sabato 22 giugno 2013

Pd-Sel, che fine ha fatto il rimescolamento? Vivo, vegeto e tagliente. Tanto da spaccare i vendoliani di Angela Mauro


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Che fine ha fatto l’idea vendoliana del rimescolamento con il Pd? Quel "rimescoliamoci" lanciato da Nichi Vendola in un'intervista ad Huffpost lo scorso aprile, quando il leader di Sel sperava ancora nel governo di cambiamento con Pier Luigi Bersani? Certo, con l’arrivo dell’estate, il mare e i tuffi, la riflessione non deve essere in cima ai pensieri degli italiani, forse nemmeno dei militanti ancora appassionati di politica. Però chi pensa che l’idea sia stata travolta e sepolta dalle larghe intese si sbaglia. E’ viva e vegeta, invece, sia che il congresso del Pd lo vinca Matteo Renzi, sia che il prossimo segretario sia Gianni Cuperlo, per dire. Viva e dibattuta da attraversare come lama tagliente la piccola Sinistra e libertà, spingendola sull’orlo della scissione, secondo le letture più fosche, proprio alla vigilia del congresso: in autunno, come il Pd.
Non è un ragionamento astratto, da capannelli di Transatlantico. Uno: perché guarda alle europee del 2014. Due: perché, in attesa delle europee, disegna questi mesi di ‘rapporto’ con il governo delle larghe intese in un modo piuttosto che in un altro, opposizione “barricadera” oppure opposizione “costruttiva”. Insomma è il rapporto con il Pd, che alcuni come Gennaro Migliore (per dire un nome noto, capogruppo alla Camera, ex responsabile Esteri della Rifondazione di Fausto Bertinotti) vorrebbero al più presto ‘compagno’ sotto lo stesso tetto, stessa casa, stesso partito; mentre altri come Nicola Fratoianni (per citare un altro nome noto, ex assessore regionale e braccio destro di Nichi Vendola in Puglia in questi anni di governo regionale) vorrebbero tenere come alleato, privilegiato, ma ognuno a casa propria in questa fase di governo di larghe intese che vedono il Pd colonna portante, Sel all’opposizione.
Detto in soldoni, il dissidio è questo. E riguarda più la tempistica che il punto di arrivo, più la presenza di un ostacolo ingombrante come il governo Letta che il rapporto con il Pd. E Vendola? Artefice del pensiero ‘rimescolista’ – che prima delle larghe intese metteva d’accordo tutti - sta in mezzo e tenta di mediare. Della serie: il rimescolamento con i cugini del Nazareno è ancora la prospettiva futura su cui lavorare, ma non ora. “Progettare il cambiamento mentre si sostiene le larghe intese non è una contraddizione: è la contraddizione”, ha scritto recentemente in un articolo sull’Unità, Francesco Ferrara, fedelissimo di Nichi.
La discussione è accesa da portare scompiglio nel minuscolo partito di Sinistra e libertà, fresco di una performance migliorata alle amministrative e dato in ascesa nei sondaggi (5,3 per l’ultimo di Swg, 5,6 per cento secondo l’ultimo di La7). Si arriverà ad una resa dei conti Migliore-Fratoianni al congresso? E’ quello che stanno cercando di evitare. Entrambi giovani ed emergenti, in questa fase stanno facendo di tutto per scongiurare la personalizzazione dello scontro. Non ne vogliono sentir parlare, memori di dolorose storie di scissioni a sinistra, l’ultima cinque anni fa da Rifondazione nel 2008 (che comunque non scatena pentimenti, c’è da dire). Però il tempo stringe, per l’estate c’è chi sogna un “campeggio estivo”, di quelli da militanza di sinistra dei primi anni 2000, “servirebbe a ricompattare, socializzare, smussare toni e differenze”. Chissà. Ma dopo l’estate bisognerà decidere.
Il punto di arrivo, come accennato, sono le europee dell’anno prossimo. Chi vuole rimescolare immagina un apparentamento con il simbolo del Pd sotto il segno del socialismo europeo, casa alla quale Sel ha recentemente inviato domanda di iscrizione, mentre il Pd non lo ha mai fatto e forse mai lo farà. Gli altri vorrebbero provare l’avventura di Strasburgo da soli, sotto il segno socialista. In entrambi casi c’è da superare la soglia del 4 per cento e un lavoro pazzesco sul territorio per raccogliere voti per i candidati, visto il sistema delle europee prevede le preferenze. E chi pensa che sia un calcolo lontano, si sbaglia. Perché Strasburgo è solo un punto di arrivo. In mezzo c’è il rapporto da tenere con il Pd: se barricadero verso il governo Letta oppure più morbido. Per fare un esempio concreto, è ovvio che temi come gli F-35 vedrebbero tutta Sel compatta a sostenere il ritiro italiano dal programma sui caccia, ma sugli esodati si accetterà il compromesso del governo o no? Perché risorse non ce ne sono ed è chiaro a tutti che Palazzo Chigi si sta lavorando ad un provvedimento per gradi. In mezzo ci sono mille pieghe di comportamento su emendamenti, ordini del giorno, classiche strategie parlamentari che disegnano una strada piuttosto che un’altra verso il Pd.
Mentre il dibattito scorre, Vendola ed Epifani partecipano alla manifestazione unitaria di Cgil, Cisl e Uil che chiede risposte a Letta. Una scelta non da poco, visti gli storici rapporti di Sel con la Fiom, sindacato cui il carattere barricadero non manca. E non è un caso che su Twitter Vendola sottolinei di essere sceso in piazza fianco a fianco con Maurizio Landini, con tanto di prova fotografica. La cosa ancor più curiosa è che il rimescolamento con il Pd non conosce bandiere al Nazareno. Certo, i ‘sellini’ hanno un rapporto privilegiato con Cuperlo, classica prospettiva di sinistra. Ma anche un’eventuale vittoria di Renzi al congresso Dem non guasterebbe la festa: in questo caso, è il ragionamento, “si opterebbe per un accordo con il segretario per fare la sinistra interna”, ragionano i vendoliani. Renzi sarebbe interessato a tenere Sel dentro il contenitore Pd. Certo, molto dipenderà da quanto dura il governo con il Pdl. “Diciotto mesi come sostiene la prima volta Letta? Due anni come dice Epifani? L’intera legislatura come sostiene la seconda volta Letta?”, si chiede non a caso Ferrara sull’Unità. Il tempo sarà tiranno o galantuomo?
da  http://www.huffingtonpost.it

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