di Roberta Fantozzi -
area lavoro e economia – segreteria nazionale PRC
Da settimane il governo Renzi e i principali mezzi di comunicazione
portano avanti una campagna violenta contro le lavoratrici e i
lavoratori pubblici, accusati in sostanza di essere tutti nullafacenti,
come se ospedali, scuole, enti locali, biblioteche e il resto del
comparto pubblico funzionassero da soli.
Nessuno come è ovvio difende i comportamenti fraudolenti di chi fa
timbrare il cartellino da altri. Ma quei comportamenti erano già
perseguibili e passibili di licenziamento a normativa vigente, come
dimostrano gli stessi casi di Sanremo e Tolmezzo, senza che ci fosse
nessun bisogno di intervenire con nuove norme.
Il decreto del governo e la crociata mediatica continuamente alimentata hanno dunque altri scopi. Servono
per “giustificare” agli occhi dell’opinione pubblica la politica di
tagli e privatizzazioni dei servizi, blocco della contrattazione e del
turn- over, che il governo porta avanti e di cui è emblematica la Legge
di Stabilità per il 2016.
Il contesto è infatti quello di politiche che mentre
distribuiscono una gran quantità di risorse ai ceti abbienti e alle
imprese (dall’eliminazione della Tasi-Imu sugli immobili di pregio, alle
modifiche dell’Irap, alla decontribuzione, alla riduzione prevista
dell’Ires, ai super-ammortamenti…) continuano a tagliare pesantemente
sui servizi e sul comparto pubblico.
La Legge di Stabilità 2016 mette in campo oltre 8 miliardi di tagli
tanto nel 2016 che nel 2017 e oltre 10 miliardi nel 2018,
prevalentemente concentrati su sanità, regioni e settore pubblico in
generale. Sono tagli che si aggiungono a quelli delle manovre
precedenti, mentre le clausole di salvaguardia impongono per il 2017 e
2018 di reperire rispettivamente altri 15,1 e 19,6 miliardi, che la
stessa Legge indica debbano venire dall’ulteriore riduzione di tutto ciò
che è servizio o patrimonio pubblico.
Sblocca Italia, Legge di stabilità 2015 e il recente decreto sulle partecipate, rappresentano i tasselli della strategia messa in campo dal governo per la privatizzazione e finanziarizzazione accelerata dei servizi pubblici locali,
con pesantissimi impatti sull’occupazione. Mentre il dimezzamento del
personale di Province e aree metropolitane, renderà impossibile
garantire servizi fondamentali, dall’edilizia scolastica all’ambiente,
dalla viabilità ai trasporti.
Non è un caso che la stessa Corte dei Conti abbia denunciato che
siamo ormai a operazioni “di contrazione, se non di soppressione, di
prestazioni rese alla collettività”, intervenendo con un linguaggio
quanto mai esplicito a sottolineare la gravità dell’attacco messo in
campo dal governo al welfare e alla funzione pubblica in quanto tale.
Demistifichiamo i luoghi comuni sul lavoro pubblico.
Se questa situazione rende necessario il contrasto all’impianto complessivo delle politiche del governo, è parte di essa la demistificazione dei tanti luoghi comuni sul lavoro pubblico.
*Il blocco della contrattazione che dura ormai da 6 anni ha
comportato una perdita della retribuzione media di circa 600 euro nel
2014 rispetto a quella del 2011. In alcuni comparti in cui le
retribuzioni sono tra le più basse, come quello delle Regioni ed
Autonomie Locali, la perdita è superiore, di 652 euro. I dati sono
quelli ufficiali della Ragioneria Generale dello Stato (Ragioneria
Generale dello Stato, ANALISI DI ALCUNI DATI DEL CONTO ANNUALE DEL
PERIODO 2007-2014, pagina 69, tabella 6.9 http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/e-GOVERNME1/SICO/Conto-annu/2014/Comunicazione-2016-01-15/ANALISI_DATI_2007-2014.pdf ).
Come è noto la Legge di Stabilità per il 2016, nonostante la
sentenza della Corte Costituzionale, ha stanziato per il “rinnovo” del
contratto 219 milioni di euro per 1,3 milioni di lavoratori
contrattualizzati a livello centrale (circa 12 euro mensili lorde di
incremento), 81 milioni di euro per i 500.000 lavoratori del comparto
sicurezza, mentre per altri 1,2 milioni di lavoratori le risorse per il
“rinnovo” contrattuale sono in carico alle singole amministrazioni.
*Il numero delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici è nettamente inferiore a quello dei principali paesi europei.
Nel 2013 l’Italia aveva 5,5 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti
contro gli 8,5 della Francia, gli 8,3 della Gran Bretagna, i 5,6 della
Germania, per non parlare della Svezia con i suoi 13,5 dipendenti ogni
100 abitanti.
