Che fine ha fatto l’idea vendoliana del rimescolamento con il Pd? Quel "rimescoliamoci" lanciato da Nichi Vendola in un'intervista ad Huffpost lo scorso aprile, quando il leader di Sel sperava ancora nel governo di cambiamento con Pier Luigi Bersani?
Certo, con l’arrivo dell’estate, il mare e i tuffi, la riflessione non
deve essere in cima ai pensieri degli italiani, forse nemmeno dei
militanti ancora appassionati di politica. Però chi pensa che l’idea sia
stata travolta e sepolta dalle larghe intese si sbaglia. E’ viva e
vegeta, invece, sia che il congresso del Pd lo vinca Matteo Renzi, sia
che il prossimo segretario sia Gianni Cuperlo, per dire. Viva e
dibattuta da attraversare come lama tagliente la piccola Sinistra e
libertà, spingendola sull’orlo della scissione, secondo le letture più
fosche, proprio alla vigilia del congresso: in autunno, come il Pd.
Non è un ragionamento astratto, da capannelli di Transatlantico. Uno:
perché guarda alle europee del 2014. Due: perché, in attesa delle
europee, disegna questi mesi di ‘rapporto’ con il governo delle larghe
intese in un modo piuttosto che in un altro, opposizione “barricadera”
oppure opposizione “costruttiva”. Insomma è il rapporto con il Pd, che
alcuni come Gennaro Migliore (per dire un nome noto, capogruppo alla
Camera, ex responsabile Esteri della Rifondazione di Fausto Bertinotti)
vorrebbero al più presto ‘compagno’ sotto lo stesso tetto, stessa casa,
stesso partito; mentre altri come Nicola Fratoianni (per citare un altro
nome noto, ex assessore regionale e braccio destro di Nichi Vendola in
Puglia in questi anni di governo regionale) vorrebbero tenere come
alleato, privilegiato, ma ognuno a casa propria in questa fase di
governo di larghe intese che vedono il Pd colonna portante, Sel
all’opposizione.
Detto in soldoni, il dissidio è questo. E riguarda più la tempistica
che il punto di arrivo, più la presenza di un ostacolo ingombrante come
il governo Letta che il rapporto con il Pd. E Vendola? Artefice del pensiero ‘rimescolista’ –
che prima delle larghe intese metteva d’accordo tutti - sta in mezzo e
tenta di mediare. Della serie: il rimescolamento con i cugini del
Nazareno è ancora la prospettiva futura su cui lavorare, ma non ora. “Progettare
il cambiamento mentre si sostiene le larghe intese non è una
contraddizione: è la contraddizione”, ha scritto recentemente in un
articolo sull’Unità, Francesco Ferrara, fedelissimo di Nichi.
La discussione è accesa da portare scompiglio nel minuscolo partito
di Sinistra e libertà, fresco di una performance migliorata alle
amministrative e dato in ascesa nei sondaggi (5,3 per l’ultimo di Swg, 5,6 per cento secondo l’ultimo di La7).
Si arriverà ad una resa dei conti Migliore-Fratoianni al congresso? E’
quello che stanno cercando di evitare. Entrambi giovani ed emergenti, in
questa fase stanno facendo di tutto per scongiurare la
personalizzazione dello scontro. Non ne vogliono sentir parlare, memori
di dolorose storie di scissioni a sinistra, l’ultima cinque anni fa da
Rifondazione nel 2008 (che comunque non scatena pentimenti, c’è da
dire). Però il tempo stringe, per l’estate c’è chi sogna un “campeggio
estivo”, di quelli da militanza di sinistra dei primi anni 2000,
“servirebbe a ricompattare, socializzare, smussare toni e differenze”.
Chissà. Ma dopo l’estate bisognerà decidere.
Il punto di arrivo, come accennato, sono le europee dell’anno
prossimo. Chi vuole rimescolare immagina un apparentamento con il
simbolo del Pd sotto il segno del socialismo europeo, casa alla quale
Sel ha recentemente inviato domanda di iscrizione, mentre il Pd non lo
ha mai fatto e forse mai lo farà. Gli altri vorrebbero provare
l’avventura di Strasburgo da soli, sotto il segno socialista. In
entrambi casi c’è da superare la soglia del 4 per cento e un lavoro
pazzesco sul territorio per raccogliere voti per i candidati, visto il
sistema delle europee prevede le preferenze. E chi pensa che sia un
calcolo lontano, si sbaglia. Perché Strasburgo è solo un punto di
arrivo. In mezzo c’è il rapporto da tenere con il Pd: se barricadero
verso il governo Letta oppure più morbido. Per fare un esempio concreto,
è ovvio che temi come gli F-35 vedrebbero tutta Sel compatta a
sostenere il ritiro italiano dal programma sui caccia, ma sugli esodati
si accetterà il compromesso del governo o no? Perché risorse non ce ne
sono ed è chiaro a tutti che Palazzo Chigi si sta lavorando ad un
provvedimento per gradi. In mezzo ci sono mille pieghe di comportamento
su emendamenti, ordini del giorno, classiche strategie parlamentari che
disegnano una strada piuttosto che un’altra verso il Pd.
Mentre il dibattito scorre, Vendola ed Epifani partecipano alla
manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil che chiede risposte a Letta.
Una scelta non da poco, visti gli storici rapporti di Sel con la Fiom,
sindacato cui il carattere barricadero non manca. E non è un caso che su Twitter Vendola sottolinei di essere sceso in piazza fianco a fianco con Maurizio Landini, con tanto di prova fotografica.
La cosa ancor più curiosa è che il rimescolamento con il Pd non conosce
bandiere al Nazareno. Certo, i ‘sellini’ hanno un rapporto privilegiato
con Cuperlo, classica prospettiva di sinistra. Ma anche un’eventuale
vittoria di Renzi al congresso Dem non guasterebbe la festa: in questo
caso, è il ragionamento, “si opterebbe per un accordo con il segretario
per fare la sinistra interna”, ragionano i vendoliani. Renzi sarebbe
interessato a tenere Sel dentro il contenitore Pd. Certo, molto
dipenderà da quanto dura il governo con il Pdl. “Diciotto
mesi come sostiene la prima volta Letta? Due anni come dice Epifani?
L’intera legislatura come sostiene la seconda volta Letta?”, si chiede
non a caso Ferrara sull’Unità. Il tempo sarà tiranno o galantuomo?
da http://www.huffingtonpost.it
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