1. Il "no" di massa del popolo greco non significa un rifiuto
dell'Europa. Significa un rifiuto dell'Europa dei banchieri, del debito
infinito e del capitalismo globalizzato.
2. Anche una parte dell'opinione nazionalista, e persino della
destra estrema, ha votato "no" riguardo alle istituzioni della finanza?
Al diktat dei governi reazionari europei? Ebbene, lo sappiamo che ogni
voto puramente negativo è in parte confuso. La destra estrema, da
sempre, può rifiutare certe cose che rifiuta pure l'estrema sinistra.
Soltanto l'affermazione positiva di ciò che si vuole risulta chiara. E
tutti sanno che ciò che vuole Syriza è opposto a ciò che vogliono i
nazionalisti e i fascisti. Il voto non è dunque semplicemente una presa
di posizione contro le esigenze antipopolari del capitalismo
globalizzato e dei suoi servitori europei. È anche un voto che, per il
momento, dona fiducia al governo Tsipras.
3. Che ciò avvenga in Grecia, e non - come sarebbe normale -
ovunque in Europa, indica che la "sinistra" europea è in uno stato di
coma irreversibile. François Hollande? La socialdemocrazia tedesca? Il
PSOE spagnolo? Il Pasok greco? I laburisti inglesi? Il PD italiano?
Tutti questi partiti sono palesemente degli amministratori del
capitalismo globalizzato. Non esiste più una "sinistra" europea. Vi è
però una piccola speranza, ancora flebile, da parte di formazioni
politiche inedite, legate al movimento di massa contro il debito e
l'austerità, ossia Podemos in Spagna e Syriza in Grecia. I primi, tutto
sommato, rifiutano la distinzione tra "sinistra" e "destra". La rifiuto
anch'io. Tale distinzione appartiene al vecchio mondo della politica
parlamentare, che deve essere distrutto.
4. La vittoria tattica del governo Tsipras è un incoraggiamento
per tutte le nuove proposte nel campo politico. Il sistema parlamentare e
i suoi partiti di governo sono in crisi endemica da decenni, dagli anni
'80. Che Syriza ottenga in Grecia dei successi, anche se provvisori,
concorre in Europa a ciò che ho chiamato "il risveglio della Storia".
Ciò non può che aiutare Podemos, e tutto ciò che accadrà,
successivamente e altrove, sopra le rovine della democrazia parlamentare
classica.
5. Ciononostante, la situazione in Grecia resta a mio avviso
molto difficile, molto fragile. È ora che cominciano le vere difficoltà.
È possibile, visto il successo tattico del referendum, che li pone
comunque in una posizione di accusati storici, che le Merkel, gli
Hollande e gli altri delegati del capitale europeo modifichino le loro
esigenze. Bisogna tuttavia agire senza badare troppo a loro. Il punto
cruciale, ormai, consiste nel sapere se il voto per il "no" si
prolungherà in un movimento popolare potente, che sostiene e/o esercita
delle forti pressioni sul governo stesso.
6. A tal proposito, come giudicare oggi giorno il governo
Tsipras? Cinque mesi orsono ha deciso di cominciare con la negoziazione.
Ha voluto conquistare tempo. Ha voluto poter dire che aveva fatto di
tutto per pervenire a un accordo. Avrei preferito che cominciasse
altrimenti: con un appello immediato a una mobilitazione popolare di
massa, prolungata, che impegnasse milioni di persone, sulla parola
d'ordine centrale dell'abolizione completa del debito. E che
intraprendesse una lotta intense contro gli speculatori, la corruzione, i
ricchi che non pagano le tasse, gli armatori, la Chiesa. Ma non sono un
greco, e non intendo impartire lezioni. Non so se una tale azione
incentrata attorno alla mobilitazione popolare, un'azione in qualche
sorta piuttosto dittatoriale, fosse possibile. Per il momento, dopo
cinque mesi di governo Tsipras, vi è un referendum vittorioso, e una
situazione ancora completamente aperta. È già molto.
