Si chiamerà Ross@ – Resistenza, Organizzazione, Solidarietà, Socialismo, A come anticapitalismo, antipatriarcato, antirazzismo, antifascismo, ambientalismo – dove l’ultima a è la chiocciolina, simbolo di connessione. Connessione di soggetti smarriti. Soggetti che resistono ma che faticano a parlarsi. E’ quello che Francesco Piccioni, giornalista del Manifesto, disegna con efficacia: «Siamo le cinquanta sfumature di rosso». Ma il punto di rottura con la “tradizione” sta nel fatto che questa affollata assemblea dentro un cinema della Bolognina non è la fusione a freddo di gruppi dirigenti. E’ il primo incontro nazionale della “dichiarazione comune per un nuovo soggetto anticapitalista e libertario” che si tiene a pochi metri dal luogo dove il Pci scelse di sciogliersi più di vent’anni fa. «Il Pd è nato lì, speriamo di non fare lo stesso percorso», scherza Giorgio Cremaschi. «Non siamo all’anno zero ci sono storie, rancori, ragioni. Siamo in grado di metterle in discussione?», si chiede citando il motto di San Paolo: «Non voglio sapere da dove vieni ma che strada farai e come la faremo insieme».
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«Ross@ come la bandiera della Comune di Parigi, primo esperimento di socialismo in Occidente». E’ una proposta di lotta prima di essere un movimento e nasce dalla “dichiarazione comune per un soggetto anticapitalista e libertario” firmata da centinaia di attivisti sindacali e politici provenienti perlopiù dalla Rete 28 Aprile (la minoranza di sinistra della Cgil), dall’Usb, dal comitato No debito, da Sinistra critica, dalla Rete dei comunisti e da settori di Rifondazione comunista. La loro relazione non sarà pattizia ma si baserà su un principio elementare: una testa, un voto.
«Aderiamo a questo percorso come militanti che non rinunciano alle proprie appartenenze sindacali, politiche e nei movimenti sociali – spiega Giorgio Cremaschi nell’intervento introduttivo – ma che impegnano la propria persona nell’impresa di costruire una casa comune della lotta e dell’alternativa anticapitalista. Aderiamo a questi punti e a questa proposta per lavorare alla loro diffusione, approfondimento, arricchimento e all’organizzazione del percorso. Sappiamo che il primo metro di misura saranno il rigore e la coerenza personale con cui li porteremo avanti. Ci ritroveremo a settembre dopo aver discusso in ogni parte del paese. Ci diamo come scadenza il prossimo autunno. Allora dovremo essere in piazza con una forza tale da mettere in crisi il governo e il dominio della Troika europea e chi li sostiene».
***
«Gli attacchi alla classe operaia si stanno succedendo in tutta Europa. La disoccupazione di massa, la riduzione delle prestazioni sociali, la mancanza di sicurezza in ogni aspetto della vita – tutto questo richiede una risposta. I vecchi partiti del centro sinistra sono ormai compromessi dal loro sostegno al programma di austerità. La loro idea di un capitalismo compassionevole che può essere accettato per lavorare nell’interesse di tutti è chiaramente una truffa. Com’era prevedibile, di fronte a questa verità, essi si allineano con i partiti della destra. Abbiamo bisogno di ricominciare. Abbiamo bisogno di nuovi partiti della sinistra che capiscano e difendano gli interessi della gente comune. Dobbiamo unirci in questo progetto in tutta Europa. Possiamo avere successo solo se realizziamo l’internazionalismo!».
Questo saluto del regista Ken Loach, il silenzio per le vittime del porto di Genova e poi l’introduzione di Giorgio Cremaschi di cui abbiamo anticipato le proposte.
***
La sua relazione si snoderà attorno al testo dell’appello finale che riproponiamo integramente: “Lo sfruttamento del lavoro, la disoccupazione e la precarietà di massa, la violenza sulle donne, le discriminazioni e la soppressione dei diritti, la cancellazione della democrazia, la devastazione della natura, avanzano.
È necessario qui ed ora un movimento sociale e politico anticapitalista e libertario, che non insegua i miraggi di piccoli aggiustamenti che in nome del meno peggio portano sempre al peggio Noi pensiamo che sia necessario riprendere la via della liberazione della società dal dominio del mercato e del profitto, noi pensiamo che oggi si possa e si debba rendere attuale il socialismo.
