mercoledì 28 maggio 2014

M5S, è rivolta contro Grillo

5 Stelle. «Adesso basta con chi urla, spazio al dialogo». Dopo la batosta elettorale una seconda generazione di dissidenti si prepara a dare battaglia ai vertici del movimento
 
28desk1f01-grillini-m5s-M5S_5-1Li acco­muna solo la delu­sione per il risul­tato elet­to­rale. Per il resto tale­bani e mode­rati restano distanti nel M5S, con la dif­fe­renza che adesso i secondi si sono stu­fati di lavo­rare come muli per poi vedere andare tutto in fumo per l’eccessivo pro­ta­go­ni­smo di alcuni col­le­ghi, per il solito «vaffa» indi­riz­zato all’avversario di turno o per le aggres­sioni ver­bali diven­tate ormai l’unico modo in cui Grillo e i pen­ta­stel­lati doc, i «pri­vi­le­giati» del cer­chio magico, sem­bra sap­piano par­lare. «Adesso basta» dicono i dis­si­denti di seconda gene­ra­zione, quelli che in que­sti mesi hanno accet­tato tutto «per­ché cre­diamo ancora nel Movi­mento» ma che adesso, dopo l’ennesima bato­sta pro­ve­niente dalle urne, non ne pos­sono più. E pro­met­tono battaglia.
Lo scon­tro, per­ché que­sto sarà, è fis­sato per la pros­sima set­ti­mana in un’assemblea con­giunta con­vo­cata lunedì via mail dal capo­gruppo alla Camera. Ma intanto sul modo in cui la cop­pia Grillo-Casaleggio ha impo­stato la cam­pa­gna elet­to­rale arri­vano cri­ti­che pesanti anche da fuori il par­la­mento. Da Parma ad esem­pio, indi­vi­duata dai ricer­ca­tori dell’Istituto Cat­ta­neo come città sim­bolo della scon­fitta gril­lina, Fede­rico Piz­za­rotti non le manda certo a dire: è arri­vato il momento di fare «una dove­rosa auto­cri­tica» dice il sin­daco, finito anche lui di recente nel mirino di Grillo. «Non dob­biamo essere quelli che ’danno la colpa agli altri’, ma quelli che ’pos­sono fare diver­sa­mente’. O fac­ciamo auto­cri­tica per cre­scere o rimar­remo rele­gati all’opposizione». Parole dure, che tro­vano eco in rete ma anche in molti Mee­tup che in que­ste ore si stanno riu­nendo. Al punto da pro­vo­care una cap­ziosa rispo­sta uffi­ciale del gruppo par­la­men­tare che ricorda tanto le giu­sti­fi­ca­zioni della Prima repub­blica quando, all’indomani del voto, nes­suno ammet­teva la scon­fitta: «Non c’è stata nes­suna emor­ra­gia di voti, ma un calo di con­sensi», spiega la nota. «E’ sba­gliato affer­mare che abbiamo perso quasi 3 milioni di voti. Con­si­de­rando un’affluenza alle Euro­pee attorno al 58% con­tro il 75% delle poli­ti­che dell’anno scorso, è come se aves­simo perso poco meno di un milione di voti».
Sarà que­sta la trin­cea nella quale si schie­re­ranno i tale­bani, per niente dispo­sti ad ammet­tere errori e dimen­ti­cando che se di scon­fitta si parla, è anche per­ché Grillo ha alzato l’asticella dello scon­tro con Renzi. Biso­gnerà vedere, però, se la linea difen­siva scelta basterà a cal­mare i malu­mori delle voci cri­ti­che pre­senti in par­la­mento, sem­pre più nume­rose. «I nodi stanno venendo al pet­tine», dice ad esem­pio la depu­tata Paola Pinna, la prima a defi­nire tale­bani i fede­lis­simi del lea­der. «Per me la scon­fitta si deve al tipo di comu­ni­ca­zione adot­tato e a una stra­te­gia poli­tica fina­liz­zata a com­pat­tare lo zoc­colo duro del movi­mento, magari sfor­bi­ciando un po’ l’elettorato più mode­rato e dia­lo­gante». Va giù duro anche Tom­maso Currò, che accusa Grillo di cir­con­darsi di un cer­chio magico fatto «di cin­que o sei per­sone, i fedeli ser­vi­tori». «Lui e Casa­leg­gio — pro­se­gue il depu­tato — devono legit­ti­mare a esi­stere anche chi mani­fe­sta un’indole un po’ più mite per comin­ciare ad avere un dia­logo interno, altri­menti si costrui­sce un clan, non un partito».
Sem­bra di vedere un film già visto. Fatta ecce­zione per le poli­ti­che del 2013 e per la con­qui­sta di qual­che muni­ci­pio, anche impor­tante come Ragusa, tra regio­nali, comu­nali ed euro­pee negli ultimi 12 mesi il M5S ha ina­nel­lato una scon­fitta die­tro l’altra, sem­pre con Grillo a urlare con­tro tutto e tutti. Pro­prio per aver cri­ti­cato la stra­te­gia comu­ni­ca­tiva del lea­der la sena­trice Adele Gam­baro è stata la prima a essere espulsa dal movi­mento. Oggi la scena rischia di ripe­tersi ancora, segno che i ver­tici del movi­mento in tutto que­sto tempo non hanno impa­rato niente. «Dob­biamo abbas­sare i toni, quando lo diceva qual­cun altro era addi­tato come dis­si­dente» ha twit­tato ieri il depu­tato Wal­ter Riz­zetto, men­tre un altro degli espulsi, Lorenzo Bat­ti­sta, avverte gli ex col­le­ghi: «Que­sto è solo l’inizio del declino: o si cospar­gono il capo di cenere o è la fine. Pos­sono anche resti­tuire 5 milioni al mese , ma se non fanno niente per cam­biare non hanno futuro». I ver­tici pen­ta­stel­lati capi­ranno? «Biso­gna vedere se nell’assemblea ci sarà un rico­no­sci­mento degli errori, e se si comin­cerà ad ascol­tare le forze cri­ti­che», pro­se­gue Paola Pinna. «E poi biso­gna capire se vogliano restare una forza di oppo­si­zione o se aspi­riamo a diven­tare una forza di governo. È tutta lì la dif­fe­renza. Ma gover­nare signi­fica assu­mersi delle respon­sa­bi­lità e fare delle scelte, stare all’opposizione è molto più facile. E comun­que — aggiunge con parole che sem­brano una rispo­sta a Renzi — un’opposizione costrut­tiva accetta anche di par­te­ci­pare a scri­vere le riforme con pro­po­ste serie e utili».
CARLO LANIA
da il manifesto

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