Secondo una ricerca presentata all’Expo dal Banco Alimentare, in Italia 14 famiglie su 100 non possono permettersi un’alimentazione equilibrata con cibo proteico ogni due giorni. A patire di più sono i minorenni, 1 milione e 300 mila soffrono di “povertà alimentare”. Il dato è più che raddoppiato nel giro di otto anni. Per contrastare la povertà in via di cronicizzazione, scrivono i curatori della ricerca, bisognerebbe pensare a una misura strutturale per il reddito delle persone più povere
In
cascina Triulza si parla di povertà alimentare. Di italiani sotto
alimentati. Di nuovi poveri. E’ una di quelle iniziative virtuose
per cui bisognerebbe ringraziare Expo, ma sarebbe come rallegrarsi
per la presentazione delle opere di San Francesco in una
boutique di Cartier. I dati presentati da Banco Alimentare però
meritano di essere esaminati con cura — sono raccolti nel volume
“Food poverty Food bank” a cura di Giancarlo Rovati e Luca Pesenti
(Università Cattolica di Milano). Si tratta di un’indagine
realizzata dopo la crisi, dunque con statistiche aggiornate al
2014 (il primo rapporto analogo è stato realizzato nel periodo
antecedente il 2008). In questo lasso di tempo, dicono i relatori,
la dimensione della povertà alimentare in Italia è raddoppiata:
sono 5 milioni e mezzo le persone, di cui ben 1,3 sono minorenni, che
non hanno la possibilità di assicurarsi un’alimentazione
equilibrata.
Significa che 14 famiglie su 100 non
hanno soldi a sufficienza per garantirsi cibo proteico ogni due
giorni (il dato è più che raddoppiato dal 2007, quando erano 6 su
100). Il confronto con altri paesi è disarmante: in Francia sono 7,3
e in Spagna 3,5 le famiglie altrettanto povere. “L’Italia – scrivono
Rovati e Pesenti — sembra aver pagato più di tutti i paesi il prezzo
amaro della crisi”, tanto che oggi soltanto i paesi dell’ex blocco
sovietico presentano cifre più preoccupanti rispetto alla
difficoltà di procurarsi una dieta equilibrata. C’è un altro dato
urgente che il Banco Alimentare sottolinea. Le oltre 15 mila
associazioni caritative che operano in Italia, grazie alle quali
non ci sono (troppe) persone che vivono sotto i ponti, dicono di non
essere in grado di aiutare un numero maggiore di persone. L’appello,
con modi garbati, è rivolto al mondo politico, e ha tutta l’aria di
una sfida che il governo non sembra intenzionato a raccogliere:
“Appare auspicabile ora aggiungere il tassello, presente in quasi
tutti i paesi europei, di una misura strutturale di sostegno al
reddito dei più poveri”, si legge nell’introduzione del volume
presentato ieri. Il ministro per le politiche agricole, Maurizio
Martina, in video, però ha risposto picche al moderatore del
dibattito che ha fatto riferimento anche alla proposta del
Movimento 5 Stelle: “Sono per valutare qualsiasi strumento
praticabile, ma questo mi sembra difficilmente sostenibile dal
punto di vista finanziario. Mi sembra doveroso provare nuove
sperimentazioni, ma senza fare una battaglia ideologica e senza
appoggiare ipotesi velleitarie”.
Alla luce delle statistiche però non
si trovano tracce di battaglia ideologica tra quegli adulti
italiani — persone disoccupate, indebitate o separate — che
chiedono di ricevere un pacco alimentare (la principale causa di
povertà nel 2014 è stata nell’80% dei casi la perdita del lavoro).
Inoltre, sottolineano i ricercatori, “è proprio tra chi ha meno
di 18 anni che si nasconde il vero dramma della povertà in Italia”.
Quasi 14 bambini su 100 tra i 6 e i 14 anni “sperimentano problemi”
di mancanza di cibo. Nel sud le cifre sono ancora più
“impressionanti”: 19,3 bambini della fascia 6–14 anni su 100 sono
poveri “anche dal punto di vista alimentare”; e sono aumentati in
modo “vertiginoso”, erano 3 ogni 100 prima della crisi.
La ricerca, come sostiene il
presidente del Banco Alimentare Andrea Giussani, rende ancora più
persistente (e scandaloso) il paradosso dello spreco di alimenti
nella filiera alimentare. L’incentivo alla riduzione e alla
redistribuzione degli sprechi, probabilmente, sarà uno dei
lasciti dell’Expo, grazie ad iniziative che sono già
“sponsorizzate” da alcune grandi catene della distribuzione. La
carità, in fondo, rende tutti più utili. Anche Expo, per esempio,
combatte lo spreco grazie a un accordo stipulato con la cascina
Triulza: nei primi due mesi sono stati recuperati oltre 5 mila chili
di alimenti, poi distribuiti ad alcune delle 250 strutture
caritative di Milano convenzionate con il Banco Alimentare (che
assistono 54 mila persone). Anche il ministro Martina vanta un dato
relativo al sostegno che il governo dà agli indigenti: “100 mila
tonnellate di cibo distribuito quest’anno”. Una cosa giusta, anche
se non è così che si affronta la povertà (anche alimentare). Ma oggi
non si butta via niente.
di Luca Fazio
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