Competitività, flessibilità, austerità, produttività sono parole che presiedono alle politiche oggi dominanti. Politiche nemiche della umanità e della natura. Bisogna rompere con esse e con chi le adotta come valore e metro di misura. Dobbiamo combattere i privilegi della casta, ma ancora di più lottare contro il potere vero, quello della ricchezza, del mercato, dei padroni.
A tutto questo contrapponiamo il socialismo del 21esimo secolo, che si costruisce sulle necessità di oggi, con obiettivi e conquiste progressive e con la partecipazione popolare, che cammina passo passo con le lotte per la la liberazione dallo sfruttamento e da ogni oppressione.
Noi vogliamo:
1) Rompere con l’Unione europea. Democrazia vera, diritti del lavoro, stato sociale, eguaglianza, libertà sono incompatibili con l’Europa del rigore, del fiscal compact, di Maastricht e della Troika. Non c’è nulla da rinegoziare, i trattati vanno cancellati. L’euro e il debito non ci debbono più ricattare, bisogna che i popoli conquistino la sovranità sulla moneta e sulla spesa pubblica. 2) Ridurre l’orario di lavoro e il tempo di lavoro a parità di salario, mentre il reddito deve essere garantito a chi non ha un lavoro sicuro e dignitoso. L’educazione e la formazione pubbliche, l’abitare, la sanità pubblica vanno garantite e tutta la società va ricostruita su nuove basi. La sola compatibilità è l’eguaglianza sociale
3) I beni comuni in mano pubblica, così come le banche e le attività strategiche. Il lavoro deve controllare la produzione e il potere pubblico deve impedire la chiusura delle aziende, le delocalizzazioni, i licenziamenti. La democrazia deve entrare in ogni luogo di lavoro.Riconversione industriale e produttiva, salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale, intervento pubblico generalizzato nella economia.
4) Libertà delle donne contro l’oppressione patriarcale, libertà e cittadinanza dei migranti contro le leggi schiaviste, libertà e diritti delle persone contro i poteri del mercato e delle burocrazie autoritarie.
5) Una politica fiscale immediatamente e fortemente redistributiva verso i redditi fissi, da lavoro e pensione, a danno della grande rendita, del grande capitale, delle ricchezze private e dell’evasione.
6) Pace e disarmo, con la fine immediata di tutte le missioni militari all’estero e di tutte le spese di guerra.
7) Una vera democrazia fondata su una legge elettorale proporzionale pura, sulla distruzione dei privilegi delle caste, sul diritto dei lavoratori a decidere liberamente su chi li rappresenta e sugli accordi, sulla partecipazione, sui referendum, sul diritto a decidere delle popolazioni nel territorio. Diciamo no al presidenzialismo e all’autoritarismo plebiscitario che mirano a distruggere la Costituzione Repubblicana.
Non uno solo di questi punti è oggi interamente sostenuto dalle forze di centrosinistra e dai grandi sindacati confederali.
Sono nostri avversari il governo Napolitano Letta Berlusconi, il suo programma e chi lo sostiene. Sono avversari la politica di austerità della Troika europea, e la sua traduzione nelle relazioni sindacali con il patto corporativo tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria. Sono altro da noi tutta la politica del centrosinistra e tutti i tentativi di riaffermarla.
Noi vogliamo essere militanti di un movimento politico che affermi il diritto e la legittimità dell’alternativa, che rovesci gli equilibri, i poteri, i vincoli che oggi impediscono ogni reale cambiamento e che prima di tutto sia uno strumento per l’organizzazione e la rappresentanza di tutte e tutti coloro che vengono colpiti dallo sviluppo capitalista e dalla sua crisi e vogliono ribellarsi.
Per questo cominciamo oggi un percorso che sappiamo difficile e pieno di ostacoli, ma convinti che se le forze anticapitaliste in Italia resteranno nella frammentazione attuale, la reazione antisociale continuerà”.
***
Il riferimento al Socialismo del XXI secolo, verrà spiegato, è utile a riprendere la marcia del superamento del capitalismo «senza attenerci al manuale delle giovani marmotte che ci spieghi come fare – avverte Cremaschi – c’è una cultura della competitività da combattere, che ci pervade, serve un’educazione di massa ossia lavorare sul piano delle lotte e del senso comune del cambiamento sociale. Dobbiamo dire che questo non è l’unico mondo possibile».
Centrali – anche per molti altri interventi – la suggestione che questa Europa sia come quella del 1847, della Santa Alleanza del Capitale e la chiarezza sul fatto che le macerie iniziano ad accumularsi quando la sinistra di classe infrange i sogni, spezza la connessione sentimentale col suo popolo, votando i crediti di guerra col governo Prodi.
