Cari
lettori, vi auguro buon Natale con un post che non è come al solito
una traduzione, ma una riflessione che mi è sorta spontanea dopo aver
sentito l'eroe nazionale volteggiare con leggedria sul corpo ferito
della nostra Costituzione violata, fingendo allegramente che sia viva e
vegeta, ma soprattutto dopo aver visto qualcuno commuoversi, anche: ma
come, dici, ci sono cascati! eppure la commozione è un buon segno,
significa che quei valori ci fanno nostalgia, perché sappiamo, in realtà
lo sappiamo, che più li esaltano e più ce li stanno sottraendo.
Posso
essere d'accordo che sia la più bella del mondo, come proclama
Benigni, che nel suo tanto atteso spettacolo televisivo decanta con
passione i Principi Fondamentali della nostra Costituzione. Una
Costituzione "fondata sul lavoro"! Perché il lavoro è
l'unico modo di sostenersi e crearsi una famiglia e vivere con
dignità, a meno che uno non sia "ricco di nascita" e abbia
delle rendite che gli consentano di vivere senza lavorare! Una
Costituzione – come la nostra - che vuole dare valore alla
persona, non può non riconoscere l'importanza del lavoro e tutelarlo
e metterlo a fondamento dello Stato!
Cosa
significhi mettere a fondamento della repubblica il lavoro, lo si può
comprendere meglio proseguendo nella lettura e arrivando all'art.
4 - che tra i principi fondamentali riconosce il "diritto"
al lavoro - e al titolo
III della prima parte, che pone il baluardo costituzionale a
garanzia dei diritti dei lavoratori, e del sistema di sicurezza
sociale.
Vediamo
meglio l'art. 4, secondo il quale la repubblica riconosce a
tutti i cittadini il diritto al lavoro, e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto. Bellissimo, ha ragione Benigni.
Ma
cosa può fare un governo che vuole davvero promuovere il lavoro? può
adottare delle politiche economiche che favoriscano il raggiungimento
della piena occupazione. E queste sono, in base alla teoria e alla
pratica dell'economia, delle politiche economiche anticicliche,
che quando l'economia per un motivo o per un altro attraversa una
fase di recessione, rimettano in moto il paese attraverso degli
interventi di spesa pubblica volti a sostenere la domanda, e
alleggeriscano la pressione fiscale per lasciar più disponibilità
alle famiglie per i consumi e alle imprese per i necessari
investimenti. La politica monetaria di una banca centrale
"dipendente" dal popolo sovrano (rappresentato nel governo)
finanzierà queste politiche di bilancio e agevolerà il credito
alle imprese, e quando l'economia sarà ripartita la crescita stessa
ripagherà questi investimenti.
Ma
allora, come si concilia questo dettato dell'art. 1 e dell'art. 4,
posti "a fondamento" della nostra Costituzione, con la
modifica dell'art. 81 (seconda parte Cost.) attuata con legge di
revisione costituzionale del 2012, che richiede il pareggio di
bilancio e vieta l'indebitamento pubblico, salvo casi "eccezionali",
e così facendo ci impedisce di fare proprio quelle politiche necessarie per
sostenere l'occupazione nelle fasi di crisi, alle quali ci
impegna la Costituzione più bella del mondo?
Benigni
questo non lo dice, ma in realtà i principi fondamentali hanno
subito uno schiaffo terribile dall'approvazione del nuovo art. 81.
Secondo
i più prestigiosi costituzionalisti i principi fondamentali,
proprio perché come dice la parola stessa sono posti a fondamento
dello stato (a differenza della seconda parte della Costituzione che
semplicemente ne prevede i modi di organizzazione), non sono
soggetti a revisione neppure coll'usuale procedimento di revisione della Costituzione previsto dall'art. 138 (doppia approvazione delle Camere ed
eventuale referendum se non c'è la maggioranza dei due terzi).
Quindi se – nonostante tutto – assistiamo a una loro negazione,
esplicita o implicita, ciò vuol dire che ci troviamo davanti a un
grave sovvertimento, a un altro e diverso tipo di stato che sta cercando di
soppiantare quello precedente. Ma un nuovo stato (che sia
democratico) può nascere solo con un nuovo procedimento costituente
(un'assemblea costituente eletta dal popolo che scriva una nuova
Costituzione), altrimenti, normalmente, si tratta di un tentativo di
"colpo di stato".
Come
ben sappiamo, naturalmente, questo sovvertimento dei principi
fondamentali ce l'ha chiesto l'Europa, perché é l'Europa
che ha proposto come necessario per i paesi dell'eurozona l'accordo
intergovernativo, il cosiddetto Fiscal
Compact, che impone ai paesi firmatari la riduzione del debito
pubblico a tappe forzate da qui al raggiungimento del 60% del Pil
(limite "stupido", non essendoci nella scienza economica
alcuna valida motivazione a sostegno) – e il pareggio di bilancio
da ora e per sempre. E a miglior garanzia del patto fiscale stesso,
ha caldamente suggerito che i paesi aderenti introducessero la
regola d'oro del pareggio di bilancio all'interno dei loro
ordinamenti nazionali a livello costituzionale.
