Il M5S si è ieri autodistrutto. I cosiddetti “falchi” – quelli che hanno obbedito a Grillo e preteso la cacciata di Adele Gambaro, che hanno inscenato contro di lei un processo, quasi un ordalia, con toni inquisitori che ricordano gli scioccanti interrogatori del giudice Andrey Vyshinskij a Kamenev, Zinoviev e Bucharin nella Russia del ’37 – non lo sanno ancora. Ma è così. Loro credono di avere depurato il movimento dalle “scorie tossiche che lo infestano”, e di potere ora marciare uniti (e muti) come un sol uomo verso la meta che l’immarcescibile Fondatore indica loro. E invece hanno posto la pietra tombale sul movimento, quale che sia il pronunciamento conclusivo della “rete”, il tribunale virtuale a cui è ipocritamente affidata la ratifica della sentenza di condanna. La spaccatura è profonda. Lo dice, innanzitutto ma non soltanto, l’esito del voto: 79 sì, 42 no, 9 astenuti e ben 30 assenti. E al Senato, la maggioranza del gruppo ormai in rotta di collisione con i pretoriani di Grillo.
Lei, Adele Gambaro, non ha fatto un solo passo indietro. Ha detto di voler restare, ma ha rivendicato, per se e per tutti e tutte, il diritto di critica, ad un autonomo pensiero, alla democrazia. “Attenderò il giudizio dell’assemblea e lo accetterò rimanendo nelle mie opinioni – ha detto, leggendo un breve testo, prima di lasciare l’assemblea – con la speranza che il mio gesto possa essere servito a far muovere il cambiamento verso una linea più democratica”. Parole scivolate sui pasdaran come acqua sul marmo. Di più. Tale Enza Blundo, aveva avuto un’idea: “Adele deve chiedere perdono (avete letto bene: perdono!, ndr) a Beppe… e magari lo deve fare in diretta streaming”. Si è così affacciata nel movimento la richiesta di abiura, rivolta al reprobo, come generosa concessione, viatico espiatorio verso la salvazione. Un vero disastro, morale prima ancora che politico.Lo scontro fra le due parti è stato violentissimo, e le parole pronunciate dai due grotteschi pubblici ministeri, Crimi e Nuti, tracciano un solco ormai incolmabile. Col primo ad urlare come un ossesso contro chi si opponeva alla lapidazione e il secondo a sibilare minaccioso: “Si sappia che chi vota contro è fuori”. E’ una gogna pubblica, e molti la definiscono proprio così.
La deputata Paola Pinna parla di “clima da psico-polizia”: “Se non sei d’accordo – spiega – dicono che è per i soldi o perché sei del Pd: ti delegittimano”. In realtà fanno anche peggio, come dimostra la replica di Manlio Di Stefano che le dedica queste eleganti parole: “Tu scegli di fare parte di quella casta di paraculi che il tuo paese, votandoti, ti aveva supplicato di togliergli dai piedi”. E ancora, definendola una “laureata disoccupata che vive a Quartucciu, Cagliari, e che difende la Gambaro, una miracolata che si crede Che Guevara”. Sarà proprio lei, Paola Pinna, la prossima testa a cadere: la richiesta di espulsione è già stata formalizzata. Avanti così.
E lo streaming promesso? Niente da fare, perché “i panni si lavano in famiglia”. Ma ormai la “famiglia” non c’è più; ci sono solo separati in casa. E si illudono, gli epuratori, se pensano che gli abbandoni si risolvano nella fuoriuscita di qualche singolo o di qualche cespuglio, alla spicciolata. Non ci sarà una fuga individuale, ma una scissione. Sarà un fatto politico. Necessario. “E’ ormai questione di poco, forse settimane”, dice un dissidente.La mutazione genetica del movimento, la sua trasformazione in un maturo soggetto politico, era nelle cose sin da quando le folle straripanti che assediavano i comizi di Grillo avevano prodotto nelle urne quel terremoto, portando nel parlamento della Repubblica 160 uomini e donne, molte e molti dei quali non si accontentano più di stare alla finestra ed ora intendono giocare un ruolo pienamente politico.
