Aridaje co’ ‘sti moderati. Il fatto nuovo in gestazione, che
dovrebbe sancire il trasbordo dalla Seconda alla Terza Repubblica, è la
sostituzione del ventennale equilibrio bipolare (Destra contro
Sinistra) con uno tripolare; che prevede – salvo contrordini dell’ultima
ora. Leggi pressioni irresistibili sul professor Monti venute
“dall’alto” – l’apparizione del fatidico terzo incomodo: il Centro,
ovviamente “moderato”.
Un cambio di scenario che sta spiazzando non solo il Pd, che si
sentiva in sella dopo la kermesse buonistica delle primarie (mancavano
solo salamelle e piadina come nelle antiche feste de l’Unità),
ma anche i più accreditati manovratori di Palazzo; compresi l’ormai
biblico Eugenio Scalari (da tempo le sue lenzuolate domenicali vengono
incise direttamente su pietre mosaiche del monte Sinai) e l’intera linea
di comando de la Repubblica, sino a ieri affetta da montilatria cronica.
Giusta punizione per i tanti apprendisti stregoni che si presumevano mago Merlino.
Ciò detto, vale la pena di ragionare sul presunto “nuovo che avanza”,
accompagnato dal codazzo dei PierFerdinando Casini, Angelo Pisanu,
bellicapelli Montezemolo, un po’ di sindacalisti dediti al caporalato e
via andando.
Ragionamento che parte da una premessa: le parole della politica sono
intrise di significati e quelli effettivi molto spesso non coincidono
con quanto si intende far apparire. Il termine “moderato” è uno dei più
classici esempi di questa polisemia ad uso mistificatorio. Come dovrebbe
aver dimostrato l’uso/abuso che ne ha fatto –
attribuendosi tale titolo – uno smodato cronico quale Silvio
Berlusconi, sdoganatore di tutte le nuance di fascismo disponibili,
legittimatore in proprio o per interposta persona (da Dell’Utri a
Lunardi) della malavita organizzata, machista fallocrate a livelli
deliranti…
Certo, a confronto di siffatto personaggio chiunque risulterebbe
cultore dell’equilibrio, ossia la connotazione che si vorrebbe
attribuire all’essere moderati. Equilibrio come scelta della via di
mezzo, in base alle indicazioni di una saggezza disinteressata che tiene
conto di tutti e non vuole penalizzare nessuno.
Ma è questa la ricetta praticata dai presunti moderati? In effetti
risulta esattamente il contrario; sicché quella connotazione psicologica
che viene proclamata (la moderazione dovrebbe essere uno stato
d’animo), in effetti è una maschera per realizzare politiche al servizio
di specifici interessi. E a danno di ben chiari soggetti.
Insomma, un’abile costruzione comunicativa per turlupinare il corpo
elettorale e incamerare consensi maggioritari da investire in politiche
vantaggiose per minoranze di privilegiati. Una storia che va avanti da
quando il suffragio universale ha obbligato il Potere a sostituire
l’intimidazione diretta, esercitata sui corpi, con la manipolazione
delle menti. Comunque, storia che è tornata a rinverdire negli anni
Ottanta, con l’attacco allo Stato Sociale: il compromesso reaganiano che
assicurava ai meno abbienti di accedere ai consumi grazie
all’indebitamento consentito dal credito facile, andato in tilt con
l’esplosione delle bolle finanziarie.
A questo punto la scelta era tra far pagare i costi dell’imbroglio
agli imbrogliati (i precarizzati/impoveriti) o agli imbroglioni (il
sistema finanziario). La politica “moderata” ha scelto di tutelare i
secondi. Nel mondo e pure in Italia, con i sedicenti tecnici di Mario
Monti. Che ora parrebbe pronto a fare il bis per accontentare i suoi
referenti primari, nelle sedi del denaro europee e americane come in
Vaticano. Ce lo rivelano i suoi sponsor e fan, che vanno dai cardinali
Bagnasco e Bertone (per una volta in sintonia: potenza dell’IMU fatta
risparmiare a Santa Romana Chiesa) fino a Sergio Marchionne. Una bella
combriccola di “moderati”; a loro dire concentrati esclusivamente sul
come assicurare benessere a questo popolo italiano, formidabile bevitore
di panzane.
Tra noi che non ce la beviamo, diciamocela una buona volta: “moderato” è soltanto il sinonimo glamour di “conservatore”, cioè della genia che ha soltanto una stella polare: il Potere.
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