di Elisabetta Ambrosi, Il Fatto
L’allarme l’ha lanciato ieri Ivan Pedretti,
segretario generale dello Spi-Cgil: in Commissione Lavoro alla Camera è
arrivato un disegno di legge delega che contiene un punto gravissimo. In
pratica, la pensione di reversibilità, quasi sempre appannaggio delle
donne, verrà considerata una prestazione assistenziale e non previdenziale.
E che significa questo? Tantissimo, purtroppo. Lungi dall’essere un
diritto individuale, come di fatto dovrebbe essere, la pensione di
reversibilità sarà legata all’Isee, cioè al reddito familiare. Solo in
apparenza si tratta di una rivoluzione meritocratica. In pratica, è un
modo per demolire un diritto individuale e rendere la pensione,
frutto di contributi versati, inaccessibile per centinaia di migliaia di
donne (e uomini).
Facciamo un esempio: basta che una donna vedova viva ancora con suo
figlio che magari ha un piccolo reddito da lavoro per far saltare la
pensione, perché sappiamo ormai bene che l’Isee è un trucchetto per
togliere, visto che l’asticella viene sempre fissata a un reddito davvero da fame,
oltre il quale saltano tutti i benefici. Dicevamo di una donna che vive
con suo figlio, ma anche – immaginiamo – di due donne che decidano di
condividere una casa per rendere meno grama la la loro vecchiaia, o di
una donna che dopo la morte del marito inizi una nuova convivenza: in
tutti questi casi, se l’altro ha un minimo di reddito, ecco che la pensione di reversibilità salta, lasciando la donna senza reddito,
a dipendere dalle persone con cui vive. Contribuisce inoltre all’Isee
anche la casa, e siccome il governo a volte considera una proprietà come
una forma di reddito, ci potrebbero essere casi di vedove con diritto
alla reversibilità con casa propria e nessun reddito, visto che con la
casa non si mangia.
Insomma sempre di più d’altronde questo governo va verso l’abolizione dei diritti individuali
– ci aveva provato anche con l’assegno che spetta agli invalidi, anche
quello lo si voleva agganciare all’Isee prima che una valanga di
proteste lo fermasse – rendendo le persone sempre più povere e meno
libere. Questa riforma poi colpisce in particolare le donne di oggi, che
avranno già pensioni poverissime a causa di lavori intermittenti e del sistema contributivo.
La reversibilità costituiva fino ad oggi una piccola certezza sulla
quasi contare. Fino ad oggi, appunto. Possiamo solo sperare che i
parlamentari si fermino per il loro interesse, cioè quello delle loro
mogli. Ormai solo il loro interesse privato può essere la leva per una
tutela, a meno che non si trovi un cavillo che escluda le mogli dei
parlamentari. L’altra speranza è quella di sempre: la giurisprudenza,
ossia una corte che dichiari illegittima questa norma, perché contributi
versati verrebbero scippati dall’Istituto di previdenza a persone che
li hanno versati. A proposito di Inps, cosa dice Boeri di questa riforma?
Economista dalla visione liberale, può accettare una riforma così
profondamente illiberale solo per fare cassa, cassa, peraltro, sulla
pelle delle vedove?
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