Intervento di Paolo Maddalena all’Assemblea del Coordinamento Democrazia Costituzionale
30 Gennaio 2015 – Università della Sapienza, Roma
La
prima cosa da dire ai cittadini chiamati a esprimersi sui referendum,
per “le riforme costituzionali” e per l’abrogazione della legge
elettorale “Italicum”, è quella di chiedersi: “cui prodest”? A chi
giova? In altri termini, all’immaginario collettivo, ottenebrato dalla
politica menzognera del “neoliberismo”, pensiero unico dominante, deve essere innanzitutto chiarito che dette
riforme, obiettivo ultimo e non rinunciabile di Matteo Renzi, non sono
di alcuna utilità per il popolo italiano, ma servono soltanto agli
interessi economici della “finanza”, cioè delle banche e delle
multinazionali, alle quali Renzi, come in genere l’intera classe
politica, si è da tempo asservito.
In
proposito è molto importante sottolineare che la “finanza” possiede una
“ricchezza fittizia”, costituita da “prodotti finanziari”, ed in
particolare da “derivati” ad alto rischio per la Collettività, che ha
raggiunto dimensioni stratosferiche.
E’ stato valutato che, nel 2010, il
valore dei “derivati” in circolazione nel mondo ammontava a
1,2 quadrilioni di dollari, mentre il prodotto interno lordo di tutti i
paesi del mondo arrivava a mala pena a 60 trilioni di dollari. La
situazione odierna è certamente molto più grave, ma ciò che è da porre
in evidenza è che la “finanza”, avendo in mano, quasi per intero, tutta
questa “ricchezza fittizia”, è in grado di determinare, essa sola, il
livello dei prezzi delle materie di maggior consumo, il valore
delle singole imprese (aziende, industrie, banche, ecc.) e il livello
dei tassi di interesse sul debito pubblico e privato. Ne consegue che i
destini dei singoli e dei popoli sono finiti nelle loro mani.
Questa “ricchezza fittizia” è stata
costruita grazie al “sistema della creazione del danaro dal nulla” da
parte delle banche private, le quali sono state autorizzate dalla legge a
trasformare i propri diritti di credito (derivanti da prestiti a
clienti), in “titoli commerciabili”, cioè in “obbligazioni” il cui
valore dipende dal fatto, certamente aleatorio, che il debito sia
pagato. Questo “sistema” cosiddetto dei “derivati” si è ben presto
esteso a qualsiasi “strumento finanziario” che faccia “derivare il
proprio valore” da quello di altre attività, quali merci, valute,
crediti, titoli, indici finanziari o addirittura eventi sportivi, corse
di cavalli, gare di calcio, ecc. Si tratta in sostanza di “scommesse”
sul verificarsi di un determinato evento. Un vero e proprio assurdo.
Le
leggi che rendono legittimi questi “strumenti finanziari” sono state
emanate, dapprima negli Stati Uniti, e poi man mano in molti Stati
dell’Occidente. In Italia, la legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002)
autorizza gli enti locali a pareggiare i propri bilanci con i
“derivati”, che la legge stessa denomina “swap”. La legge n. 130 del
1999, disciplina precisamente la “cartolarizzazione dei diritti di
credito”, cioè di un particolare tipo di derivati che fanno derivare il
“valore” economico del titolo stesso dal “pagamento” o dal “mancato
pagamento” dei “debiti cartolarizzati”. Ci sono poi numerose leggi dei
governi Berlusconi, che riguardano “la cartolarizzazione delle vendite
degli immobili pubblici”, il cui valore economico deriva dal fatto che
detti immobili “siano venduti” o restino “invenduti”; ci sono ancora
leggi che prevedono un’altra forma di “derivati”, i “project bond”, il
cui “valore” deriva dal fatto che la costruzione di una determinata
opera pubblica “produca” o “non produca” un aumento di valore degli
immobili circostanti, e l’elenco, lo si creda, potrebbe continuare a
lungo. Questi “titoli commerciabili” sono in sostanza delle
obbligazioni, per così dire, “a rischio”, il cui valore, come si è
appena detto, deriva dal verificarsi o meno di determinati eventi, e
servono per “trasferire” sugli acquirenti” il “rischio” insito nel
titolo stesso. Se, poi, con detti titoli si pareggiano i bilanci di una
banca che non può fallire, ovvero un ente pubblico territoriale, è
chiaro che il rischio viene direttamente trasferito sulla collettività.