In termini assoluti questo significa ad esempio che la Gran Bretagna
con una popolazione nel 2013 di poco superiore a quella Italiana (64
milioni contro i 61 dell’Italia) aveva 5,3 milioni di dipendenti
pubblici, 2 milioni in più rispetto ai 3,3 milioni dell’Italia. La
vulgata di un settore pubblico ipertrofico è totalmente falsa. Anni di
politiche di esternalizzazione dei servizi con cui si sono spesso
finanziate clientele, si sono compressi i diritti dei lavoratori e
peggiorato la qualità dei servizi, hanno portato ad un settore pubblico
nettamente sottodimensionato. Con una grave compromissione della
quantità e qualità dei servizi, a rischio in molti settori.
Anche in questo caso si tratta dei dati ufficiali della Ragioneria
Generale dello Stato (Ragioneria Generale dello Stato LA SPESA PER
REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE: CONFRONTO TRA GERMANIA, FRANCIA, ITALIA,
REGNO UNITO E SPAGNA, pagina 8 tabella 4.5 http://www.contoannuale.tesoro.it/portal/samples/images/CONFRONTI%20INTERNAZIONALI.pdf )
La Legge di Stabilità per il 2016 a fronte di pochissime e settoriali assunzioni prevede un nuovo blocco del turn-over.
Per le amministrazioni dello Stato, le agenzie, gli enti di ricerca, le
regioni e gli enti locali, le assunzioni a tempo indeterminato possono
avvenire solo entro la misura del 25% del budget derivante dalle
cessazioni di personale con la medesima qualifica avvenute nell’anno
precedente. La norma è sospesa per regioni ed enti locali per 2017 e
2018 per riassorbire il personale delle province, ma la nuova stretta è
pesantissima. I “risparmi” complessivi previsti per il blocco del turn
over, vanno dai 44 milioni del 2016 a quasi 1 miliardo (919 milioni) nel
2019, 3 volte quanto stanziato per il “rinnovo” del contratto.
Come sottolineava il dossier del servizio studi del Senato
“andrebbero richieste adeguate rassicurazioni in merito alla effettiva e
piena sostenibilità dell’irrigidimento del blocco parziale del turn
over, dal momento che negli anni più recenti le amministrazioni hanno
subito già un blocco drastico dei reclutamenti che potrebbe averle già
messe nella condizione di non poter assicurare i livelli minimi di
servizio.” Va ricordato anche che dal 1 gennaio 2017 non sono più
attivabili contratti di collaborazione e che nel 2018 scadranno i circa
80.000 contatti a tempo determinato di durata ultratriennale.
*Le lavoratrici e i lavoratori pubblici hanno inoltre un’età media particolarmente elevata. Nel
2014 è di 49,2 anni, sei anni in più che nel 2001, con la previsione
che si innalzi ancora di più ed arrivi nel 2019 a 53,2 anni. Questo a
causa del blocco del turn-over e del contemporaneo innalzamento dell’età
pensionabile determinato dalla controriforma delle pensioni. Ai giovani
è in sostanza precluso l’accesso alla Pubblica Amministrazione
(Ragioneria Generale dello Stato, ANALISI DI ALCUNI DATI DEL CONTO
ANNUALE DEL PERIODO 2007-2014, pagina 80 tabella 7.1 http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/e-GOVERNME1/SICO/Conto-annu/2014/Comunicazione-2016-01-15/ANALISI_DATI_2007-2014.pdf ).
*Le lavoratrici e i lavoratori pubblici costano ai cittadini
italiani meno della media europea e molto meno che nei principali paesi
europei. Nel 2015 la spesa procapite annua per le lavoratrici e i
lavoratori pubblici in Italia è più bassa della media dell’Europa a 28
di 217 euro, di 81 euro rispetto ala Germania, di 974 euro rispetto a
quella della Gran Bretagna, e di 1539 euro rispetto a quella della
Francia. Questo nonostante l’età elevata e dunque carriere lavorative
lunghe siano un fattore di oggettivo incremento dei costi. (Ragioneria
Generale dello Stato LA SPESA PER REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE:
CONFRONTO TRA GERMANIA, FRANCIA, ITALIA, REGNO UNITO E SPAGNA Pagina 7
tabella 4.1 http://www.contoannuale.tesoro.it/portal/samples/images/CONFRONTI%20INTERNAZIONALI.pdf )
Una campagna rivolta alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici
Il volantino allegato vuole essere uno strumento per parlare
innanzitutto alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici, da far girare
sul web e da distribuire nei luoghi di lavoro, per ricostruire un
intervento continuativo.
E’ del tutto evidente infatti che se la violenza dell’attacco contro i
dipendenti pubblici ha lo scopo di legittimare le operazioni del
governo di distruzione dei servizi, quella campagna produce anche una
colpevolizzazione delle lavoratrici e lavoratori pubblici, che oscillano
tra rabbia e impotenza. La ricostruzione di quello che davvero avviene
oggi nel lavoro pubblico è condizione per poter difendere le lavoratrici
e i lavoratori, e al tempo stesso i servizi e i diritti per tutti i
cittadini.
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