7. Continuo a pensare che l'attacco ideologico più duro che si
possa portare al sistema europeo attuale sia rappresentato dalla parola
d'ordine della cancellazione totale del debito greco, debito speculativo
di cui il popolo greco è perfettamente innocente. Oggettivamente,
questa cancellazione è possibile: molti economisti, che non sono per
nulla rivoluzionari, pensano che l'Europa debba annullare il debito
greco. Ma la politica è soggettiva, e in ciò differisce dall'economia
pura. Su questo punto, i governi vogliono assolutamente impedire una
vittoria di Syriza. Dopo questa vittoria, vi sarebbe Podemos, e poi può
darsi altre vigorose azioni popolari in altri grandi paesi europei. E
poi, i governi, sospinti dalle lobby della finanza, vogliono punire
Syriza, vogliono punire il popolo greco, piuttosto che regolare il
problema del debito. Per punire coloro che vogliono questa punizione, il
default del pagamento rimane la procedura migliore, quali che siano i
rischi annessi. L'Argentina l'ha praticato qualche anno fa, e non ne è
affatto morta, anzi!
8. Si agita ovunque, a proposito della Grecia, la questione di
un'"uscita" dall'Europa. Ma in verità, sono i reazionari europei che
brandiscono tale questione. Sono loro a fare del "Grexit" una minaccia
imminente. Vogliono spaventare la gente. La linea giusta, che è fino ad
ora quella di Syriza come quella di Podemos, consiste nel dire: "Noi
restiamo in Europa. Noi vogliamo solamente, il che è nostro diritto,
cambiare le regole di quest'Europa. Noi vogliamo che cessi di essere una
cinghia di trasmissione tra il capitalismo liberale globalizzato e la
riproduzione della sofferenza dei popoli. Noi vogliamo un'Europa
realmente libera e popolare". Tocca ai reazionari dire che ne pensano di
ciò. Se vogliono cacciare la Grecia, che ci provino! Su questo punto,
la palla è nelle loro mani.
9. Sullo sfondo, si agitano timori geopolitici. E se la Grecia si
rivolgesse verso qualcun altro di diverso dai padri e dalle madri
fustigatori dell'Europa? Allora, io direi: ogni governo europeo ha una
politica estera indipendente. Ognuno coltiva delle amicizie
semplicemente ciniche, come Hollande con l'Arabia saudita. Contro le
pressioni alle quali è sottomessa, la Grecia può e deve avere una
politica altrettanto libera. Siccome i reazionari europei vogliono
punire il popolo greco, quest'ultimo ha il diritto di cercare degli
appoggi esteriori, per diminuire o impedire gli effetti di questa
punizione. La Grecia può e deve rivolgersi alla Russia, ai paesi dei
Balcani, alla Cina, al Brasile, e anche al suo vecchio nemico storico,
la Turchia.
10. Quali che possano essere questi ricorsi, la situazione in
Grecia sarà recisa dai greci stessi. Il principio del primato delle
cause interne deve applicarsi a questa situazione. Ora, i rischi sono
veramente più considerevoli, visto che Syriza non è al potere che
formalmente. Già ora, lo si sa, lo si sente, le vecchie forze politiche
intrigano nei corridoi. Oltre al potere di governo, acquisito in
condizioni regolari, e non rivoluzionarie, e ai suoi effetti corruttori,
ci si può con ogni evidenza porre le questioni classiche: Syriza
controlla completamente la polizia, l'esercito, la giustizia,
l'oligarchia economica e finanziaria? Chiaramente no. Il nemico interno
esiste ancora, è sostanzialmente intatto, rimane potente, ed è sostenuto
nell'ombra dai nemici esterni, compresa la burocrazia europea e i
governi reazionari. Il movimento popolare e le organizzazioni di base
devono sorvegliare costantemente gli atti del governo. Ancora una volta,
il "no" del referendum non costituirà una vera forza se non si prolunga
attraverso delle forti manifestazioni indipendenti.
11. Un aiuto internazionale popolare, palese, mediatizzato e
incessante dovrò appoggiare con tutte le sue forze la possibile
insorgenza greca. Ricordo che, al giorno d'oggi, il 10% della
popolazione mondiale possiede l'86% delle ricchezze possibili.
L'oligarchia capitalista globale è molto ristretta, molto concentrata,
molto organizzata. Contro di essa, i popoli dispersi, senza unità
politica, rinchiusi nelle frontiere nazionali, resteranno deboli e quasi
impotenti. Allo stato attuale delle cose tutto si gioca a livello
globale. Trasformare la causa greca in causa internazionale ad alto
valore simbolico è una necessità, quindi un dovere.
(9 luglio 2015)
Traduzione dal francese di Davide Gallo Lassere.
Articolo apparso originalmente l'8 luglio 2015 sul quotidiano francese Libération: Onze notes inspirées de la situation grecque.
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