitivo non sono ancora in grado di determinare
effetti compensativi. L’economia mondiale si trova in una situazione di
stallo e questo è uno dei fattori che ha prodotto un cambio di
aspettative da parte delle grandi corporation della finanza,
soprattutto negli ultimi sei mesi. Ci sono inoltre fattori di carattere
“locale”, come lo scoppio della bolla cinese, che ha colpito duramente
anche le Filippine, la situazione di forte crisi dell’economia
brasiliana, che per la prima volta dopo decenni ha avuto nel 2015 un
segno negativo nella crescita del PIL. Si tratta di elementi che hanno
fatto da detonatore ad una situazione che era già in una fase critica,
per quel che riguarda la crescita dei BRICS.
A tutto questo si aggiunge il rischio di deflazione generalizzato, in
seguito al forte calo dei prezzi del greggio, che ha due effetti
principali. Il primo è quello di mettere in crisi quelle economie che
per anni si sono fondate sullo sfruttamento dei proventi della vendita
del petrolio, in particolare quella cinese, russa e brasiliana.
Inevitabile conseguenza è il rallentamento del commercio internazionale,
dovuto alla diminuzione di domanda ed export, che ha nella
Cina il suo principale snodo. Il secondo effetto è la messa in moto di
un processo deflattivo e quindi di svalorizzazione della produzione
mondiale, che agisce negativamente sulle aspettative dei profitti e
della rendita finanziaria. Questo perché la produzione di un valore
aggiunto inferiore, almeno dal punto di vista nominale, deprime gli
investimenti.
A questo si aggiungono una serie di fattori legati alle politiche
economiche. Le politiche monetarie espansive, che sono state adottate
dal 2010 in poi proprio per iniettare quella liquidità che lo scoppio
delle bolle precedenti aveva bruciato, si sono rivelate utili solamente
per le oligarchie finanziarie. Negli Stati Uniti queste politiche se da
un lato hanno stoppato la crisi dei subprime, dall’altro non sono riuscite a rilanciare l’economia. In Europa il quantitative easing
di Draghi, oltre ad essere partito con estremo ritardo, non ha avuto
nessun effetto di rilancio negli investimenti e nella produzione della
cosiddetta “economia reale”. Tutta la liquidità immessa dal quantitative easing è rimasta intrappolata nei mercati finanziari, senza determinare un trickle-down
verso l’economia reale. Questa è la dimostrazione del fatto che i
mercati finanziari sono totalmente autoreferenziali nel momento in cui
assumono il comando dell’economia globale.
La conseguenza di tutto questo sulla vita delle persone è stata
molteplice, innanzitutto perché si sono acuite le distorsioni e le
iniquità di reddito all’interno dei singoli Paesi. Dal punto di vista
dell’analisi della domanda , i redditi bassi sono stati fortemente
penalizzati perché sono quelli che hanno la maggior propensione al
consumo. Il forte calo della domanda interna, registratosi soprattutto
in Europa, è stato solo parzialmente compensato dalla crescita della
domanda estera, dovuta alla crisi del commercio internazionale che sta
caratterizzando questo periodo.
Sempre rimanendo in tema di politica economica, in queste
settimane si sta aprendo un dibattito sulla proposta, fortemente spinta
da Francia e Germania, della nascita di un cosiddetto “super-ministro
delle finanze” europeo. Si tratta di marketing politico o c’è una
visione di fondo, da parte della governance neo-liberale europea, di accentrare le scelte di politica economica anche su un piano formale ed istituzionale?
Per analizzare questa proposta bisogna partire dalla considerazione che negli ultimi 20 anni la governance
privata dei mercati finanziari, ossia la gestione delle convenzioni
finanziarie attivate dalle multinazionali che controllano i flussi
internazionali, è diventata la punta di comando dei processi di
accumulazione e di valorizzazione, a livello nazionale e globale. Le
politiche di austerity rappresentano una delle modalità attraverso le quali questa governance
è in grado di sviluppare la propria capacità dittatoriale, ed anche la
propria violenza. Il tentativo attuale, all’interno della crisi che
stiamo vivendo nelle ultime settimane, è quello di iniziare un processo
di ri-settamento della governance finanziaria privata
mondiale. I mercati finanziarie e le loro oligarchie hanno costantemente
bisogno di ri-settare le convenzioni dominanti, distruggendo liquidità e
creando le premesse di nuove forme di accumulazione originaria.
Questo dimostra che la governance finanziaria mondiale è
strutturalmente instabile e genera la crisi permanente come condizione
per la sua stessa sopravvivenza. Le autorità politico-economiche devono
trovare gli strumenti più adeguati per assecondare ed incentivare questa
gerarchizzazione del comando finanziario su scala mondiale. Le autorità
monetarie ed i ministri delle finanze sono subordinati alla governance
finanziaria privata, ma c’è adesso l’esigenza di costruire una
subalternità coordinata e non più sparsa. Ed è proprio partendo da
queste premesse che possiamo leggere la proposta franco-tedesca del
super-ministro delle finanze.
Le finalità concrete di questa proposta sono due. La prima è quella
di influenzare la Banca centrale europea rispetto alle politiche di quantitative easing
ed alla gestione della liquidità che queste politiche consentono di
creare. La seconda è quella di gestire le situazioni debitorie degli
enti pubblici, ma soprattutto del sistema creditizio europea.
Quest’ultimo si trova in una situazione di forte difficoltà dovuta alla
sofferenza dei crediti, diventati sempre più inesigibili in seguito alla
recessione degli ultimi anni. Questo è dimostrato dal tracollo di tutte
le borse europee in questa nuova crisi.
Tutto questo deve essere regolamentato. Le nuove regole bancarie
europee, che vanno verso l’unificazione del sistema creditizio, hanno
una direzione precisa, che è quella della concentrazione bancaria.
L’obiettivo è quello di colmare le perdite non più attraverso
l’intervento dello Stato, ma attraverso l’obbligo di ricapitalizzazioni,
favorite da politiche di concentrazione e di creazione di nuovi assetti
proprietari. Il sistema bancario italiano è uno dei più esposti in
questo momento, perché ha una dimensione poco internazionalizzata e
facilmente scalabile ed è lo specchio di una struttura produttiva poco
efficiente ed innovativa.
Sarebbe utile, anche se di questo non se ne parla assolutamente,
iniziare a pensare ad un’unione fiscale europea, che potrebbe realmente
essere un antidoto a questa situazione. La politica fiscale europea
potrebbe essere il vero contraltare alla politica monetaria europea.
Ovviamente si tratta di una scelta di carattere politico che andrebbe
contro gli interessi delle oligarchie finanziarie e per questo
difficilmente attuabile in queste condizioni.
Red. - globalproject.info
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