«Siamo alternativi alla politica del quotidiano La Repubblica, non siamo liberali. Siamo alternativi al centrosinistra – chiarisce il leader della Rete28Aprile rivolto a chi segue le giravolte di Vendola e Sel – non solo a quello che governa oggi ma anche a chi pensa che si debba tornare all’originario centrosinistra: ma non ne abbiamo avuto abbastanza di Treu, della guerra, dei Cpt eccetera? Non sarà un partito del lavoro, è un concetto ambiguo, siamo per la liberazione del e dal lavoro. Vogliamo provarci anche sul piano di massa, vorremmo portare in autunno centinaia di migliaia di persone contro il governo Letta-Alfano, vogliamo dalla sindrome depressiva dell’Italia, siamo l’unico paese europeo dove non ci sono percorsi anticapitalisti di massa».
Decine gli interventi che si sono succeduti e che sono conservati in rete da Libera.tv che ha curato la diretta streaming: Sergio Cararo (che ha invitato a liberarsi dalle ossessioni elettoralistiche e a non essere più la sinistra a km zero, quella che si occupa solo del proprio territorio, incapace, appunto di relazioni e di conflitto); Fabrizio Tomaselli, segretario dell’Usb; Nicoletta Dosio dalla Val Susa No Tav: «La speranza della rivoluzione deve passare concretamene dalla lotta comune – dirà citando Pasolini – “ridiventa straccio e il più povero ti sventoli”». Da quella valle anche un modello a disposizione di questa intrapresa: si fa quello che si decide insieme anche se ciascuno mantiene la propria identità.
***
Eleonora Forenza (Prc) spiegherà che Ross@ «non è un appello, e nemmeno un movimento di opinione ma un movimento reale, in relazione con le conflittualtà No troika e con chi in America latina si batte per la sovranità popolare». Non sfugge a Mauro Casadio della rete dei comunisti che oggi il blocco sociale (e questo ha influenza sui modelli organizzativi) «è brutto, sporco e cattivo» e così sarà finché non verrà sconfitta l’egemonia del capitalismo su questi settori sociali.
«Però bisogna provarci a reagire – suggerirà Franco Turigliatto – a partire dall’individuare i nemici nella borghesia europea e i suoi violenti governi. Non si può accettare come normalità il degrado, la miseria, la demoralizzazione, la disperazione. La radicalità dei contenuti va messa insieme al carattere alternativo: non bisogna accettare le regole del gioco ma costruire l’alternativa complessiva anche al centrosinistra, strumento della gestione capitalistica. Non ci si allea con quelli che hanno intenzione di gestire gli affari della borghesia. Chi dice che vuole cambiare le cose dovrebbe rivoltare le leggi di questi ultimi decenni. Non lo faranno altri, lo dobbiamo farlo noi».
Da Roma è arrivato Sandro Medici, candidato sindaco per una coalizione che comprende sia pezzi di Ross@, sia la Fds, sia Alba. Medici è venuto a dire di sentirsi «parte di questa inquietudine perché sento di poter offrire un contributo in questo stesso campo di ricerca, perché a Roma abbiamo costruito un’esperienza che ha un’ambizione ulteriore quella di immaginarsi un percorso che si compone intorno a questa campagna elettorale per un insediamento politico che a Roma manca e se ne sente la mancanza. Prima discriminante: noi siamo all’opposizione, e, su un piano di governo del territorio non era scontato». Alla discussione Medici offre le caratteristiche di Repubblica Romana che prova a superare la contraddizione non solo romana «di una ricchissima esperienza di realtà di lotta che però stabiliscono un rapporto parassitario con la politica, subalterno. Eppure il tessuto di lotta è fiammeggiante ma non trova un deposito che riesca a farlo diventare protagonista politico. E’ arrivato il momento che queste realtà si autorappresentino senza stare col cappello in mano sfuggendo alla logica micidiale del meno peggio. Se l’Europa è ottocentesca Repubblica romana è l’antidoto al clima da Congresso di Vienna».