L’interesse per gli sviluppi della situazione, tanto nel Pd quanto nel Pdl, è assai forte. Se nascesse un forte gruppo autonomo di senatori ex 5Stelle, si offrirebbe ai democrat – se ne avessero forza e coraggio politico - l’occasione di lavorare ad una maggioranza diversa da quella tenuta in scacco dalla destra. Ma è questa un’ipotesi davvero credibile per un Partito democratico che in tanta sua parte considera più naturale il “monstrum” cogenerato insieme a Berlusconi?
Lei, Adele Gambaro, non ha fatto un solo passo indietro. Ha detto di voler restare, ma ha rivendicato, per se e per tutti e tutte, il diritto di critica, ad un autonomo pensiero, alla democrazia. “Attenderò il giudizio dell’assemblea e lo accetterò rimanendo nelle mie opinioni – ha detto, leggendo un breve testo, prima di lasciare l’assemblea – con la speranza che il mio gesto possa essere servito a far muovere il cambiamento verso una linea più democratica”. Parole scivolate sui pasdaran come acqua sul marmo. Di più. Tale Enza Blundo, aveva avuto un’idea: “Adele deve chiedere perdono (avete letto bene: perdono!, ndr) a Beppe… e magari lo deve fare in diretta streaming”. Si è così affacciata nel movimento la richiesta di abiura, rivolta al reprobo, come generosa concessione, viatico espiatorio verso la salvazione. Un vero disastro, morale prima ancora che politico.Lo scontro fra le due parti è stato violentissimo, e le parole pronunciate dai due grotteschi pubblici ministeri, Crimi e Nuti, tracciano un solco ormai incolmabile. Col primo ad urlare come un ossesso contro chi si opponeva alla lapidazione e il secondo a sibilare minaccioso: “Si sappia che chi vota contro è fuori”. E’ una gogna pubblica, e molti la definiscono proprio così.
La deputata Paola Pinna parla di “clima da psico-polizia”: “Se non sei d’accordo – spiega – dicono che è per i soldi o perché sei del Pd: ti delegittimano”. In realtà fanno anche peggio, come dimostra la replica di Manlio Di Stefano che le dedica queste eleganti parole: “Tu scegli di fare parte di quella casta di paraculi che il tuo paese, votandoti, ti aveva supplicato di togliergli dai piedi”. E ancora, definendola una “laureata disoccupata che vive a Quartucciu, Cagliari, e che difende la Gambaro, una miracolata che si crede Che Guevara”. Sarà proprio lei, Paola Pinna, la prossima testa a cadere: la richiesta di espulsione è già stata formalizzata. Avanti così.
E lo streaming promesso? Niente da fare, perché “i panni si lavano in famiglia”. Ma ormai la “famiglia” non c’è più; ci sono solo separati in casa. E si illudono, gli epuratori, se pensano che gli abbandoni si risolvano nella fuoriuscita di qualche singolo o di qualche cespuglio, alla spicciolata. Non ci sarà una fuga individuale, ma una scissione. Sarà un fatto politico. Necessario. “E’ ormai questione di poco, forse settimane”, dice un dissidente.La mutazione genetica del movimento, la sua trasformazione in un maturo soggetto politico, era nelle cose sin da quando le folle straripanti che assediavano i comizi di Grillo avevano prodotto nelle urne quel terremoto, portando nel parlamento della Repubblica 160 uomini e donne, molte e molti dei quali non si accontentano più di stare alla finestra ed ora intendono giocare un ruolo pienamente politico.
L’interesse per gli sviluppi della situazione, tanto nel Pd quanto nel Pdl, è assai forte. Se nascesse un forte gruppo autonomo di senatori ex 5Stelle, si offrirebbe ai democrat – se ne avessero forza e coraggio politico - l’occasione di lavorare ad una maggioranza diversa da quella tenuta in scacco dalla destra. Ma è questa un’ipotesi davvero credibile per un Partito democratico che in tanta sua parte considera più naturale il “monstrum” cogenerato insieme a Berlusconi?
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