PERUGIA - L'Indesit ha confermato gli esuberi e la
volontà di delocalizzare all'estero le produzioni. Proprietà e
menagement, invece di puntare ad innovazione, ricerca e sviluppo
tecnologico, prendono la strada dell'abbattimento del costo del lavoro,
laddove esso è ridotto alla stregua di una merce. Bene hanno fatto i
sindacati ad interrompere le trattative. Le Istituzioni e le forze
sociali delle Marche e dell'Umbria e delle altre realtà interessate
dalla chiusura degli stabilimenti devono confermare la loro
determinazione nel respingere i piani sciagurati di Indesit, sostenendo
la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori. Nello stesso tempo risulta
evidente che ci troviamo di fronte ad una vera questione nazionale
rispetto alla quale chiediamo che il governo ed il ministero dello
sviluppo economico prendano immediatamente in mano la situazione e
scongiurino l'ennesimo disastro industriale nel nostro Paese che rischia
di mettere sulla strada altre migliaia di lavoratrici e di lavoratori e
decine di imprese dell'indotto. Occore evitare gli errori del recente
passato che ci hanno riguardato così da vicino per l'Antonio Merloni e
la Faber/Franke: la vertenza Indesit è nazionale e come tale va
affrontata, ricorrendo anche all'occupazione delle sue fabbriche da
parte delle lavoratrici e dei lavoratori ed alla nazionalizzazione da
parte del governo. Pensiamo anche che occorra riprendere la proposta di
legge presentata dal nostro Gruppo regionale contro le
delocalizzazioni che impone alle aziende che delocalizzano la
restituzione di tutti i fondi piubblici diretti ed indiretti erogati a
favore dell' impresa.
Luciano Della Vecchia, Segretario Regionale Prc Umbria
Questione Indesit. Un altro governo del “lasciar FARE”?
Le trattative sul piano di ristrutturazione dell'Indesit sono state
dunque rotte con l'azienda che intende confermare gli esuberi e le
delocalizzazioni all'estero delle produzioni, a partire da quella nella
Turchia di Erdogan dove i diritti, come si è visto, valgono zero e dove è
ancora in atto una brutale repressione della protesta e del conflitto
sociale democratico.
Ciò vuol dire che ai limiti ed alle incapacità del capitalismo
industriale italiano di competere sul pur difficile mercato del bianco
con l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, un giudizio che
pesa anche su una proprietà ed un management fino ad oggi ritenuti
socialmente sensibili, si risponde inseguendo il miraggio
dell'abbattimento del costo del lavoro, laddove esso è ridotto alla
stregua di una merce e dove il liberismo non si è mai sposato con la
democrazia. Crediamo necessario, in questa fase delicatissima della
vertenza, che tutte le istituzioni locali e le forze sociali delle
Marche e dell'Umbria e delle altre realtà interessate dalla chiusura
degli stabilimenti, confermino la loro determinazione e la loro coesione
nel respingere con ogni mezzo i piani sciagurati di Indesit, sostenendo
la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori.
Nella situazione data è fondamentale che il governo ed il ministero
dello sviluppo economico prendano immediatamente in mano la situazione e
scongiurino il perpetrarsi di un'altra sciagura industriale nel nostro
Paese, ponendo in essere ogni intervento utile a fermare la volontà di
Indesit Company, senza perdere un solo momento in più.
Non è possibile che nel mentre si varano gli 80 provvedimenti
pressochè inutili del cosiddetto Decreto Fare, si consenta ad una delle
ultime grandi aziende italiane di fuggire all'estero e mettere sulla
strada altre migliaia di lavoratrici e di lavoratori e decine di imprese
dell'indotto. Non vorremmo che questo sia un altro governo del “lasciar
Fare”, senza alcuna idea di politica industriale attiva e senza alcuna
consapevolezza del declino industriale in cui versa il Paese,
ideologicamente ostile al pari dei precedenti ad ogni ipotesi di
intervento pubblico nell'economia reale che solo, nelle condizioni
attuali, potrebbe contribuire a difendere il nostro patrimonio
industriale, una volta abbandonate le follie recessive dell'austerità e
rotti i vincoli europei.
La partita che si sta giocando all'Indesit è cruciale: se l'azienda
la dovesse spuntare nel disinteresse o, peggio, nella sostanziale
condivisione del governo, si sfonda il barile e si aprirà la via ad un
definitivo crollo dell'industria nazionale. E' per questo che, nel caso,
non bisogna ripetere gli errori del recente passato che ci hanno
riguardato così da vicino per l'Antonio Merloni e la Faber/Franke: la
vertenza Indesit è nazionale e come tale va affrontata, ricorrendo anche
all'occupazione delle sue fabbriche da parte delle lavoratrici e dei
lavoratori ed alla minaccia concreta di una loro nazionalizzazione da
parte del governo.
Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini
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