Difficile “zippare” in un articolo ciascuna delle voci ascoltate ma il dibattito ha avuto davvero molti contributi: da Michele Franco (che ha ricordato l’esperienza del comitato No Debito) a Sergio Bellavita della Fiom, come Eliana Como che parla dopo di lui. Da Fabio Amato, responsabile esteri del Prc a Iacopo Venier di Libera.tv, a Franco Russo e Roberto Musacchio fino a Paolo Di Vetta dei Blocchi precari metropolitani di Roma, Imma Barbarossa del Prc e il salernitano Nicola Comanzo. Francesco Piobbichi, di Rifondazione, proporrà che, tra le pratiche efficaci ci siano quelle di mutuo soccorso perché saranno utili nella fase lunga a rompere l’egemonia del capitalismo. Nando Simeone (Sinistra critica), avverte che a complicare l’impresa c’è il fatto che la maggioranza degli attivisti è ormai priva di riferimenti organizzati, che dietro gli errori c’è l’illusione che settori più avanzati di movimento operaio potessero fare un compromesso dinamico con settori avanzati di borghesia».
«Ross@ come la bandiera della Comune di Parigi, primo esperimento di socialismo in Occidente». E’ una proposta di lotta prima di essere un movimento e nasce dalla “dichiarazione comune per un soggetto anticapitalista e libertario” firmata da centinaia di attivisti sindacali e politici provenienti perlopiù dalla Rete 28 Aprile (la minoranza di sinistra della Cgil), dall’Usb, dal comitato No debito, da Sinistra critica, dalla Rete dei comunisti e da settori di Rifondazione comunista. La loro relazione non sarà pattizia ma si baserà su un principio elementare: una testa, un voto.
«Aderiamo a questo percorso come militanti che non rinunciano alle proprie appartenenze sindacali, politiche e nei movimenti sociali – spiega Giorgio Cremaschi nell’intervento introduttivo – ma che impegnano la propria persona nell’impresa di costruire una casa comune della lotta e dell’alternativa anticapitalista. Aderiamo a questi punti e a questa proposta per lavorare alla loro diffusione, approfondimento, arricchimento e all’organizzazione del percorso. Sappiamo che il primo metro di misura saranno il rigore e la coerenza personale con cui li porteremo avanti. Ci ritroveremo a settembre dopo aver discusso in ogni parte del paese. Ci diamo come scadenza il prossimo autunno. Allora dovremo essere in piazza con una forza tale da mettere in crisi il governo e il dominio della Troika europea e chi li sostiene».
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«Gli attacchi alla classe operaia si stanno succedendo in tutta Europa. La disoccupazione di massa, la riduzione delle prestazioni sociali, la mancanza di sicurezza in ogni aspetto della vita – tutto questo richiede una risposta. I vecchi partiti del centro sinistra sono ormai compromessi dal loro sostegno al programma di austerità. La loro idea di un capitalismo compassionevole che può essere accettato per lavorare nell’interesse di tutti è chiaramente una truffa. Com’era prevedibile, di fronte a questa verità, essi si allineano con i partiti della destra. Abbiamo bisogno di ricominciare. Abbiamo bisogno di nuovi partiti della sinistra che capiscano e difendano gli interessi della gente comune. Dobbiamo unirci in questo progetto in tutta Europa. Possiamo avere successo solo se realizziamo l’internazionalismo!».
Questo saluto del regista Ken Loach, il silenzio per le vittime del porto di Genova e poi l’introduzione di Giorgio Cremaschi di cui abbiamo anticipato le proposte.
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La sua relazione si snoderà attorno al testo dell’appello finale che riproponiamo integramente: “Lo sfruttamento del lavoro, la disoccupazione e la precarietà di massa, la violenza sulle donne, le discriminazioni e la soppressione dei diritti, la cancellazione della democrazia, la devastazione della natura, avanzano.
È necessario qui ed ora un movimento sociale e politico anticapitalista e libertario, che non insegua i miraggi di piccoli aggiustamenti che in nome del meno peggio portano sempre al peggio Noi pensiamo che sia necessario riprendere la via della liberazione della società dal dominio del mercato e del profitto, noi pensiamo che oggi si possa e si debba rendere attuale il socialismo.
Competitività, flessibilità, austerità, produttività sono parole che presiedono alle politiche oggi dominanti. Politiche nemiche della umanità e della natura. Bisogna rompere con esse e con chi le adotta come valore e metro di misura. Dobbiamo combattere i privilegi della casta, ma ancora di più lottare contro il potere vero, quello della ricchezza, del mercato, dei padroni.
A tutto questo contrapponiamo il socialismo del 21esimo secolo, che si costruisce sulle necessità di oggi, con obiettivi e conquiste progressive e con la partecipazione popolare, che cammina passo passo con le lotte per la la liberazione dallo sfruttamento e da ogni oppressione.