A
questo punto mi paiono logiche due domande, che sarebbe stato bello
fossero venute in testa anche a Benigni, che con slancio dice che
dobbiamo
"cedere" la nostra sovranità per realizzare il "sogno"
europeo! (ma dai sogni bisogna pure svegliarsi, è ora!) :
- L'Unione Europea, in quanto organismo sovranazionale cui abbiamo aderito tramite trattati internazionali, può legittimamente chiederci questo sacrificio dell'obiettivo costituzionale della piena occupazione?
- Ma poi perché, perché ce lo chiede? E' necessario, è forse cosa buona e giusta?
1.
Quello che un'organizzazione internazionale può chiederci o non
chiederci si trova stabilito nell'art.
11 Cost., sempre nei Principi Fondamentali, dove si dice che
l'Italia, stato indipendente e sovrano nella comunità
internazionale, può consentire - in condizioni di reciprocità - a porre dei limiti alla propria
sovranità in favore di organizzazioni internazionali che abbiano
come proprio scopo la pace e la giustizia fra le nazioni.
E
allora:
in
primo
luogo, non c'è scritto da nessuna parte che l'Italia possa limitare (o
men che mai "cedere") la propria sovranità per aderire a un'unione
monetaria, perché nessuno è mai arrivato a pensare che per
mantenere la pace occorra entrare in un'unione monetaria!
in
secondo luogo, i nostri costituenti quando hanno scritto l'art. 11
pensavano a limitare quella espressione molto più prosaica della
sovranità che consiste nella libertà di decidere se, quando e come
dichiarar guerra, sovranità che storicamente viene sottoposta a dei limiti quando si entra in un'organizzazione che si suppone dovrebbe operare per la
pace e la giustizia tra le nazioni, ed era appunto l'ONU a cui si pensava;
in
terzo luogo, rinunciare a promuovere il diritto al lavoro tramite le politiche di piena occupazione – cioè a un
principio posto a fondamento stesso della repubblica democratica
Italiana – è impossibile perché è parte irrinunciabile della Costituzione.
Altrimenti si tratta di colpo di stato;
in quarto luogo, le condizioni di reciprocità non sono rispettate, perché uno stato forte come la Germania si riserva di verificare sempre la rispondenza
della normativa e dei trattati europei alla sua Costituzione interna,
mentre noi ci affrettiamo a voler addirittura "cedere" sovranità
(concetto apparentemente sovrapponibile, ma invece ben diverso da quello della "limitazione", vedi sotto il commento di Luca) senza condizioni.
2.
A questo punto viene logico porsi la seconda domanda: ma perché,
perché i governi europei ce lo chiedono? Ok, non si potrebbe fare,
ma sarà urgente e necessario, sarà cosa buona e giusta, necessaria
per la pace! Sarà che un'unione monetaria è necessaria per la pace!
In
realtà, dato che in base alla Costituzione si può limitare la sovranità solo
per realizzare la pace e la giustizia a livello internazionale, ecco che il perseguire la pace diventa la bandiera
dell'euro.
Srebbe bello se Benigni, oltre ad essere così
romantico e sognatore, si sforzasse anche di essere semplice come una
colomba e prudente come un serpente – come Dio comanda.
Si
sa che un'unione monetaria non ottimale (come è quella
europea, ormai a gran voce a detta di tutti ) ha necessità, per
mantenersi in occasione di una crisi, di una svalutazione del lavoro
e dei salari nei paesi colpiti, e di conseguenza di una forte
disoccupazione che come si sa porta i lavoratori ad accontentarsi di
paghe più basse e condizioni di lavoro più duramente flessibili.
Non ce n'è. O si svaluta, o si fa l'unione fiscale, o si svalutano i
salari. E la scelta, a vantaggio dei paesi creditori e finché dura,
è molto chiaro che è quest'ultima.
Per
far accettare al popolo una così grave deflazione bisognerà
sostenerla con argomenti forti, bisognerà dire che è necessaria
come minimo per evitare guai peggiori, ad esempio per mantenere la
pace, ed
ecco chiuso il cerchio.
La risposta è: dovremmo "cedere" sovranità per mantenere l'unione
monetaria, che come tutti gli economisti sanno (ma non tutti dicono)
va sempre a vantaggio dei paesi più forti, che espandono a dismisura
le loro esportazioni avendo bloccato i normali meccanismi di
riequilibrio del mercato, mentre gli altri – i paesi più deboli, o
con più alta inflazione - devono svalutare i salari per tentare di
rincorrere a prezzo di sudore e lacrime la competitività perduta.
La beffa poi è che ci ritroveremo spremuti come limoni per pagare
i creditori, senza più né l'unione, che scoppierà, né il sogno della pace per
tirare avanti...
Se
Benigni, invece che esaltarsi per i valori così elevati proclamati
dalla nostra Costituzione, il lavoro, la sovranità del popolo, la
solidarietà...si fosse accorto, destandosi dal sogno, che questa
sovranità e questi valori i signori re cittadino e regina cittadina
li stanno cedendo per un piatto di lenticchie scadute, non avrebbe fatto ahimé quella figura che ha
fatto, di guitto paradossale al servizio del potere, che esalta i valori sociali non vedendo, o fingendo di non vedere, che vengono
in realtà tragicamente calpestati.
Anche se il mondo non è tecnicamente finito, navighiamo in tempi difficili. Cerchiamo di essere semplici e
prudenti, e di non farci incantare dai suonatori di piffero. Buon Natale.
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