Tutto questo avviene a livello mondiale. La situazione, tuttavia, è ancora più grave in Europa, nella quale dirige le operazioni la cd. “troika”,
che è formata: dalla BCE, composta da 18 banche centrali “private”,
dalla Commissione Europea (completamente asservita ai voleri della
finanza) e (non si sa bene a quale titolo) dal Fondo Monetario
Internazionale, formato da 12 banche “private” di primaria importanza,
tra le quali la Rothschild, la Goldman Sachs, la J. P. Morgan, e da una
moltitudine di altre banche private tra loro collegate e in genere
dipendenti dalle banche maggiori. Questo organismo, sotto la spinta
autoritaria della Bundesbank, che è la più forte delle banche centrali
europee, impone agli Stati membri del sud Europa una “politica di
austerità”, al fine dichiarato, ma assolutamente menzognero, di
diminuire il debito pubblico, che poi, con altra menzogna, viene fatto
ritenere come conseguente ai “costi dello stato sociale”, e non, come
realmente è, agli alti “tassi di interesse” imposti dai mercati sui
titoli del debito pubblico. E si noti al riguardo che i paesi del nord
Europa, e specie i paesi scandinavi (che sono portati a modello)
spendono per i servizi pubblici essenziali di gran lunga molto più
dell’Italia e, in genere, dei Paesi del sud Europa. In effetti, non può
sfuggire all’opinione pubblica che l’imposizione della politica di
austerità, facendo tagliare le spese e facendo diminuire gli
investimenti in attività produttive, comporta una “aumento” e non una
“diminuzione” del debito pubblico, visto che si tratta di un rapporto
tra debito e PIL. Come se ciò non bastasse, questo Organismo impone agli
Stati del sud Europa anche i cd. “compiti a casa”, l’obbligo cioè di
attuare riforme che, anziché far crescere l’economia con investimenti
produttivi, la fanno andare in recessione aumentando la disoccupazione.
E qui viene in evidenza l’altro strumento che, oltre la “creazione del danaro dal nulla”, utilizza la “finanza”: le “privatizzazioni” dei beni pubblici
in proprietà collettiva del popolo, le quali sono presentate come”
vantaggiose” per gli interessi degli Italiani, in quanto servono a
pareggiare i bilanci pubblici. Si tratta, invece, di strumenti
menzogneri e micidiali, poiché recidono il legame tra un’industria, o un
altro bene produttivo, ed il territorio, facendo in modo che questo
bene, che apparteneva a tutti i cittadini e che è stato venduto a un
solo soggetto, di solito straniero, vaga per il mondo come vaga il suo
titolare con la conseguente “delocalizzazione” che provoca perdita dei
posti di lavoro ed ulteriore miseria.
Altra disastrosa menzogna è quella che riguarda la proclamata bontà delle “liberalizzazioni”,
anch’esse volute da questa specie di Europa che Europa non è, le quali
sono invece dannosissime per l’Italia, poiché pongono in concorrenza
aziende ed industrie dei paesi del sud Europa, e soprattutto italiane,
con aziende ed industrie straniere, come quelle tedesche, che godono dei
favori del mercato, e quindi godono di una posizione di vantaggio
(posizione economica dominante), e agiscono spesso violando impunemente i
Trattati internazionali e quelli dell’Unione Europea.
Non può sfuggire a nessuno che, In realtà, le
“privatizzazioni” e le “liberalizzazioni” servono per far sì che la
finanza possa trasformare in “beni reali” i beni “fittizi” creati dal
nulla, possa cioè impunemente esercitare un’opera predatoria di
rastrellamento dei beni reali esistenti, annientando la sua originaria
funzione che era quella di investire, guadagnare sugli investimenti (il
profitto) e aumentare l’occupazione. In altri termini, l’antico
percorso “finanza-prodotto-finanza”, si è ora trasformato nel percorso
“finanza-finanza”, con l’effetto di produrre ricchezza per pochi e
disoccupazione, recessione e miseria per tutti coloro che non fanno
parte della ristretta “oligarchia neocapitalistica”.
Si capisce, a questo punto, che l’ultimo
ostacolo che la finanza desidera fortemente superare per la
realizzazione completa del suo “progetto politico” è costituito
dall’esistenza in Europa delle Costituzioni del secondo dopoguerra,
che tutelano i diritti fondamentali della persona umana e che
impediscono le subdole operazioni delle quali si è detto. D’altro canto è
da segnalare che già oggi il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’Organo
dell’UE che elargisce i prestiti, gettando nella miseria e nella morte
milioni di persone (vedi la Grecia), si avvale di taluni provvedimenti
normativi che dichiarano i loro componenti “immuni da qualsiasi
responsabilità penale, civile e amministrativa, ed immuni i loro
archivi”, in modo che nessun giudice nazionale possa leggere i documenti
in essi conservati. Questa “immunità” verrà estesa a tutti gli
operatori economici e finanziari con la firma, già promessa da Renzi,
del Trattato Transatlantico tra Stati Uniti e UE (TTIP), di prossima
sottoscrizione.