Noi vogliamo:
1) Rompere con l’Unione europea. Democrazia vera, diritti del lavoro, stato sociale, eguaglianza, libertà sono incompatibili con l’Europa del rigore, del fiscal compact, di Maastricht e della Troika. Non c’è nulla da rinegoziare, i trattati vanno cancellati. L’euro e il debito non ci debbono più ricattare, bisogna che i popoli conquistino la sovranità sulla moneta e sulla spesa pubblica. 2) Ridurre l’orario di lavoro e il tempo di lavoro a parità di salario, mentre il reddito deve essere garantito a chi non ha un lavoro sicuro e dignitoso. L’educazione e la formazione pubbliche, l’abitare, la sanità pubblica vanno garantite e tutta la società va ricostruita su nuove basi. La sola compatibilità è l’eguaglianza sociale
3) I beni comuni in mano pubblica, così come le banche e le attività strategiche. Il lavoro deve controllare la produzione e il potere pubblico deve impedire la chiusura delle aziende, le delocalizzazioni, i licenziamenti. La democrazia deve entrare in ogni luogo di lavoro.Riconversione industriale e produttiva, salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale, intervento pubblico generalizzato nella economia.
4) Libertà delle donne contro l’oppressione patriarcale, libertà e cittadinanza dei migranti contro le leggi schiaviste, libertà e diritti delle persone contro i poteri del mercato e delle burocrazie autoritarie.
5) Una politica fiscale immediatamente e fortemente redistributiva verso i redditi fissi, da lavoro e pensione, a danno della grande rendita, del grande capitale, delle ricchezze private e dell’evasione.
6) Pace e disarmo, con la fine immediata di tutte le missioni militari all’estero e di tutte le spese di guerra.
7) Una vera democrazia fondata su una legge elettorale proporzionale pura, sulla distruzione dei privilegi delle caste, sul diritto dei lavoratori a decidere liberamente su chi li rappresenta e sugli accordi, sulla partecipazione, sui referendum, sul diritto a decidere delle popolazioni nel territorio. Diciamo no al presidenzialismo e all’autoritarismo plebiscitario che mirano a distruggere la Costituzione Repubblicana.
Non uno solo di questi punti è oggi interamente sostenuto dalle forze di centrosinistra e dai grandi sindacati confederali.
Sono nostri avversari il governo Napolitano Letta Berlusconi, il suo programma e chi lo sostiene. Sono avversari la politica di austerità della Troika europea, e la sua traduzione nelle relazioni sindacali con il patto corporativo tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria. Sono altro da noi tutta la politica del centrosinistra e tutti i tentativi di riaffermarla.
Noi vogliamo essere militanti di un movimento politico che affermi il diritto e la legittimità dell’alternativa, che rovesci gli equilibri, i poteri, i vincoli che oggi impediscono ogni reale cambiamento e che prima di tutto sia uno strumento per l’organizzazione e la rappresentanza di tutte e tutti coloro che vengono colpiti dallo sviluppo capitalista e dalla sua crisi e vogliono ribellarsi.
Per questo cominciamo oggi un percorso che sappiamo difficile e pieno di ostacoli, ma convinti che se le forze anticapitaliste in Italia resteranno nella frammentazione attuale, la reazione antisociale continuerà”.
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Il riferimento al Socialismo del XXI secolo, verrà spiegato, è utile a riprendere la marcia del superamento del capitalismo «senza attenerci al manuale delle giovani marmotte che ci spieghi come fare – avverte Cremaschi – c’è una cultura della competitività da combattere, che ci pervade, serve un’educazione di massa ossia lavorare sul piano delle lotte e del senso comune del cambiamento sociale. Dobbiamo dire che questo non è l’unico mondo possibile».
Centrali – anche per molti altri interventi – la suggestione che questa Europa sia come quella del 1847, della Santa Alleanza del Capitale e la chiarezza sul fatto che le macerie iniziano ad accumularsi quando la sinistra di classe infrange i sogni, spezza la connessione sentimentale col suo popolo, votando i crediti di guerra col governo Prodi.
«Siamo alternativi alla politica del quotidiano La Repubblica, non siamo liberali. Siamo alternativi al centrosinistra – chiarisce il leader della Rete28Aprile rivolto a chi segue le giravolte di Vendola e Sel – non solo a quello che governa oggi ma anche a chi pensa che si debba tornare all’originario centrosinistra: ma non ne abbiamo avuto abbastanza di Treu, della guerra, dei Cpt eccetera? Non sarà un partito del lavoro, è un concetto ambiguo, siamo per la liberazione del e dal lavoro. Vogliamo provarci anche sul piano di massa, vorremmo portare in autunno centinaia di migliaia di persone contro il governo Letta-Alfano, vogliamo dalla sindrome depressiva dell’Italia, siamo l’unico paese europeo dove non ci sono percorsi anticapitalisti di massa».
