Alle volte proprio non capisci. Oppure comprendi che l’appartenenza a un’oligarchia comprime la ragione e il cuore, dissolve le speranze in un presente vuoto riempito di vanità e interessi come l’azoto nelle confezioni dei cibi precotti. Comprendi che il potere può essere asessuato e paradossalmente impolitico, una sorta di droga che ha bisogno di un pusher particolare: l’acquiescenza che nasce dalla schizofrenia tra la realtà e la rappresentazione di sè.
Niente di più esplicativo della performace di Laura Boldrini a Ballarò: la presidente della Camera, racconta la tragedia della Grecia, le madri che devono pagare mille euro per partorire, i diabetici che preferiscono farsi amputare gli arti perché non hanno soldi per curarsi, i bambini abbandonati e denutriti. Tutto a causa delle imposizioni della troika, le stesse del resto che stanno trascinando l’Italia nel baratro. Ma di fronte a tutto questo non c’è alcun grido di orrore, soltanto la proposta di un convegno per rilanciare “una dimensione europea che sia basata anche sulle istanze che vengono dal Mediterraneo”. Perbacco. E per condimento la solita frase fatta che viene smerciata persino nei baci perugina: ”riuscire ad affiancare alle misure di austerity le misure della crescita, il rilancio dell’occupazione specialmente quella giovanile”.
Lo stridore tra i fatti e le intenzioni è così acuto che potrebbe far crepare lo schermo del televisore e persino innescare un qualche dubbio tra i “sellini”. Se io fossi la terza carica di uno stato che sta intraprendendo la medesima strada della Grecia, se fossi stato eletto a questa carica come garanzia di una santa alleanza dei massacri allargata anche a quei sovversivi di Sel, se riuscissi a capire che proprio l’europeismo di maniera è l’alibi e l’analgesico di tutto questo, bè mi dimetterei immediatamente. Non prima di aver denunciato in Parlamento e non a Ballarò il rifiuto di essere parte di tutto questo.
Invece niente, alla denuncia mediatica che fa sempre bene per la propria immagine come un cosmetico antirughe, non segue nulla, come se il personaggio vivesse in due reality diversi: quello del dramma di cui si raccontano gli orrori e quello del proprio potere che prende linfa proprio dalle visioni e dalle prassi che portano a quegli orrori. Qualcosa che assomiglia molto all’attesa cui la presidente della Camera ha costretto Aung San Suu Kyi, perché impegnata in una partita di scarabeo istituzionale con i propri collaboratori. Ma appartenere alla sinistra non significa solo vedere la piaga, ma fare tutto ciò che è possibile per curarla: l’etica senza prassi è solo moralismo politico che si dissolve come nebbia al sole quando si fa sul serio.
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