di Alfio Nicotra ::
Avanti tutta con gli F35. Il significato
autentico della mozione Speranza/Brunetta approvata dalla Camera è un
vero e proprio semaforo verde all’acquisizione dei 90 cacciabombardieri
più costosi della storia dell’aereonautica mondiale.
Altro che
sospensiva o pausa di sei mesi! Come ha detto nel suo incredibile
intervento in aula il capogruppo Pd in Commissione Difesa Giampiero
Scanu, gli F35 il cui acquisto è ormai irreversibile non sono più tre ma
dieci.
Proprio lui che decantava le lodi della legge 244 del 2012 sulla supposta centralità del Parlamento nell’acquisizione dei sistemi d’arma, deve ammettere che il governo in questi mesi ha bruciato i tempi, accelerato le commesse alla Lockheed Martin , dato il via ad accordi esecutivi con lo speciale dipartimento della Marina Militare Usa. Tutto per mettere il parlamento di fronte al fatto compiuto. La mozione Speranza/Brunetta non restituisce alcuna centralità al parlamento.
Lo stesso articolo 4 della citata legge 244 specifica che il parere della commissioni Difesa di Camera e Senato possono incidere sui nuovi sistemi d’arma (e solo con maggioranza assoluta dei componenti) ma non su quelli già approvati dal parlamento con piani pluriennali. Gli F35 sono in ballo dal 1998 e solo l’aula può bloccarli ma l’aula ha deciso di bocciare la mozione Marcon ed altri e di approvare il semaforo verde della mozione Speranza / Brunetta.
A dispetto di una campagna di disinformazione di massa nella mozione approvata non c’è traccia alcuna della sospensione più volte riportata da telegiornali e quotidiani. Non c’è nessuna indagine conoscitiva sugli F35 ma una generica indagine del parlamento sull’ insieme dei sistemi d’arma. Lo stesso ironico e tagliante titolo scelto da Il Manifesto “Lo compro dopo” rischia di essere ottimista. L’Italia lo sta già comprando come ha rivelato Scanu e secondo l’analista di politica militare Silvio Lora Lamia gli “Joint Strike Fighter” per il cui acquisto l’Italia si è già impegnata con atti irreversibili, sarebbero addirittura quattordici.
Allora perché questo depistaggio mediatico per far passare la mozione Speranza-Brunetta per l’opposto di quello che è? Perché tutte le forze della grande coalizione sanno che le spese militari, specialmente quelle faraoniche come in questo caso, non godono di consenso alcuno nella pubblica opinione. Davanti ai tagli a sanità, pensioni, enti locali, trasporti pubblici, scuola e università l’acquisto di questi strumenti di guerra è fortemente impopolare. Quando si fatica a trovare un miliardo per il piano sul lavoro decidere di spenderne 14 miliardi per dei cacciabombardieri è chiaramente una scelta di stampo reazionario.
Ma la mozione Pd/Pdl è una operazione politica di più ampio respiro. Essa scioglie definitivamente a destra il travaglio del Partito Democratico sulle politiche di difesa anche per questa legislatura. E’ un disco verde in tutti i sensi, anche sulle missioni di guerra all’estero. Basta leggersi l’art.48 del decreto del “Fare” per capire quale approccio guidi la linea politica del dicastero di via XX Settembre. Se anche il generale Fabio Mini, già comandante della Nato in Kossovo, arriva a definire questo articolo un maldestro tentativo “di trasformare le Forze Armate in piazzisti di armi”, la dice lunga sul respiro progressista e democratico del Ministro Mauro. Allora è tutto negativo quello che è avvenuto in Parlamento?
Secondo il mio modesto parere il dato più positivo è la rottura del clima da caserma che sulle politiche della difesa ha contraddistinto le ultime legislature. All’inizio della scorsa per esempio sulla missione in Afghanistan si registrò il voto unanime della Camera e con il solo voto contrario del deputato democratico Gasbarra (l’unico del Pd, per inciso, che ha votato a favore della mozione Sel -M5S contro gli F35). Solo in un seconda fase l’Idv di Di Pietro scelse di collocarsi all’opposizione delle politiche di guerra. In questa legislatura la formazione di un vero e proprio “polo pacifista” di 140 deputati tra Sel e Movimento Cinque Stelle può finalmente svolgere un ruolo di opposizione alle politiche militariste e guerrafondaie della grande coalizione.
