Il calo dell'occupazione a maggio
Ricordate
l'esultanza di Renzi per i numeri sull'occupazione relativi al mese di
aprile? Acqua passata, a maggio è tornato il segno meno e da Palazzo
Chigi non giunge alcun commento. Il buffo è che, non più tardi di ieri
mattina, il Bomba dichiarava al Sole 24 Ore che «l'economia sta tornando alla crescita». Poi, in giornata, i dati dell'ISTAT sono arrivati a smentirlo. Certo,
le statistiche in materia di occupazione, disoccupazione ed inattività
sono tra le meno affidabili. Ad esempio il dato di aprile (+159mila
occupati) è stato poi corretto in un +131mila, roba da far pensare ad
una gestione dei numeri non proprio estranea alle esigenze
propagandistiche del governo. In ogni caso il dato di maggio è piuttosto
netto, con la perdita di 63mila posti di lavoro.
Si dirà che si tratta
delle abituali oscillazioni dovute ad una molteplicità di fattori. In
parte è davvero così, ma leggiamo cosa diceva il Bomba giusto ieri mattina:
«Il mercato del lavoro è ripartito anche se avremo alti e bassi per tutto l'anno, ma stabilmente con il segno più» (sottolineatura nostra). Il -63mila certificato
dall'istituto di statistica suona dunque come una plateale sconfessione
della propaganda di Renzi. Un segno inequivocabile di quanto sia
minuscola e fragilissima la cosiddetta "ripresa", quella che ha fatto
pronunciare allo sbruffone fiorentino il patetico «allacciamoci le cinture, che si parte».
In
realtà, la conferma di un'economia italiana al palo ci viene anche
dagli altri dati diffusi ieri: mentre il tasso di disoccupazione
ufficiale resta inchiodato al 12,4% e quella giovanile al 41,5%, il
numero dei disoccupati rispetto al maggio del 2014 è calato soltanto di
59mila unità. Un niente rispetto ai circa sette milioni di disoccupati
reali, rappresentato dalla somma di quelli ufficiali con le persone che,
ormai senza speranza, non si rivolgono neppure più ai Centri per
l'impiego, sfuggendo così alla statistica ufficiale.
Questi dati ci dimostrano come il Jobs act sia
servito solo a togliere diritti ai lavoratori, non a creare nuova
occupazione. Del resto, perfino Carlo dell'Aringa, commentando i dati
dell'Istat, ha ammesso questa mattina una cosa assai nota, e cioè che: «Per
tornare ai livelli occupazionali pre-crisi occorre una crescita annua
del Pil di almeno due punti percentuali, per una serie di anni. La
strada è lunga». Campa cavallo... diciamo noi.
Certo,
è in aumento il numero dei contratti a tempo indeterminato, ma solo
perché ormai non offrono più le garanzie dell'articolo 18, ed ancor di
più per gli sgravi contributivi previsti. Sgravi che lorsignori chiedono
già di estendere al 2016. Sgravi che hanno però un effetto devastante
sul sistema pensionistico. Perché la decontribuzione prevista per tre
anni non è compensata dallo Stato, come avveniva in passato con la
cosiddetta fiscalizzazione degli oneri sociali.
Con la legge del governo Renzi il costo (circa 8mila euro annui a
lavoratore) ricade, almeno per il momento, sulle casse dell'Inps. Un
buon pretesto per riaprire il capitolo dei nuovi tagli alle pensioni.
E
difatti tutto si tiene. E' già annunciata per l'autunno una
pesantissima finanziaria (alias Legge di Stabilità), il cui importo non
sarà in ogni caso inferiore a 20 miliardi di euro. Da dove verrà questa
cifra? Nell'intervista già citata Renzi rimanda tutto a settembre:
meglio non rovinare le vacanze agli italiani, facendogli credere che i
problemi ce l'hanno solo i greci.
Ma
possiamo stare certi che le pensioni verranno nuovamente attaccate, che
l'austerità continuerà, che la ripresina si dimostrerà come un piccolo
rimbalzino fisiologico, che il dramma della disoccupazione e della
precarizzazione di massa continuerà ad incancrenirsi.
Insomma, le illusioni diffuse dal Bomba sono ormai al capolinea. A quando la risposta di lotta del popolo lavoratore?
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