E’ il regalo di Natale che molti sognano e che verrà donato anche a
chi non lo vuole: l’Agenda Monti. Non si parla d’altro, non c’è oggetto
più desiderato, imitato, evocato, persino falsificato e venduto
abusivamente sulle bancarelle del PdL – parlandone da vivo – e del Pd. E’
il gadget che non può mancare nel bagaglio dell’uomo politico italiano
di destra, centro, centrosinistra, sinistra moderata, nonché nelle
filiali di banca, centri decisionali piccoli,grandi e medi. Una vera
febbre. Per ricordare un simile boom di richieste bisogna riandare ai
tempi del Tamagochi o del primo I-phone. Già dalla caduta del governo
dei tecnici si sono formate grandi code di acquirenti, ognuno bramoso di
sventolare come un trofeo la sua Agenda MontiNe esistono, ovviamente, molti tipi. C’è quella lussuosa, rilegata in
pelle di esodato. Ne esistono circa 300.000 esemplari, anche se in un
primo tempo il governo aveva detto di averne stampate solo 65.000, poi
120.000: un piccolo imbroglio sulla tiratura. Poi esistono edizioni meno
costose e raffinate. Come quella in dotazione ai dirigenti del Pd, che
sostengono di tenerne sempre sottomano una copia leggermente modificata
rispetto all’originale. Non manca la versione più popolare,
naturalmente, in formato tascabile, dedicata ai lavoratori dipendenti,
ai precari, ai salariati in genere, per i quali però l’Agenda Monti sarà
obbligatoria, e dovranno adottarla volenti o nolenti, chiunque
sceglieranno alle urne.
Ma quali sono le peculiarità di questo oggetto tanto desiderato e
ostentato dalla classe dirigente come uno status symbol e consegnato ai
cittadini come un’imposizione dell’Europa? Intanto, l’Agenda Monti non
ha domeniche, né sabati: si lavora sempre, perché pause e momenti di
relax sarebbero mal interpretati dai mercati. Le festività sono
pochissime. Tra queste, il 17 luglio (compleanno di Angela Merkel),
Sant’Anselmo protettore dei conti correnti, oltre alle date (variabili)
in cui bisogna effettuare il versamento del modulo F24, dell’Iva,
dell’Imu e altre sacre ricorrenze. Non mancano, come nei migliori diari
scolastici dedicati ai giovani e nei calendari popolari, piccole
massime, proverbi, spigolature e consigli pratici di bricolage: come
tagliarsi da soli la pensione, come aumentare la disoccupazione
giovanile, come prorogare i contratti precari che si era promesso di
regolarizzare addirittura con una riforma. Insomma, l’Agenda Monti si
configura come una sapiente via di mezzo tra il calendario di Frate
Indovino e un omaggio della banca.
Ma cosa determina il clamoroso successo dell’Agenda Monti? Semplice.
Intanto il fatto che nessun altro ha un’agenda. Al PdL ne hanno una sì,
ma è piena di appunti con le date delle udienze, delle prescrizioni e di
indirizzi dove far scappare i testimoni. Al Pd ne hanno una con molte
pagine bianche: la gara d’appalto per decidere chi dovrà finire di
stamparla è ancora aperta tra la Tipografia Vendola e le Arti Grafiche
Casini. L’Agenda Grillo è in fase di stesura, ma già si sa che chi la
prenderà in mano non potrà scriverci quello che vuole: dovrà aspettare
ferree direttive da Genova. In sostanza, dunque, l’Agenda Monti è
l’unica che abbiamo a disposizione e questo – insieme all’aggressivo
marketing elaborato in Europa – la rende imprescindibile per la prossima
legislatura. In effetti, un caso di monopolio politico-economico di cui
l’antitrust dovrebbe occuparsi. Se non avesse, a sua volta, ricevuto il
gentile omaggio di due Tir di Agende Monti in edizione extralusso.
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