mercoledì 8 luglio 2015

PANICO CINESE

 
La bolla della borsa cinese, che in 12 mesi è cresciuta di oltre il 150% fino al 12 giugno scorso, è ormai ufficialmente scoppiata e sfociata in un clima di panico.
La Borsa di Shanghai sta vivendo la sua seduta più drammatica. Già in apertura le contrattazioni segnavano un crollo di quasi il 7%, portando la perdita complessiva oltre il 35% in un mese. Questo malgrado le autorità cinesi abbiano cercato di porre rimedio, sospendendo dalle contrattazioni oltre 1.200 titoli, circa un terzo della capitalizzazione del mercato cinese. La crisi finanziaria in Cina è, secondo un'analisi del Daily Telegraph, il vero problema, rispetto "pantomima greca". Secondo Jeremy Warner, vicedirettore del Telegraph, "mentre gli occidentali si stanno concentrando sulla Grecia, una crisi finanziaria potenzialmente molto più significativa si sta sviluppando dall'altra parte del mondo. Quella che alcuni stanno iniziando a chiamare il 1929 cinese", da nome della più celebre crisi economica del secolo scorso, "che innescò la grande depressione".
L'autorità cinese che regola il mercato borsistico (China Securities Regulatory Commission) ritiene che sui mercati sta prevalendo "il panico irrazionale". La Banca Centrale cinese, riferisce l'agenzia ufficiale Xinhua, ha annunciato che garantirà la liquidità necessaria per stabilizzare i mercati borsistici cinesi e per scongiurare rischi sistemici. Da Pechino giunge un ulteriore segnale: la Commissione che controlla i 112 colossi imprenditoriali di proprietà dello Stato ha ordinato loro di non vendere azioni loro o delle loro controllate "durante questa inusuale volatilità" del mercato. Anzi, ha ordinato loro di acquistare azioni delle società che controllano per stabilizzare il valore delle loro azioni.
Malgrado questi annunci, la Borsa di Shanghai ha solo leggermente limato le perdite, attestandosi attorno a -4%, per poi invertire nuovamente la rotta e chiudere in calo in calo del 5,90%.

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