Eppure,
questo “deforme sistema economico finanziario” che è stato creato dal
pensiero neoliberista e attuato dall’oligarchia finanziaria, potrebbe
essere facilmente smantellato, se si abrogassero le leggi
incostituzionali sinora emanate in materia dai singoli Stati e, per
quanto ci riguarda, si applicasse il sistema dell’”economia mista”
previsto dalla Sezione terza della Parte prima della vigente
Costituzione repubblicana.
Ma, ovviamente, i
governi Europei, ed in particolare i nostri, del tutto asserviti alla
finanza, si guardano bene dall’applicare le proprie Costituzioni e fanno
di tutto per distruggerle. Infatti, da noi, le modifiche
costituzionali oggetto di referendum servono proprio per fare in modo
che una ristretta cerchia di elettori, che potrebbero costituire anche
solo il 20 o 25 per cento dell’elettorato attivo, possa, mediante il
sistema del ballottaggio previsto dall’attuale legge elettorale, detta
“Italicum”, avere la stragrande maggioranza dei seggi in Parlamento, e,
essendo stato il Senato reso del tutto passivo ed imbelle dalla stessa
riforma, attuare agevolmente “ulteriori modifiche” anche della parte
prima della Costituzione, cancellando persino i “diritti fondamentali”
che più insidiano gli interessi della finanza, come il diritto alla
salute, all’istruzione, alla ricerca scientifica e tecnologica e così
via dicendo.
E’ opportuno comunque ricordare che tutti
i provvedimenti legislativi approvati nel corso del governo Renzi hanno
questa incredibile caratteristica: sono a favore della finanza
internazionale (soprattutto statunitense e tedesca) e sono contro gli
interessi del Popolo italiano, contro la salute dei cittadini e contro
l’ambiente.
Per
esser brevi, citiamo soltanto l’art. 1 del decreto “Sblocca Italia”, nel
quale si legge che “in caso di motivato dissenso da parte di
un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico
territoriale, del patrimonio storico o artistico o alla tutela della
salute e della pubblica utilità, la questione, in deroga all’art.
14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modifiche e integrazioni, è rimessa alla decisione del Commissario, che
si pronuncia entro quindici giorni”. Il che vuol dire che l’interesse
all’esecuzione dell’opera (molto spesso inutile o dannosa) prevale sulla
tutela del territorio, della salute e dell’incolumità dei cittadini. Si
potrebbero peraltro citare una serie interminabile di provvedimenti che
vanno in questo senso: si pensi al “Jobs Act”, che ha eliminato con un
tratto di penna i diritti dei lavoratori conseguiti dopo decenni di
lotta, alla “buona scuola”, che affida tutto a un “manager” e privilegia
le scuole dei ricchi al posto di quella pubblica di tutti, alla
“riforma della P. A.”, la quale, tra l’altro, ha disposto che il
principio del “silenzio assenso” valga anche per le zone vincolate,
mentre ha tolto autorità alle Soprintendenze, accorpandole e
sottoponendole al Prefetto.
Ciò
detto si capisce che Renzi dice il vero quando annuncia che, se perdesse
il referendum, lascerebbe la politica: egli, evidentemente, ha
assicurato ai suoi sostenitori “finanziari” che avrebbe cancellato la
nostra Costituzione Repubblicana. Cosa che, come si è visto, è resa
possibile attraverso la modifica costituzionale in esame in rapporto
alla nuova legge elettorale detta Italicum. Una combinazione di leggi
che consegnerebbe il Parlamento ed il Paese ad una minoranza, divenuta,
per la “magia” delle modifiche renziane, una “maggioranza fittizia”,
facilmente manovrabile dal Capo del governo.
Ecco allora che si rende necessaria la battaglia referendaria che sta per iniziare: dire
chiaramente NO a questa riforma costituzionale ed a questa legge
elettorale rappresenta un dovere per ogni cittadino Italiano ed una
necessità improrogabile per l’interesse dell’intero nostro Paese.
Paolo Maddalena
(Vice Presidente Emerito della Corte costituzionale)
Nessun commento:
Posta un commento