E’ un investimento per il futuro, per far tornare le politiche di pace al centro del dibattito pubblico e politico. Ma per farlo è necessario che si palesi nella società civile anche un nuovo movimento pacifista che coniughi la sua azione con quella di contrasto e contestazione delle politiche neoliberiste implementate nell’Unione Europea.
Proprio lui che decantava le lodi della legge 244 del 2012 sulla supposta centralità del Parlamento nell’acquisizione dei sistemi d’arma, deve ammettere che il governo in questi mesi ha bruciato i tempi, accelerato le commesse alla Lockheed Martin , dato il via ad accordi esecutivi con lo speciale dipartimento della Marina Militare Usa. Tutto per mettere il parlamento di fronte al fatto compiuto. La mozione Speranza/Brunetta non restituisce alcuna centralità al parlamento.
Lo stesso articolo 4 della citata legge 244 specifica che il parere della commissioni Difesa di Camera e Senato possono incidere sui nuovi sistemi d’arma (e solo con maggioranza assoluta dei componenti) ma non su quelli già approvati dal parlamento con piani pluriennali. Gli F35 sono in ballo dal 1998 e solo l’aula può bloccarli ma l’aula ha deciso di bocciare la mozione Marcon ed altri e di approvare il semaforo verde della mozione Speranza / Brunetta.
A dispetto di una campagna di disinformazione di massa nella mozione approvata non c’è traccia alcuna della sospensione più volte riportata da telegiornali e quotidiani. Non c’è nessuna indagine conoscitiva sugli F35 ma una generica indagine del parlamento sull’ insieme dei sistemi d’arma. Lo stesso ironico e tagliante titolo scelto da Il Manifesto “Lo compro dopo” rischia di essere ottimista. L’Italia lo sta già comprando come ha rivelato Scanu e secondo l’analista di politica militare Silvio Lora Lamia gli “Joint Strike Fighter” per il cui acquisto l’Italia si è già impegnata con atti irreversibili, sarebbero addirittura quattordici.
Allora perché questo depistaggio mediatico per far passare la mozione Speranza-Brunetta per l’opposto di quello che è? Perché tutte le forze della grande coalizione sanno che le spese militari, specialmente quelle faraoniche come in questo caso, non godono di consenso alcuno nella pubblica opinione. Davanti ai tagli a sanità, pensioni, enti locali, trasporti pubblici, scuola e università l’acquisto di questi strumenti di guerra è fortemente impopolare. Quando si fatica a trovare un miliardo per il piano sul lavoro decidere di spenderne 14 miliardi per dei cacciabombardieri è chiaramente una scelta di stampo reazionario.
Ma la mozione Pd/Pdl è una operazione politica di più ampio respiro. Essa scioglie definitivamente a destra il travaglio del Partito Democratico sulle politiche di difesa anche per questa legislatura. E’ un disco verde in tutti i sensi, anche sulle missioni di guerra all’estero. Basta leggersi l’art.48 del decreto del “Fare” per capire quale approccio guidi la linea politica del dicastero di via XX Settembre. Se anche il generale Fabio Mini, già comandante della Nato in Kossovo, arriva a definire questo articolo un maldestro tentativo “di trasformare le Forze Armate in piazzisti di armi”, la dice lunga sul respiro progressista e democratico del Ministro Mauro. Allora è tutto negativo quello che è avvenuto in Parlamento?
Secondo il mio modesto parere il dato più positivo è la rottura del clima da caserma che sulle politiche della difesa ha contraddistinto le ultime legislature. All’inizio della scorsa per esempio sulla missione in Afghanistan si registrò il voto unanime della Camera e con il solo voto contrario del deputato democratico Gasbarra (l’unico del Pd, per inciso, che ha votato a favore della mozione Sel -M5S contro gli F35). Solo in un seconda fase l’Idv di Di Pietro scelse di collocarsi all’opposizione delle politiche di guerra. In questa legislatura la formazione di un vero e proprio “polo pacifista” di 140 deputati tra Sel e Movimento Cinque Stelle può finalmente svolgere un ruolo di opposizione alle politiche militariste e guerrafondaie della grande coalizione.
E’ un investimento per il futuro, per far tornare le politiche di pace al centro del dibattito pubblico e politico. Ma per farlo è necessario che si palesi nella società civile anche un nuovo movimento pacifista che coniughi la sua azione con quella di contrasto e contestazione delle politiche neoliberiste implementate nell’Unione Europea.
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