Decine gli interventi che si sono succeduti e che sono conservati in rete da Libera.tv che ha curato la diretta streaming: Sergio Cararo (che ha invitato a liberarsi dalle ossessioni elettoralistiche e a non essere più la sinistra a km zero, quella che si occupa solo del proprio territorio, incapace, appunto di relazioni e di conflitto); Fabrizio Tomaselli, segretario dell’Usb; Nicoletta Dosio dalla Val Susa No Tav: «La speranza della rivoluzione deve passare concretamene dalla lotta comune – dirà citando Pasolini – “ridiventa straccio e il più povero ti sventoli”». Da quella valle anche un modello a disposizione di questa intrapresa: si fa quello che si decide insieme anche se ciascuno mantiene la propria identità.
***
Eleonora Forenza (Prc) spiegherà che Ross@ «non è un appello, e nemmeno un movimento di opinione ma un movimento reale, in relazione con le conflittualtà No troika e con chi in America latina si batte per la sovranità popolare». Non sfugge a Mauro Casadio della rete dei comunisti che oggi il blocco sociale (e questo ha influenza sui modelli organizzativi) «è brutto, sporco e cattivo» e così sarà finché non verrà sconfitta l’egemonia del capitalismo su questi settori sociali.
«Però bisogna provarci a reagire – suggerirà Franco Turigliatto – a partire dall’individuare i nemici nella borghesia europea e i suoi violenti governi. Non si può accettare come normalità il degrado, la miseria, la demoralizzazione, la disperazione. La radicalità dei contenuti va messa insieme al carattere alternativo: non bisogna accettare le regole del gioco ma costruire l’alternativa complessiva anche al centrosinistra, strumento della gestione capitalistica. Non ci si allea con quelli che hanno intenzione di gestire gli affari della borghesia. Chi dice che vuole cambiare le cose dovrebbe rivoltare le leggi di questi ultimi decenni. Non lo faranno altri, lo dobbiamo farlo noi».
Da Roma è arrivato Sandro Medici, candidato sindaco per una coalizione che comprende sia pezzi di Ross@, sia la Fds, sia Alba. Medici è venuto a dire di sentirsi «parte di questa inquietudine perché sento di poter offrire un contributo in questo stesso campo di ricerca, perché a Roma abbiamo costruito un’esperienza che ha un’ambizione ulteriore quella di immaginarsi un percorso che si compone intorno a questa campagna elettorale per un insediamento politico che a Roma manca e se ne sente la mancanza. Prima discriminante: noi siamo all’opposizione, e, su un piano di governo del territorio non era scontato». Alla discussione Medici offre le caratteristiche di Repubblica Romana che prova a superare la contraddizione non solo romana «di una ricchissima esperienza di realtà di lotta che però stabiliscono un rapporto parassitario con la politica, subalterno. Eppure il tessuto di lotta è fiammeggiante ma non trova un deposito che riesca a farlo diventare protagonista politico. E’ arrivato il momento che queste realtà si autorappresentino senza stare col cappello in mano sfuggendo alla logica micidiale del meno peggio. Se l’Europa è ottocentesca Repubblica romana è l’antidoto al clima da Congresso di Vienna».
Difficile “zippare” in un articolo ciascuna delle voci ascoltate ma il dibattito ha avuto davvero molti contributi: da Michele Franco (che ha ricordato l’esperienza del comitato No Debito) a Sergio Bellavita della Fiom, come Eliana Como che parla dopo di lui. Da Fabio Amato, responsabile esteri del Prc a Iacopo Venier di Libera.tv, a Franco Russo e Roberto Musacchio fino a Paolo Di Vetta dei Blocchi precari metropolitani di Roma, Imma Barbarossa del Prc e il salernitano Nicola Comanzo. Francesco Piobbichi, di Rifondazione, proporrà che, tra le pratiche efficaci ci siano quelle di mutuo soccorso perché saranno utili nella fase lunga a rompere l’egemonia del capitalismo. Nando Simeone (Sinistra critica), avverte che a complicare l’impresa c’è il fatto che la maggioranza degli attivisti è ormai priva di riferimenti organizzati, che dietro gli errori c’è l’illusione che settori più avanzati di movimento operaio potessero fare un compromesso dinamico con settori avanzati di borghesia».
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