di Paul Mason
Le nuove proposte del governo greco,
pubblicate ieri sera tardi si basano chiaramente su quelle presentate
da Jean Claude Juncker lo scorso giovedi, alla vigilia del referendum.
E hanno lasciato molti greci frustrati,
chiedendo: qual è stato il punto del referendum? Hanno spinto molti
osservatori stranieri a chiedersi la stessa cosa.
Ecco le risposte più ovvie:
In primo luogo, la speranza del governo
greco che un mandato del referendum avrebbe permesso negoziati veloci
con i loro creditori, e il rilassamento dei termini, non si è
concretizzato. Invece un rinnovato ultimatum si è materializzato. Se non
riescono a trovare accordo, la BCE e l’UE collasseranno il sistema
bancario greco e li getteranno fuori della zona euro. Infatti, uno dei
principali “successi” del referendum è stato quello di far emergere
quella chiara minaccia, da parte dei politici che non l’avevano mai
ammessa prima.
Il governo greco non ha il mandato di
lasciare l’euro, come il voto al NO dell 61% domenica scorsa è stato
chiaramente ottenuto come un mandato a “stare dentro e combattere” .
articolo originale
traduzione di Maurizio Acerbo
In secondo luogo, l’accordo non ha senso
economico, senza riduzione del debito. Il referendum, in combinazione
con la pressione degli Stati Uniti, sembra aver spinto fondamentali voci
europee, tra cui Angela Merkel e Donald Tusk, a aderire in linea di
principio alla necessità di una riprofilatura del debito – che è un modo
subdolo di cancellare i debiti.
In terzo luogo, esso è ancora a conti
fatti redistributivo. Syriza può ancora vendere questo come un programma
molto diverso da quelli precedentemente programmati dalla coalizione a
guida conservatrice. L’imposta del 29% sulle società è un esempio.
Tuttavia fa concessioni in materia di pensioni e in materia di IVA sulle
isole, che attualmente godono di uno sconto.
In quarto luogo, è l’opera di Euclide
Tsakalatos. Tsakalatos, come vado spiegando da metà gennaio, è
esistenzialmente impegnato su due cose: l’adesione all’euro e l’utilizzo
del governo per favorire la modernizzazione diffusa e il cambiamento
sociale. Lui vuole rimanere al potere – non perderlo a favore di un
governo di “tecnocrati”.
In quinto luogo, l’accordo arriva con la
richiesta di un prestito per effettuare i rimborsi del debito della
Grecia per i prossimi tre anni. Se qualcun altro paga i debiti per tre
anni, questa è una cosa molto fiscalmente vantaggiosa, e lascia la
Grecia con soldi da spendere che non aveva.
Ancora più importante, questo non è un
affare fatto. Se passa nel parlamento greco e viene poi rigettato in
faccia ai greci esso solidificherà e preparerà la società greca per la
Grexit.
Molto probabilmente provocherà alcune
dimissioni da Syriza, ma mi è stato detto che la Piattaforma di Sinistra
in Syriza prevalentemente lo accetterà. Ma farlo passare in Parlamento
non è il problema. Farlo accettare dall’UE è il problema – e lascia
molti greci ancora predire che questa è l’ultima scommessa prima della
Grexit.
Trovate articolo originale su sito Channel4
traduzione di Maurizio Acerbo
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